Speciale Jiro Taniguchi

Il più europeo dei mangaka

Speciale Jiro Taniguchi
Articolo a cura di

Un autore particolare

In un panorama sempre più affollato di nuovi titoli e di nuovi autori, è facile vedere i manga come prodotti di consumo senza una vera anima; una tendenza presente in molti altri media, del resto, come i film d'azione o alcune categorie di videogiochi. L'essere riconoscibili, avere uno stile proprio, è spesso ciò che contraddistingue gli autori migliori o, perlomeno, quelli dotati di una forte capacità narrativa: che si tratti del disegno o della storia, colpire l'immaginazione del lettore non è facile; quando, poi, in un'opera ogni elemento ha un proprio “tocco” si comprende all'istante di trovarsi di fronte a un vero maestro. Jiro Taniguchi è così: le sue opere sono riconoscibili sia per il tratto sia per la trama, il contesto; ognuna di esse è un piccolo affresco di un mondo, o delle persone che lo abitano, senza la ricerca forzata della spettacolarità o delle esagerazioni. Il suo stile di disegno è una riuscita combinazione di elementi sia nipponici sia occidentali: qualità che lo ha reso assai apprezzato in Europa, e che ben si adatta all'uso sapiente di vignette quasi “cinematografiche” tese a comunicare l'enfasi delle scene più movimentate, o la calma nelle situazioni quiete. Il suo modo di narrare le storie rimane costante, con il tentativo di far intuire al lettore lo stato d'animo dei personaggi mediante le loro espressioni, o poche frasi significative, invece di scriverne direttamente i pensieri; e questo sia che la trama tratti di un killer, sia che esamini i rapporti tra padri e figli. Jiro Taniguchi, infatti, come molti autori ha un proprio argomento preferito su cui basa i suoi lavori ma, attività più insolita, ama anche disegnare le storie di altri. Ecco quindi come la sua produzione si possa dividere tra le opere esclusivamente sue, di solito ambientate nella cultura giapponese (e le sue trasformazioni) degli ultimi decenni, e tra le opere create in collaborazione con altri autori: scrittori di libri o altri fumettisti con cui, comprensibilmente, tratta di argomenti assai differenti o particolari.
Le sue opere sono assai numerose: scopo di questo speciale è solo di dare un'occhiata ad alcune fra quelle arrivate in Italia, offrendo un po' di visibilità a un autore eccellente anche se relativamente poco conosciuto dal grande pubblico.

Al tempo di papà - 14.5x21, 288 pagine (di cui otto a colori), € 13, Planet Manga

Quest'opera, del solo Taniguchi, racchiude in pieno i suoi tratti più salienti: ambientata, prevalentemente, nel Giappone del dopo guerra, tratta di un uomo, Youichi, e del suo confronto con l'amata-odiata figura paterna che non aveva mai veramente compreso. La storia, il cui spunto parte dalla morte del padre e dalla veglia funebre in cui i vari parenti e amici raccontano storie sul defunto, è in effetti composta da vari flash-back in cui Youichi rivede i propri ricordi assieme a quegli elementi che, compresi, gli avrebbero fatto apprezzare gli sforzi del padre ma che al tempo dei fatti, con lui bambino, glielo rese ostile. Ricordi come il divorzio e l'abbandono di Youichi da parte della madre, la dedizione del padre al suo lavoro o lo stesso desiderio di Youichi di lasciare il paese natio abbandonando la famiglia; paese che, nonostante la sua fuga, lo accoglie assieme a tutte le persone, amici e parenti, con cui Youichi viveva e che non l'hanno mai dimenticato. La metafora è chiara: tornare al proprio paese natio e tornare alla propria famiglia sono due cose simili per una persona; entrambe offrono quel calore personale, dovuto all'avere ognuno una forte individuabilità, che è più difficile da cogliere nelle grandi metropoli dove case e individui sono sole fra tanti e perdono quindi di importanza.
Com'è intuibile, Al tempo di papà non presenta sequenze spettacolari o audaci colpi di scena: solo persone comuni, difficoltà normali, e i normali problemi nei rapporti familiari; la storia prosegue gradatamente, proseguendo attraverso la vita di Youichi e della sua famiglia, sino a un finale che, nonostante l'argomento particolarmente sentimentale, evita scene di cattivo gusto. Un meraviglioso piccolo spaccato sul Giappone del dopoguerra e sulle famiglie in generale, oltre che alla maturazione delle persone col passare del tempo.

