Recensione Chonchu

Combattere per vivere, vivere per combattere. Vittime del destino o carnefici?

Recensione Chonchu
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Dalla Corea con furore

Il panorama del fumetto coreano si sta facendo negli ultimi tempi sempre più interessante, proponendo titoli di grande impatto sia a livello di grafica che di trama, contribuendo in tal modo a movimentare un periodo che vede, per contro, ben poche novità di rilievo nel settore manga. Insieme ad Island di Kyung Il-Yang e In Wan-Youn, Chonchu è forse l'esempio più evidente di questa tendenza decisamente positiva, vista l'abilità dei due giovani autori, Kim Byung-Jin per i disegni e Kim Sung-Jae per la sceneggiatura, nel declinare temi universali, ma sicuramente anche molto sfruttati, come la necessità di opporsi ad un destino avverso, la voglia di combattere e di affermare il proprio diritto alla vita, in maniera mai banale ma, al contrario, permeata di una particolare sensibilità.

Uno strano destino a cui opporsi

Sul nostro giovane guerriero Chonchu grava quindi una sorte crudele: persino prima della sua nascita, una profezia descriveva il futuro erede degli Yemaeks come il prossimo Taemangniji (l'imperatore dei Cinque Stati Confederati), ma anche e soprattutto come il Figlio del Demonio, colui che avrebbe portato alla rovina il proprio clan e assassinato i suoi stessi genitori. E' facile comprendere come, alla luce di questo infausto presagio, la vita di Chonchu sia stata costellata, fin dalla primissima infanzia, da disperati tentativi di scampare alla morte e, contemporaneamente, da un sempre più deciso straniamento nei confronti di quel mondo che lo rifiuta e lo odia. Solo l'amore della madre, che mai si rassegnerà a ripudiare il proprio figlio, sarà in grado di proteggerlo, allontanandolo sì dalla propria casa, ma garantendogli la sopravvivenza affidandolo alla tribù guerriera dei Mirmidons, capeggiata dal valoroso Abolchan. Nonostante le continue e sanguinose battaglie tra clan, declinazione meno edulcorata delle subdole lotte di potere che contemporaneamente infuriano a corte, negli anni della prima giovinezza Chonchu riuscirà comunque a farsi amare da molti dei membri dei Mirmidons: la bella Amir, figlia di Abolchan, il misterioso Shinji, che nasconde un passato oscuro, il sempre allegro Konji e soprattutto Agon, a capo del clan dopo la morte del padre, rappresenteranno per il nostro protagonista quasi una famiglia, un'isola di serenità in grado persino, a tratti, di proteggerlo dalla diffidenza e dal disprezzo del mondo. Un mondo, in effetti, che non ha tutti i torti a temerlo: già dalle prime pagine del manhwa Chonchu ci viene presentato come un guerriero cinico e implacabile, letale in battaglia e che non prova alcuno scrupolo nel fare scempio dei nemici, forte del potere della Pietra del Demonio che porta incastonata nel petto, in grado di sanargli qualunque ferita. Ma è facilmente intuibile come, a farlo agire in maniera così spropositatamente sadica, sia in realtà l'inesauribile sete di sangue della Pietra, che esige costantemente un tributo di vite umane, e che rende il protagonista un inerme burattino senza volontà. E a poco servono i tentativi di Chonchu di opporsi a quella maligna influenza che lo domina, che è con lui sin dal giorno della sua nascita, benchè non fosse lui la persona destinata a possederla... Si, perchè non solo il fato è crudele, ma anche beffardo: il vero figlio del Demonio non è il disprezzato, l'esiliato Chonchu, bensì il venerato Taemangniji dei Cinque Stati Confederati, suo fratello gemello Ulfasso, che ancora in fasce riuscì ed estirpare dal proprio corpo la famigerata Pietra, facendone ricadere la maledizione sul fratello. Ed è così, ignorando la propria innocenza, vittima di un destino non suo, che Chonchu lotta per sopravvivere, per imporre il proprio diritto ad esistere, per affermare la propria umanità, mentre tutto intorno a lui si intrecciano le vicende dei suoi compagni ed amici. Vediamo così uno Shinji che, pur avendo rinnegato la sua vita passata, arriverà a compiere un atto talmente inaspettato da portare Amir, da sempre innamorata di Chonchu, alla pazzia, mentre Agon, diviso tra l'amicizia e l'odio per l'amico d'infanzia, a suo dire responsabile della morte del padre Abolchan, scivola sempre più nell'oblio portando il proprio clan alla rovina. E ancora, troviamo Fassa, la giovane promessa sposa di Ulfasso, impegnata a salvare Chonchu dalla sua stessa violenza, cercando di dargli un nuovo scopo per cui vivere, mentre Hyunwuk, governatore dello stato Wha, è sempre più attratto dalle capacità del nostro protagonista, ignorandone la vera identità. Ma soprattutto, è un Ulfasso sempre più preda, ogni giorno che passa, della propria parte demoniaca, a rappresentare la vera chiave di volta del manhwa: fino a dove lo porterà il suo odio per il fratello, l'unico a poter smascherare il suo orrendo segreto? Come riuscirà, seppur forte della sua scaltrezza, a tenere testa alle continue ribellioni che infuriano nel regno? E infine, riuscirà a mantenere la propria umanità o lascerà che sia la furia cieca del Demonio a possederlo?

