Intervista 5 anni con J-POP

La nascita e l'ascesa di uno dei più importanti distributori italiani di manga

Intervista 5 anni con J-POP
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Certo che appena vi si mette piede non sembra nemmeno di essere a Milano. Caseggiati bassi, un verde a suo modo accecante, trilocali cucina-bagno-camera da letto adibiti a uffici zeppi di computer, cavetteria e librerie fino al soffitto. Un fumetto di più e forse il distaccamento meneghino di Edizioni BD, editore specializzato in fumetti di cui J-POP è l'etichetta manga, verrebbe risucchiato da quel vortice grigio e disordinato che è la realtà lavorativa del capoluogo lombardo.
Diciamo questo non per eccessiva galanteria, ma perché da un manipolo d'uomini (all'incirca cinque, ma uno è in partenza per la Svezia e quindi si attende il rimpiazzo) capace di aggredire le fumetterie con qualcosa come venti albi di provenienza nipponica al mese ci saremmo aspettati una filiera redazionale più nutrita e dispiegata. Nulla di tutto questo e la stanzetta in cui teniamo la nostra intervista vanta un tavolone sul quale sono posti due tre quattro computer, tankobon a non finire, fogli foglietti eccetera. Una finestra su un lato, una alta libreria in legno nero colma di pubblicazioni passate, recenti e in attesa di vedere la luce degli scaffali.
Quando chiediamo a Jacopo Costa Buranelli, editor J-POP, come ha affrontato la sfida propostagli cinque anni alla fondazione di un nuovo distributore di manga in Italia, lui ci risponde "lavorando moltissimo". Anche solo guardando il dispiegamento di materiale nostrano e nipponico attorno al suo posto di lavoro, come possiamo dargli torto?
La chiacchierata che segue indaga sulle scelte editoriali di questa coraggiosa casa editrice, cerca di rilevare il cambiamento di manga e cultura nipponica nel nostro paese negli ultimi cinque anni e ripercorre per sommi capi gran parte dei titoli da loro mandati in fumetteria nel corso di un lustro appena.

In principio...

Festeggiate nel 2011 i cinque anni dalla fondazione. Raccontateci un po' come è iniziata, anche rispetto ai precedenti trascorsi di Edizioni BD.
J-POP è molto giovane, sono trascorsi appunto cinque anni dalla nascita. In questi cinque anni abbiamo lavorato tantissimo, ci siamo impegnati per emergere e per cercare di portare in Italia titoli manga sempre freschi e rispolverare vecchie glorie del passato. L'ultimo esempio di questi cinque anni è questo (ce lo mette direttamente tra le mani ndr) piccolo gioiellino Attack No. 1, manga di Mimì e la nazionale di pallavolo, un manga degli anni '60 che abbiamo deciso di pubblicare dandogli una veste tutta nuova, molto pop.
L'idea di J-POP è lavorare sul prodotto pop e su quei prodotti che rappresentano meglio la subcultura giapponese del manga in tutte le sue forme; non a caso tra i nostri personaggi di spicco c'è Haruhi Suzumiya che è sicuramente un'icona pop ormai da dieci anni in Giappone. Questo è più o meno il nostro orientamento: shonen, seinen, qualche shojo, abbiamo iniziato da poco a lavorare con Shueisha (casa editrice di Shonen Jump ndr), quindi il nostro essere giovani ci ha portato in breve tempo a lavorare con editori importanti. Il primo titolo di Shueisha che noi abbiamo portato in italia è stato Masurao e adesso con Kamen Teacher e The Climber piano piano cercheremo di presentare un vasto numero di testate.
E poi, l'altra prerogativa nostra è stata quella di cercare sempre di più prodotti cross-mediali, prodotti che si legassero sia al mondo dell'animazione sia al mondo dei videogame. In quest'ultimo caso possiamo citare Devil May Cry, Zelda Ocarina of Time (di cui siamo molto soddisfatti), World of Warcraft. Abbiamo per le mani Sengoku Basara, che purtroppo per questioni di diritti con Capcom e Media Factory ha richiesto un lungo periodo di tempo, ma ci sembra ora di aver trovato una quadra e forse riusciremo già questo mese a mandare in stampa il primo volume di questa trilogia.

