Recensione Kajika

Kajika, colpito da una maledizione che lo ha trasformato in un uomo volpe, a suo malgrado dovrà custodire l'ultimo uovo di drago

Recensione Kajika
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Giungiamo infine all’ultimo volumetto monografico (assolutamente non in ordine cronologico di uscita) del maestro Akira Toriyama pubblicato dalla, bolognese, Star Comics: Kajika. Originariamente serializzato in patria nel 1998 e raccolto, successivamente, in takòbon nel 1999 giunge da noi nel (ormai lontano) 2000. Toriyama torna all’azione con una storia tutta viaggi, epici scontri, deserto, polvere, superpoteri e tanto, tanto old style che rimanda il lettore alle gesta di Goku dell’intramontabile Dragon Ball.
Anche questa volta “il maestro” è riuscito a confezionare un prodotto fruibile e divertente o la poca fantasia e la mancanza di idee incominciano a farsi sentire?

Ne mancano solo 10!

Una figura si erige in cima ad una piccola collinetta fatta di pietra, polvere e sporadici e sofferenti cespuglietti soffocati dal caldo impossibile di quella zona.
Lo strano figuro scruta l’orizzonte in cerca di qualcosa. Finalmente trova quello che sta cercando, con un balzo felino si dirige verso il fiume in piena che dista pochi metri dalla collina. Grazie ad una fune prontamente lanciata su una guglia sporgente della riva opposta il nostro misterioso amico si può improvvisare “Tarzan” e lanciarsi verso la tanto agognata, e a noi sconosciuta, ricompensa.
Un piccolo ramo d’albero a stento galleggia alla furia cieca di quel fiume... come un lampo “Tarzan” afferra qualcosa che sta su quel ramo (ormai spacciato) e un secondo dopo è sano e salvo sulla riva. Tra le mani il tanto e agognato oggetto dei desideri... una lucertola!!! Tutta questa fatica per una piccola e insulsa lucertola!? Avrà dei poteri, qualche oscuro o una mistico segreto di un antica popolazione o è in verità un principe colpito da una stregoneria!?
Niente di tutto questo, è davvero una lucertola, un rettile comunissimo che, poco dopo, il nostro (e il suo) eroe libera lasciandola andare per la propria strada.
Sguardo fiero e convinto, sorriso furbetto, orecchie a punta e una scodinzolante coda da volte (??): lui è Kajika della tribù dei Kawa e la sua missione è salvare mille esseri viventi.
Come mai quelle orecchie e perché questo singolare compito?
Dovete sapere che Kajika non era uno stinco di santo, anzi, era un vero e proprio monello con il vizio di fare dispetti e i capricci. La causa di questo atteggiamento è che il povero bambino era orfano e senza nessuno che poteva dargli un educazione decente. Un giorno per gioco si mise ad inseguire una povera volpe con un macigno gigante (la tribù Kawa è famosa per la forza straordinaria) e senza un perché uccise l’indifeso animale.
La volpe per vendicarsi, diventata spirito, colpì con una maledizione la piccola peste che si trasformò in un uomo-volpe (ecco spiegate le orecchie a punta e la coda) che per sciogliere questa fattura avrebbe dovuto salvare la vita a mille esseri viventi (spiegato anche il perché di tutta quella baruffa per una lucertola).
Gli abitanti del villaggio presero la palla al balzo per scacciare il bambino terribile; la volpe, anche se spirito, provò compassione e decise di stare al suo fianco. Molti anni sono passati dall’inizio del viaggio e a Kajika ormai mancano solo dieci vite da salvare per tornare normale. Tutto va per il verso giusto fino all’incontro, casuale, con Anya: accerchiata da loschi figuri che tutto sembra tranne che abbiano buone intenzioni nei suoi confronti. La ragazza si difende bene dagli attacchi, ma non basta... l’intervento di Kajika, che dimostra una forza fuori dal comune, le salva la vita. Finite le presentazioni tra i due Kajika viene a sapere che la ragazza è inseguita dagli scagnozzi di Gibachi, un tipo davvero poco raccomandabile, che vuole indietro l’uovo del drago sgraffignato dalla biondina a quest’ultimo. Anya, prontamente, specifica di non essere una ladra e che è vero che si è appropriata indebitamente di una cosa non sua ma c’è un buon motivo per giustificare questa vergognosa azione: i draghi dell’isola Ronron sono tutti estinti, gli ultimi due esemplari sono morti a causa di una terribile burrasca e quest’uovo è con molta probabilità l’ultimo drago rimasto sulla faccia della terra. Leggenda vuole che il sangue di un cucciolo possa dare forza eccezionale a chiunque lo beva; ecco spiegato il motivo che a spinto Gibachi ad impossessarvi del prezioso uovo, non per proteggerlo ma per saggiare che la leggenda sia vera o meno. Ora però la ragazza è braccata e non sa più come difendere la piccola creatura e ha bisogno dell’aiuto di qualcuno per portare il prezioso “oggetto” all’osservatorio dell’isola dove sarà sano e salvo. Kajika all’inizio è riluttante all’idea di farsi coinvolgere in questa faccenda ma spinto dal fatto che è pur sempre un modo per salvare una vita accetta a malincuore. Inizia così il viaggio del nostro eroe per salvare una vita e tornare così un essere umano: amici, nemici, furfanti e bambini prodigio... tutto questo è Kajika, pronti a partire?

