Recensione Sandland

Akira Toriyama ci racconta una storia di demoni, uomini e sabbia, tutti insieme alla ricerca dell'acqua!

Recensione Sandland
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Alzi la mano chi non conosce Akira Toriyama.
Mmm, pensavamo meno.
Ok, cambio di domanda, alzi la mano chi conosce Dragon Ball.
Come sospettavamo praticamente tutti conoscono Goku e la sua ricerca delle sfere del drago, uno dei manga più venduti e più ristampati della storia, con una serie televisiva lunga quasi 500 puntate (escludendo la saga Gt su cui stendiamo un velo pietoso) e replicata fino alla nausea da Mediaset.
Ecco, Akira Toriyama è l’autore di questo miracolo commerciale, ora anche quei pochi che non lo sapevano lo sanno.
Molti non sanno che la realizzazione del suddetto manga è durata undici anni, dal 1984 al 1995 e che per il povero Toriyama sono stati ben pochi i momenti di pausa e relax; sì perché in Giappone per ogni fumetto viene pubblicato un capitolo a settimana (ma questo molti lo sanno già) ed i mangaka non hanno davvero un attimo di pace.
Questo fa si che, uno degli autori più pagati del Giappone, finita la sua opera più famosa e importante decida di non creare più storie così lunghe e articolate. Indubbiamente tenere un ritmo lavorativo del genere porterà anche una certa dose di stress e quant’altro, ecco il motivo di questa scelta (non che, aggiungiamo, anche una certa tranquillità economica). Fatto sta che in questi anni non se n’è certo stato con le mani in mano, collaborando a progetti come Dragon Quest, Blue Dragon, Cowa, Kajica, Nekomajin e tante altre piccole storie autoconclusive.
Tra queste c’è Sandland, piccola miniserie del 2000 portata in Italia da Star Comics nel 2006.

Io sono Belzebubù, il principe dei demoni!

Ieri.
La razza umana, si sa, è causa dei propri mali e il più delle volte si prende coscienza del fatto che per mano nostra il futuro sarà dei meno rassicuranti. Infatti, cinquant’anni fa la terra subì dei gravi cambiamenti climatici e moltissimi disastri cataclismatici colpirono tutto il pianeta, così che le zone desertiche si propagarono fino a ricoprire tutto l’emisfero. Colpevole di tutto questo, ovviamente, la nostra specie. Si sa, la stupidità non ha mai fine e neppure queste disgrazie fermarono le guerre che erano in atto da anni. Quando si accorsero della situazione del nostro pianeta era ormai troppo tardi; la maggior parte dei fiumi (se non tutti) e delle fonti d’acqua erano prosciugate. Come conseguenza ovvia questa situazione portò alla morte moltissime persone e ad aggravare ancora di più la cosa ci fu la totale assenza di pioggia. L’unico uomo rimasto possessore di una fonte d’acqua era il Re che ne approfittò per diventare oscenamente ricco, vendendo bottiglie d’acqua a tutto il suo regno, riempiendosi non poco le tasche.

