Recensione Avatar: la leggenda di Aang

Le avventure del giovane Aang, impegnato nel tentativo di fermare una sanguinosa guerra centenaria.

Recensione Avatar: la leggenda di Aang
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Non fatevi ingannare dal titolo. Avatar: the Last Airbender - trasposto in italiano come La leggenda di Aang, o letteralmente, l'ultimo dominatore dell'aria, da cui è stato tratto anche un adattamento cinematografico, diretto da M. Night Shyamalan - non ha nulla a che vedere coi Na'vi di James Cameron. Di produzione ben antecedente al blockbuster hollywoodiano - si parla del 2005 - questo cartoon tutto statunitense racconta le avventure del giovane Aang, impegnato nel tentativo di fermare una sanguinosa guerra centenaria. I Nickelodeon Studios, produttori del cartoon, hanno pescato a piene mani dagli anime giapponesi, arricchendolo con tutta una serie di rimandi e citazioni alla cultura asiatica. Ci troviamo quindi di fronte al classico miscuglio senz'anima? Forse no, vediamo perché.


Storia di una leggenda

Prima di passare alla trama del cartoon, una doverosa premessa: il mondo in cui si muovono i personaggi di Avatar: the Last Airbender è diviso in quattro macro-territori: le Tribù dell'acqua, i Nomadi dell'aria, il Regno della terra e la Nazione del fuoco. Ogni nazione possiede la padronanza su di uno dei quattro elementi, così come si evince dai nomi. In ogni generazione, tuttavia, nasce un individuo in grado di dominarli tutti e quattro, l'Avatar, che ha il gravoso compito di mantenere il già delicato equilibrio e la pace. Ma un brutto giorno, inspiegabilmente, egli scompare senza lasciare traccia. É guerra. La bellicosa Nazione del fuoco comincia una sanguinosa campagna volta al dominio del mondo, contrapposta dal Regno della terra.

Sono passati cent'anni da allora, e il conflitto pare giungere alla conclusione, con la Nazione del fuoco ad un passo dalla vittoria. I guerrieri della Tribù dell'acqua si uniscono ai fratelli della terra nel disperato tentativo di contrastare l'inarrestabile avanzata dei nemici lasciando donne, anziani e bambini al sicuro, nel villaggio situato al Polo Sud. E in questo clima disperato facciamo la conoscenza dei nostri due protagonisti; due fratelli, Katara - una inesperta dominatrice dell'acqua - e Sokka, giovane guerriero lasciato a proteggere il villaggio. Li troviamo in mezzo al pack antartico, intenti a pescare quando, a causa della improvvisa corrente, la canoa su cui si trovano viene distrutta; sperduti e senza possibilità di far ritorno, Katara scorge all'interno di un iceberg una sagoma umana che improvvisamente si anima producendo una sfolgorante colonna di luce che distrugge la montagna di ghiaccio. Ne esce un ragazzino, che si presenta come un dominatore dell'aria, Aang. Sbigottiti e confusi, Katara e Sokka apprendono i motivi che hanno imprigionato Aang, insieme al fido bisonte volante Appa; sorpresi da una tempesta in mezzo all'oceano e ormai in balia delle onde, Aang fa uso dei suoi poteri nel tentativo di salvare se stesso e l'animale, creandosi attorno una bolla d'aria ghiacciata. Tuttavia, la sospensione dura decisamente di più di quello che si aspettava, lasciandoli ibernati per un lungo secolo.
Tornato al presente, una volta appresa la terribile verità, l'unico pensiero di Aang è di sincerarsi delle condizioni del suo popolo, non prima però di scortare a casa, in groppa ad Appa, i due giovani salvatori ancora increduli e frastornati dall'accaduto. Ma le cose sono destinate a precipitare: una nave della Nazione del fuoco di passaggio, scorge la colonna di luce e si mette alla caccia dell'Avatar, considerato l'unico in possesso di simili poteri. Facciamo così la conoscenza del giovane principe Zuko, esiliato dal re suo padre. Ai suoi occhi, l'unico modo di ristabilire l'onore perduto è la cattura di colui che ha il potere di ristabilire l'ordine mondiale, rendendo vane le conquiste fatte. E con questa ossessione, letteralmente, Zuko si imbatte nel villaggio di Katara e Sokka reclamando con forza la custodia di Aang. Non potendo far nulla contro una simile potenza, anche per evitare di coinvolgere degli innocenti, il ragazzo si trova momentaneamente costretto a consegnarsi, salvo poi prodursi in una rocambolesca fuga, aiutato dai due nuovi amici. I tre si ritrovano così immischiati in qualcosa di estremamente più grande di loro e pericoloso, ma per ora si prefiggono un obbiettivo a breve termine; Aang deve raggiungere al più presto il suo villaggio, pieno di ansia per la sorte del suo popolo dopo cento anni di assenza, mentre Katara ha intenzione di raggiungere il Polo Nord per affinare le tecniche di dominio dell'acqua, insieme ad Aang, impegnato inoltre nello sviluppo delle capacità di Avatar.