Quale era la situazione del fumetto manga in Italia cinque anni fa e perchè decidere di buttarsi sul mercato vista la presenza di una concorrenza già agguerrita?
Le decisioni del perchè un imprenditore decida di pubblicare manga possono essere molteplici, per cui forse la più semplice è "ci piacciono i manga, abbiamo una casa editrice di fumetti, quindi perchè non farli?". C'era già Edizioni BD che si occupava di fumetti italiani e americani, il fumetto giapponese è famoso nel mondo e in Europa ha un certo tipo di spessore (si pensi alla Francia) quindi perchè non farli?
Certo c'erano degli altri concorrenti, però, la mentalità imprenditoriale dell'editore è di dire "va bene, mettiamoci in confronto, mettiamoci in competizione con questi editori", perchè altrimenti se uno si fa sin da subito intimidire allora non inizia neanche un'attività. Vediamo quali titoli riusciamo a prendere, vediamo quali titoli gli altri editori si sono dimenticati di prendere e pubblichiamoli noi, con una nuova veste e con un certo tipo di cura ed attenzione, perchè le nostre edizioni si sono sempre focalizzate sin dall'inizio su uno standard qualitativamente piuttosto alto (sovracoperta, brossura, pagina a colori, traduzione fedele). Poi il pubblico ci premierà oppure no...e a quanto pare ci ha premiato, perchè in cinque anni siamo arrivati a pubblicare venti titoli mensili e ad avere un certo tipo di titoli in catalogo come Ikkitousen, Nabari, Haruhi, Keiji, titoli qualitativamente molto importanti.

L'edizione piuttosto curata per ogni vostra pubblicazione è una delle principali virtù. A tuo avviso perchè molti lettori sono scontenti delle edizioni pubblicate da altre case editrici, tanto che talvolta un manga è ristampato più e più volte con il fine ultimo di fornire una versione il più fedele possibile all'originale?
Le motivazioni che mi vengono in mente sono due. Una, più cinica, è quella dei costi. Fare le edizioni come le facciamo noi non è certamente a costo zero, abbiamo studiato delle promozioni, abbiamo studiato delle soluzioni anche con i nostri tipografi per cercare di contenere i costi, però, l'investimento che noi mettiamo a livello economico è piuttosto alto. Non dimentichiamo poi il fatto che J-POP è solita da cinque anni a questa parte portare alla fiera di Lucca ogni anno un autore giapponese; c'è stato addirittura un anno in cui abbiamo portato sia Kōta Hirano (Hellsing) sia Nightow (Trigun): l'investimento economico da parte nostra è sicuramente elevato.
La seconda ipotesi che mi viene in mente è anche la gestione di due tipi di mercati, che sono quello per le fumetterie e quello per le edicole. Certamente ci sono delle case editrici che fanno manga sia in fumetteria che in edicola: il mercato dell'edicola ha un pubblico diverso, che non sta tanto a guardare l'edizione, non vuole spendere 6 euro, vuole comprare il suo fumetto a 3 euro.
Il mercato delle fumetterie, che è un mercato di nicchia, ha un pubblico che invece vuole le edizioni curate. Visto che noi ci rivolgiamo solo al mercato delle fumetterie, sarebbe assurdo presentare delle edizioni scarse, perderemmo veramente credibilità.

Ristampare manga già pubblicati sul suolo italiano è una questione complessa: anzitutto bisogna riacquisire i diritti, sondare l'interesse del pubblico...
Senz'altro. Perchè fare così è dettato ancora una volta da una motivazione di tipo passionale. A noi piace il disegno delle Clamp, se ti piacciono le Clamp non puoi non fare X, la loro opera principale; X lo ha già fatto un altro editore, vediamo se i diritti sono liberi...i diritti sono liberi, noi lo riproponiamo con i nostri stili. Ma non è tanto perchè dobbiamo dimostrare chissà che, no, perchè semplicemente l'opera è così.
Certo bisogna vedere se ci sono i diritti liberi, bisogna cercare con diplomazia di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, però, se fai manga con queste cose devi cimentarti e non avrebbe senso abbandonare l'idea soltanto perchè lo ha già fatto qualcun altro. Se non vado errato questo è la quarta volta che X viene ristampato in Italia, eppure è ancora nella top-5 delle nostre vendite più alte, quindi anche i nostri lettori vogliono un prodotto da collezione. Un conto è se tu fai per la quarta volta un'edizione e il lettore non te la compra, ma se la cosa funziona è perchè evidentemente serviva anche al pubblico richiedere un'edizione di quel tipo lì.
E' il pubblico alla fine sovrano: se un editore ristampasse per la quinta volta X dicendo "J-POP ha dimenticato le virgole", e il pubblico la compra di nuovo, quell'editore dal mio punto di vista ha ragione.