Oggi.
In mezzo all’arido deserto, alla polvere e al sole cocente, sorge la cittadella di pietra dei demoni. Se prima si potevano nascondere dai raggi del sole, nei posti più disparati, ora anche loro sono costretti a subirne i caldi raggi. A capo di tutti c’è: ll grande Demone Satan (sosia di Darbula riciclato di peso da Dragon Ball) e padre del nostro protagonista Belzebubù.
La vita si è fatta dura anche per loro, ormai costretti ad assaltare convogli militari trasportanti viveri e provviste (ma soprattutto acqua) dirette nel regno. Un giorno come tanti una strana macchina giunge al cospetto dei demoni, sulla portiera la scritta “Sheriff”, chi ne scende è un uomo sui cinquant’anni, brizzolato, con dei simpatici baffi e visibilmente segnato dalla vita che si è costretti a fare. Il suo nome è Rao ed è lo sceriffo (com’era facilmente intuibile) di un vicino villaggio. Si è recato al cospetto di questi esseri, che normalmente non vanno d’accordo con gli umani, perché ha bisogno di aiuto per risolvere un problema importantissimo.
Il bisogno di acqua per tutti!
Il principe è disposto ad ascoltarlo.
Lo sceriffo ha bisogno di aiuto per trovare la leggendaria “Sorgente Fantasma”, una mitica fonte d’acqua che, si narra, non ha subito danni dopo la guerra. Prova inconfutabile dell’esistenza di questa miracolosa fonte è il Water Finch: un piccolo volatile che si ciba solo di pesci d’acqua dolce; Rao negli ultimi tempi ne ha visti alcuni volare verso sud. Lo sceriffo ha bisogni di compagni per la spedizione, un essere umano da solo non potrebbe mai farcela, il deserto è un luogo pericoloso e pieno di insidie. La promessa, nel caso di riuscita della “missione”, è: acqua per tutti, sia demoni che umani. Ora manca solo il consenso del grande Satan e il principe è pronto per partire, ma non prima di aver trovato un altro compagno. Shif un vecchio ed esperto ladro, suo malgrado, è scelto per quella che, probabilmente, sarà la sua più grande ed importante avventure: trovare l’acqua nel regno di Sandland.

Ti va di accompagnarmi?

La trama, come avrete capito, non è delle più brillanti e non stupisce particolarmente. É una classica road story dove un gruppo di personaggi si ritrovano a compiere un viaggio in cerca di un qualcosa di importante. Questo espediente narrativo, che nel corso degli anni è stato abusato, non preclude la godibilità e la qualità dell’opera stessa.
Toriyama è pur sempre Toriyama.
Le sue doti narrative sono innegabili, e grazie ad un ritmo mai blando nel raccontare le vicende, tiene viva l’attenzione del lettore senza annoiarlo mai. Comprimari azzeccati, introdotti al momento giusto, si uniranno pian piano al viaggio arricchendo il piccolo (ma buono) cast di personaggi. Qualche colpetto di scena qua e la condisce un contorno già, di per se, buono e mai sottotono, alternando scene di lotta e gag (un pochino di più le ultime) che strappano più di una volta un sorriso e danno equilibrio e solidità alla trama.
Sotto il comparto visivo chi ama lo stile del maestro non rimarrà deluso, anzi, con piacere troverà un tratto più curato e piacevole (come molti sanno Dragon Ball Z alla fine era disegnato in modo alquanto discutibile). I personaggi sono azzeccati e non stonano mai con ciò che li circonda; la cura per i mezzi (o mecha) è, come al solito, maniacale e sotto quel punto di vista si nota una certa passione (e divertimento annesso) nei confronti di ciò che è motore, ferro e bulloni (passione che il maestro non ha mai nascosto).
Salta subito all’occhio un uso più massiccio dei retini che danno molto più spessore e arricchiscono dei disegni già di per sé ottimi. Sui fondali e l’ambientazione c’è poco da dire, è un deserto, facilissimo da disegnare ma con una sua funzionalità (un espediente come un altro per velocizzarsi il lavoro?). Queste ambientazioni non sono una novità per gli habituè di Toriyma e poi, in fondo questo manga si chiama Sandland, cosa vi aspettavate?

Sandland Una storia semplice e genuina, che non punta ne alla complessità ne ad entrare nell'olimpo del manga. Funziona e si fa leggere fino alla fine. Per chi ama Toriyama è un acquisto obbligato (sul sito della Star comics risulta esaurito, ma nelle fumetterie o in rete qualche copia gira ancora), chi non lo sopporta potrebbe comunque apprezzarlo e magari cambiare idea. La bravura di un professionista si vede, anche, nel modo di raccontare una storia, non per forza innovativa, piacevole e divertente e questo Sandland ne è un esempio lampante. Da leggere senza pretese e tutto d’un fiato.