Ottimo lavoro!

I due giovani autori, alla loro prima opera di spessore internazionale, hanno fatto davvero un ottimo lavoro sia a livello di trama che di character design: la sceneggiatura è di buon livello, ricca di colpi di scena, anche se risulta obiettivamente difficile, almeno all'inizio, destreggiarsi all'interno del complicato sistema di stati, tribù e clan che affollano l'universo di Chonchu, sintomo anche questo, comunque, di una cura quasi maniacale nella costruzione di un'ambientazione efficace e credibile, che si rifà ad un medioevo non troppo convenzionale. Sempre d'effetto i numerosi flashback, che hanno il merito di chiarire le fasi salienti dell'infanzia del protagonista, così come di gettare un po' di luce sul misterioso passato di alcuni personaggi, e quindi di rendere ben più approfondite le relazioni tra i vari attori di questa originale epopea. Denominatore comune in Chonchu è che niente in realtà è come sembra: il protagonista, da tutti ritenuto l'incarnazione stessa del male, non è altro che una vittima, il cui animo, nonostante la crudeltà e la durezza della propria esistenza, ancora mantiene brandelli di fiducia e generosità; il gemello Ulfasso, carismatico e astuto imperatore, sfacciatamente sicuro di sè, è costantemente divorato dalla paura e irretito dal Demonio che è dentro di lui; il silenzioso e pacato Shinji, la cui spada non è mai stata sguainata da quando appartiene ai Mirmidons, non può essere più diverso da ciò che era prima di incontrare Abolchan; la dolce Fassa nasconde una determinazione e una fermezza non comuni; persino nello strafottente Hyunwuk si annidano zone d'ombra inaspettate... E tutti loro lottano, lottano per se stessi, lottano contro il mondo, ognuno con la propria morale, qualcuno senza morale alcuna, molti come vittime di un passato che non muore, pochi per negarlo, quel passato... Perchè lottare è vivere, o forse soltanto sopravvivere ma, in ogni caso, sembra che ne valga la pena.
Questo affascinante universo è rappresentato grazie ad uno dei migliori e più originali tratti che l'industra del fumetto coreano abbia sfornato di recente: il disegno, che in determinate scene rimane volutamente vicino al limite dello schizzo, è efficace in ogni situazione, rendendo la giusta dose di drammaticità alle scene di combattimento, ma sapendo, nel contempo, scorrere morbido sull'espressione dolce e protettiva di una madre. Anche il character design si attesta su livelli decisamente convincenti: i longilinei ma scolpiti personaggi, dall'accentuata espressività, sono senz'altro carismatici, così come l'abbigliamento, assolutamente non banale, e le ambientazioni, sia per quanto riguarda le fasi cittadine che quelle ambientate nella brulla e desolata campagna, costantemente calpestata dagli eserciti e imbevuta dal sangue di innocenti e carnefici.

L'edizione

L'edizione FlashBook è decisamente soddisfacente: nonostante l'assenza di pagine a colori, il volumetto è provvisto di sovraccoperta e la qualità della carta è ottima, cosa che farà senz'altro sospirare di sollievo i nostri polpastrelli. Anche la traduzione e l'adattamento linguistico risultano di buon livello, e sono ben delineate le differenze tra il gergo utilizzato dai poveri mendicanti nei vicoli e l'eloquio forbito dei membri della corte e dei nobili. Nelle ultime pagine di ogni volume sono inoltre presenti interessanti approfondimenti sulla società coreana, ricchi di curiosità, insieme alla presentazione di altri prodotti della collana FlashBook Manhwa, sicuramente utile per far luce su un mercato, quello del fumetto coreano, di sicuro interesse. Unica pecca potrebbe essere rappresentata dal prezzo, non propriamente economico, di 5.90 euro, ma si sa che la fama di FlashBook non è certo dovuta alle strepitose offerte commerciali proposte; in ogni caso per il prodotto in questione è vivamente consigliato il sacrificio.

Chonchu Chonchu, secondo l'opinione di chi scrive, è sicuramente un manhwa da avere. Un protagonista carismatico, dei comprimari ottimamente caratterizzati, una trama declinata con crudo realismo ma anche con delicatezza (senza mai dimenticare il gusto per l'inquietante tipicamente coreano), il tratto particolarissimo, sono tutti elementi che fanno di quest'opera una delle realtà più innovative della produzione recente. Unico avvertimento è quello di non lasciarsi trarre in inganno da un inizio forse non particolarmente originale, perchè la qualità del manhwa cresce di numero in numero, e una volta che ci si sarà ambientati in questo così particolare mondo, sarà molto difficile uscirvi senza aver provato alcuna emozione...

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