Cambiamenti di genere

Quali cambiamenti di gusto da parte dei lettori italiani ci sono stati negli ultimi cinque anni?
In Italia sono sempre andati molto gli shonen, Dragonball su tutti. Ci sono stati prodotti che sono andati molto bene senza il supporto dell'animazione, ma i prodotti più forti sono sempre stati quelli legati al cartone animato su Mediaset sostanzialmente.
Se Mediaset trasmetteva Curiosando nei cortili del cuore e faceva uscire il manga, la gente lo comprava. Ora gli shojo hanno avuto un certo tipo di inversione di rotta grazie a titoli come Nana, quello shojo un po' più maturo, legato a temi diversi e non solo alla commedia scolastica, alla storia d'amore pura.
In generale il cambiamento è dettato dal fatto che Internet è diventato sempre più potente, sempre più veloce; i ragazzi guardano su Internet le novità, sono più informati di noi, spesso sanno quando esce la roba, cosa sta facendo il tal mangaka, conoscono i nomi degli esordienti, conoscono i nomi delle piccole riviste. Non basta più quindi andare a prendere il titolo sicuro come I Cavalieri dello Zodiaco Next Dimension, quello è un asso facile, anche perchè se guardi le novità che ci sono sul mercato giapponese non ci sono più i Naruto, i Dragonball, non ci sono più dei bestseller come magari un tempo. Questo è forse il cambiamento principale, per cui gli editori si sono dovuti mettere a cercare prodotti diversi, un po' più curiosi, più freschi. Non basta più avere il superguerriero fortissimo che salva il mondo, come ad esempio con i robottoni negli anni '80. Gli stessi lettori si sono stufati di vedere l'eroe solo contro il mondo, buono e puro, contento della propria vita che sconfigge gli alieni; piuttosto vuole vedere l'adolescente con dei problemi, che non riesce a integrarsi con la società, ma che vive la sua piccola avventura. Se ci pensi Naruto è questo, un ragazzino che tutti odiano, tutti reputano debole, inutile e fallito che fa la sua piccola avventura insieme ai suoi compagni.

In Giappone i generi sono catalogati in base alle fasce d'età: shonen per l'adolescente, shojo per la ragazza matura, seinen per il salary man medio. In Italia, invece, la fascia d'età rimane più o meno sempre quella: cosa porta un ragazzo di diciassette anni a leggersi uno shojo?
Anzitutto i giapponesi sono un popolo solito a categorizzare tutto, dai biglietti del tram ai manga, ai libri, ai film. Questo non toglie che il maschio giapponese medio non legga shojo, questo è un falso mito: d'accordo, le riviste si dividono in settore, però, poi il pubblico decide quale comprare. In realtà la situazione è più sofisticata, anche nella divisione dei generi: non è detto che quello che tutti credono essere uno shojo poi in realtà non sia un seinen.
Cosa spinge in Italia a spaziare? La curiosità, il mercato italiano è piuttosto curioso poiché notiamo che anche i ragazzi di venti e passa anni comprano e sono contenti di Zelda, che è uno shonenino per ragazzini, oppure ragazze che tu dici lettrici di shojo e poi scopri che vengono allo stand di Lucca e ti comprano Wolf Guy che è un seinen di quelli tosti, o ancora ragazze che ci scrivono e dicono "quando esce ikkitousen? Quando esce Qwaser of Stigmata?", quindi in base ai propri gusti e alle proprie passioni sceglie quello che preferisce. L'altro giorno ho incontrato un ragazzo di trent'anni che mi faceva i complimenti per Defense Devil, che è il nostro shonen di punta: questo ti fa capire che alla fine il genere si supera.