L'incantesimo si scioglie!

Inutile girarci intorno, Kajika è, con molta probabilità, il più deludente dei quattro volumi monografici (Cowa, Kajika, Sandland e Nekomajin, questo è l’ordine cronologico d’uscita corretto) di Toriyama.
Schiacciato dalla sua semplicità e da una formula narrativa trita e ritrita delude e non lascia al lettore niente che non sia un poco di svago per una mezzoretta buona. Peccato è quello che viene da esclamare alla fine del volume, peccato quando si pensa che è l’opera di un vero capostipite dei mangaka, e peccato lo si ripete un ultima volta quando si pensa che bastava un po’ allungare la trama per dare più spessore alle situazioni, ai personaggi e a vivacizzare l’intera vicenda aggiungendo brio a dei viaggiatori che sono stanchi e col fiatone ancora prima di partire. Il comparto grafico non si discosta molto da Dragon Ball, anzi, i personaggi spigolosi e nerboruti sembrano arrivare di peso dalla celebre opera. Dal precedente Cowa ci si trova davanti un cambio di stile, probabilmente, obbligato per adattarsi meglio alla storia dal taglio meno “infantile” e un po’ più matura. Se è un (ennesima) evoluzione o un’involuzione questo non si può certo dire, sta tutto al gusto personale del lettore e alle opere che preferisce di Toriyama. Come sempre l’ambientazione è un deserto desolato con sporadiche montagne, tanta polvere e ogni tanto un villaggio per risvegliare gli occhi ormai annoiati e in preda a un colpi di sonno fulminanti.
La trama dal canto suo è, probabilmente, il problema più grande di tutta l’opera.
Toriyama intrappolato in queste miniserie dai ... capitoli, non da spazio alla narrazione e racconta in fretta e furia storie che potrebbero essere molto più godibili e brillanti solo con l’aggiunta di qualche capitolo. I personaggi hanno lo spessore della carta velina e la trama è la solita “Road story” dove il protagonista (con annessa spalla comica) deve partire dal punto A per raggiungere B.
La sottotrama della maledizione fa quello che può per vivacizzare il tutto ma è comunque troppo esigua per fare davvero la differenza. A fine lettura manca quel senso di soddisfazione che di solito da un opera riuscita sia divertente che impegnata, a Kajika manca qualcosa e purtroppo questa mancanza si fa sentire.

Tutto Toriyama

Concludono qui le recensioni sulle opere monografiche (eccezion fatta per la raccolta sulle storie autoconclusive) maestro Akira Toriyama. Volumi monografici che sono ormai da tempo disponibili (se non esauriti) ma che ci sentivamo in dovere di avere nel nostro parco recensioni. Toriyama è una leggenda nel mondo dei mangaka giapponesi ed è d’obbligo per ogni appassionato (o otaku) che si rispetti aver letto almeno una volta una sua opera; volente o nolente un maestro del fumetto pop a tutti gli effetti.

Kajika Un buco nell’acqua per il buon vecchio Tory? L’ardua sentenza sta al lettore: chi cerca un surrogato di Dragon Ball o una lettura dove poter spegnere il cervello o soltanto divertirsi per una buona mezz’orette avrà quello che cerca (e ne gioirà), chi invece si aspetta una storia alla Cowa ne rimarrà deluso, sia sotto il profilo estetico che narrativo. Che sia giunto il tempo di tirare fuori nuove idee anche per lui? Probabile. Ci auguriamo torni presto all’opera con grandi personaggi e storie, uscendo da quel letargo che lo ha attanagliato, riuscendo ad appassionare come faceva un tempo. Non rimane che dire per un’ultima volta, tirando un sospiro colmo di tristezza, peccato...