 


Anime o cartoon? Il confine è sottilissimo

Il pregio più grande di Avatar: the Last Airbender è la pesante influenza ricevuta dagli anime giapponesi, per stessa ammissione dei creatori della serie, Bryan Konietzko e Michael Dante DiMartino, che dichiarano in una intervista: "I migliori anime bilanciano sequenze di grande azione con umorismo ed emozioni, qualcosa che noi abbiamo cercato di fare con Avatar. Adoriamo tutti i film di Hayao Miyazaki, specialmente La città incantata e Principessa Mononoke. Entrambi i film affrontano la spiritualità e le tematiche ambientali in un modo piacevole e divertente. Inoltre, c'è un'ottima animazione."

Cose che effettivamente ci sentiamo di appoggiare in pieno, ritrovando questi elementi all'interno della serie. Intendiamoci, la strada è ancora lunga e il traguardo dell'eccellenza raggiunta da Studio Ghibli lontano - in ambito narrativo, chiaramente, è bene sottolinearlo - ma rispetto alle produzioni made in USA che siamo abituati a vedere sui nostri schermi - lasciando da parte i vari Simpson, Futurama, Family Guy che appartengono a generi totalmente differenti - questo è un notevole passo avanti. Laddove si pecca ancora di una certa approssimazione nel disegno della figura umana, e di un uso spesso non felice della moderna computer grafica, si compensa con una costruzione eccellente del background culturale di ogni nazione, con miti e leggende ben integrati nella struttura narrativa, e finalmente - per un cartoon di questo tipo - di un comparto animazioni di tutto rispetto, al pari di un anime di medio livello. Ci sentiamo quindi in dovere di promuovere a pieni voti gli sforzi compiuti nella produzione di Avatar: the Last Airbender, facendo i nostri migliori auguri alla crescita artistica del cartoon statunitense; è sempre bello seguire una serie di qualità, qualunque sia il taglio degli occhi di chi si prodiga giorno e notte per portare a schermo una storia avvincente, ricca di azione e colpi di scena.

 


Curiosità

Se pensate di aver già visto il bisonte Appa da qualche parte, probabilmente avete indovinato. Esso infatti è stato ideato sulla base del celebre Gatto-bus apparso ne Il mio vicino Totoro, una riconferma di quanto Studio Ghibli abbia influenzato i creatori della serie.

Avatar: la leggenda di Aang Consigliamo a tutti, anche ai più scettici verso il cartoon made in USA, la visione di questo Avatar: the Last Airbender. Tralasciando alcuni difetti marginali nella realizzazione tecnica - comunque di alto livello - ci si troverà di fronte una produzione appagante e coinvolgente, con un background culturale coerente e ben costruito, ed una narrazione - sebbene rivolta ad un pubblico giovane - che non mancherà di appassionare anche lo zoccolo duro dei fruitori di anime giapponesi.