Il ruolo della televisione

La televisione resta ancora un traino fondamentale. Come vi ponete da questo punto di vista? E come analizzate i trend del mercato videoludico in previsione di una futura traduzione del manga?
Cerchiamo di tenerci super aggiornati e soprattutto cerchiamo di saperlo prima che ci svegliamo la mattina e guardiamo su Rai 4 dicendo "bello questo cartone animato, vediamo se c'è anche il manga". Cerchiamo di sapere prima se c'è la possibilità di fare degli accordi, per esempio il caso di Haruhi: non lo abbiamo preso perché poi sarebbe andato su Rai 4, abbiamo ipotizzato che sarebbe finito in televisione, e così per molte altre cose, su cui ci stiamo tenendo aggiornati e guardiamo in Giappone se ci sarà o c'è già il cartone animato, se può essere appetibile anche per il mercato televisivo italiano. Ti posso fare l'esempio di Kobato che è un manga delle Clamp, ma anche un cartone animato in Giappone che sta andando molto bene e forse potrebbe sbarcare anche in Italia; noi avendo il manga incrociamo chiaramente le dita.
Per il mercato videoludico vale lo stesso discorso: a noi piacciono tanto i videogiochi, il nostro art director è un appassionato totale di videogiochi ed è sempre informatissimo sulle novità. Cerchiamo di vedere se videogiochi di successo hanno avuto anche una declinazione del manga.

Eppure però notiamo che una serie come Sengoku Basara, della quale voi porterete il manga in Italia, è un successo in Giappone, ma non eccessivamente nel nostro paese. Con quale traino sperate di proporlo agli appassionati italiani?
Il traino è che il ragazzo italiano non si ferma ai confini nazionali. Probabilmente non lo hanno giocato, ma la gente ti chiede su Facebook tutti i giorni "quando esce Sengoku Basara?", quindi probabilmente da qualche parte lo hanno visto, da qualche parte hanno cercato di capirci qualcosa in più.
Caso differente per Devil May Cry, che in Italia è un videogioco di successo e quindi il traino viene da lì direttamente. E anche Zelda ci ha dato grandissima soddisfazione, anche da parte di coloro che non sono videogiocatori appassionati. Anche qui, come per i generi di cui si parlava prima, i ragazzi sono molto molto svegli, vanno a scovare le cose di cui è sempre bene tenersi aggiornati.

Sempre per quanto riguarda la televisione, cinque anni fa eravamo abituati a vedere gli anime su Mediaset e MTV nell'Anime Night. Il panorama odierno è molto più ampio con un canale satellitare interamente dedicato all'animazione nipponica (Man-Ga) e un'emittente come Rai 4 che su quest'aspetto si sta impegnando moltissimo. Come avete seguito questa evoluzione del piccolo schermo?
Facendo manga siamo soli contenti, perché chiaramente rappresenta un respiro più ampio. Se prima i cartoni animati giapponesi erano concentrati sulle reti regionali, poi sono passati sulla tv commerciale e ora si fanno valere anche sul satellite vuol dire che piacciono, che sono cresciuti, che sono usciti dal quartierino di Tele 7 Gold e sono arrivati a un pubblico più ampio. Questo secondo me è un fattore positivo ed è anche un incentivo a continuare a concentrarsi sulla cultura pop giapponese.
Dal mio punto di vista di appassionato MTV ha contribuito parecchio, edulcorando notevolmente la censura, mandandoli in prima serata così come sono; c'è stata comunque gente che ha limato, ma non ha piegato il prodotto alla propria fascia di pubblico come ha fatto Mediaset e quello ha contribuito a dare lustro all'anime. Perché se un anime è pensato anche in Giappone per andare in onda alle 8 o alle 10 di sera e in Italia lo proponi a quell'orario lì è una questione geometrica, tornano le regole; se invece un cartone animato è pensato per andare in onda alle 10 di sera e tu lo forzi a presentarlo alle 4 del pomeriggio per un pubblico di ragazzini, a quel punto devi cambiare strategia.

Trattare coi giapponesi

Qual è l'opera che inizialmente eravate restii a portare in Italia e poi si è rivelata un successo di pubblico
Noi non ci aspettavamo così tanta passione per i Cyborg. Era il nostro primo titolo vintage, un manga degli anni '70, Cyborg 009, se lo ricordano in pochi, tratto di disegno particolare, abbiamo deciso di fare questi volumi grossi senza adattare le onomatopee, chissà, magari avremo solo la gloria di averlo portato in Italia e invece va molto bene.

Chi legge questo fumetto d'annata?
Lo leggono tutti. Io conosco ragazzini di dodici-tredici anni che leggono Cyborg 009 e persone di quarant'anni che leggono Cyborg 009 perché magari si ricordano quando erano più giovani di questi nove supermagnifici. Ed è merito di questo se abbiamo poi deciso di portare Mimì, perché ci siam detti "la collana vintage funziona, proviamo con un altro titolo, se Kuzue ci da le stesse soddisfazioni dei nove eroi".

Per quanto riguarda il vostro rapporto con gli editori giapponesi: come ci si relaziona con loro, come si tratta, cosa sono interessati ad avere sul mercato italiano?
Ci sono diverse leggende metropolitane legate a questa pratica dell'acquisizione dei diritti. In realtà è un processo molto serio ed ordinato.
Il Giappone ha un mercato interno editoriale potentissimo, quindi non ha bisogno degli editori stranieri per guadagnarci; non è una necessità di mercato la loro, più che altro è una necessità di immagine e importanza culturale, quindi per questa ragione loro tengono molto al rispetto dell'opera.
Ci dicono: mandaci i frontespizi, mandaci la copertina, vogliamo controllare i colori, e ti aiutano molto, non ti lasciano in balia di te stesso. Noi abbiamo un rapporto strettissimo con i giapponesi, abbiamo una ragazza che tiene tutti i rapporti con il Giappone e ha uno scambio quotidiano con gli editori per quanto riguarda la cura, il rispetto dell'opera dell'autore, il rispetto del significato di quello che l'autore vuole trasmettere. Per esempio noi pubblicheremo probabilmente in Autunno Hetalia, siamo stati coraggiosi da un certo punto di vista e anche in Giappone ci hanno detto "finalmente qualche italiano decide di pubblicare Hetalia in Italia, però, dobbiamo lavorare tutti insieme perché passi il messaggio dell'autore che è quello di nazioni un po' stereotipate che giocano tra loro, non che si fanno la guerra".

Gli stessi mangaka come intervengono in questo processo di adattamento e traduzione?
Si rimettono molto nelle mani degli editori che sono molto rispettosi dei mangaka. Il rapporto editore-autore in Giappone è interessantissimo. Inoltre, per un mangaka essere pubblicato all'estero è sicuramente un segno di importanza, sono molto entusiasti di ciò. Una piccola soddisfazione la abbiamo ricevuta proprio sui Cavalieri dello Zodiaco dove Kurumada ha pubblicato sul suo blog delle pagine della nostra edizione, oppure gli autori che sono venuti ospiti a Lucca erano molto emozionati del fatto che persino in Italia conoscessero la loro opera.
Sostanzialmente è questo ciò che chiedono gli editori giapponesi. La serietà è data dal fatto che il processo è molto ordinato: si discute, si vede insieme se ci sono i margini di pubblicazione. Sono molto interessati a lavorare con più persone: se hai appena acquisito i diritti per un titolo e sei in corsa per altri due, magari li distribuiscono ad altri partner.

Per quale motivo allora un editore preferisce trattare di volta in volta anziché avere tutto il proprio catalogo sicuramente nelle mani di una sola casa editrice?
Se noi prendiamo un'esclusiva con Shonen Gahosha (editore di Trigun e Hellsing ndr)ci tagliamo tutta una fetta di titoli che magari potrebbero essere interessanti. Perché noi dovremmo diventare una filiale di una casa editrice giapponese? Gli stessi giapponesi non sono interessati a questo, forse perché preferiscono avere più contatti e più rapporti, forse perché non conoscendo bene il mercato locale hanno paura a legarsi a una persona sola. Su questo sono molto onesti, ci dicono "noi non conosciamo bene il mercato italiano, è compito vostro spingere i prodotti nel canale giusto".
Da una parte è anche meglio: come responsabile J-POP posso dirti che sarebbe un disastro se Panini pubblicasse tutto il catalogo di Shueisha. A parte che non so se ce la farebbe visto che Shueisha pubblica milioni di titoli (ride ndr).

Grazie per la chiacchierata! Buon anniversario!