Benkei a New York: Diabolical Hard Boiled Story - 12x18, 224 pp., 3.10€, Kappa Edizioni

Come si può facilmente intuire dal nome, quest'opera esce dagli schemi “normali” delle storie trattate da Taniguchi per andare nei lati oscuri delle persone: il protagonista, Benkei, è un artista e assassino assai particolare; non viene detto nulla del suo passato, ne si sa se il suo nome ("un eroe giapponese che non teme la morte", per usare le stesse parole del protagonista) sia quello vero o uno pseudonimo. Lo si vede muoversi per il mondo, lavorando sia come abile pittore (per ricchi mafiosi) che come assassino, in genere per gli "adauchi" cioè le vendette su commissione; nel suo lavoro arte e morte sono connesse: si rifiuta di usare armi da fuoco, affermando che uccidere è come conversare ed è importante il mezzo scelto. Non trae piacere dal suo lavoro, anzi: nonostante non lo si veda mai lamentarsi le sue espressioni spesso sono più che sufficienti per comprendere il suo umore, connesso alla vendetta da soddisfare; se non ha pietà verso gli infami, il suo dolore è palese quando agisce nei casi più sfumati.
Benkei a New York è un volume strano, inizia all'improvviso e si conclude senza un "finale" classico; c'è però un filo logico che collega le storie, poste in ordine cronologico, con personaggi più o meno importanti che gravitano attorno al protagonista ed hanno differente influenza su di lui. Davvero un peccato che la brevità dell'opera (7 episodi indipendenti) non abbia permesso un maggior approfondimento dei rapporti tra loro.
Dal punto di vista grafico, il manga rispecchia in pieno lo stile di Taniguchi: le espressioni e le inquadrature sono più importanti delle parole, molto più importanti. Una piccola differenza la si vede nelle inquadrature, decisamente cinematografiche: sarà per l'argomento “particolare” ma non mancano scene di scontri particolarmente dinamiche; ricordandole mentalmente a posteriori, è facile rivedere i personaggi in movimento, quasi fosse un film. Il colore, decisamente più tendente al cupo del normale, ha una grande importanza data l'atmosfera decisamente poco allegra delle storie: i chiaroscuri dominano, mentre il nero viene usato per sottolineare il più possibile le scene violente o i personaggi spregevoli.
Al contrario della maggioranza delle opere di Taniguchi in Italia “Benkei” fa parte di una serie (Point Break, numero 37); è stato pubblicato dalla Kappa edizioni nel classico formato da manga tascabile.

Allevare un cane e altri racconti - 14.5x21 B., 176 pp., b/n, € 7,50, Planet Manga

Quando, all'uscita del volume, passai dal negozio di fumetti ricordo bene come il proprietario ci scherzava su dicendo che ormai a Taniguchi (di cui erano già uscite alcune raccolte di storie) mancava solo di creare un manuale di idraulica a fumetti, o simili; in effetti anch'io diffidai un po' di un simile titolo, e lo acquistai più spinto dalla fiducia verso l'autore che da altro. Fortunatamente, non rimasi deluso: non tanto, e non solo, perché le storie ambientate su animali sono poco più della metà ma soprattutto perché in esse l'autore si concentrava sul legame tra un animale e il suo padrone, tanto importante e impegnativo quanto può esserlo quello con una persona fortemente dipendente da noi, quale un bambino o un anziano malato; come scrive intelligentemente un redattore sul volume, “vivere” con un animale e “possedere” un animale sono due cose profondamente diverse. L'epilogo della storia principale, data la brevità della vita degli animali, non può che essere triste, ma il messaggio di fondo è la valorizzazione del periodo trascorso assieme più che il dolore della perdita; come per le persone, del resto.
Negli altri racconti, la presenza degli animali è meno importante o assente: su 5 storie 2 trattano di argomenti differenti, come i bambini o la montagna; quest'ultimo in particolare, pur sembrando leggermente fuori posto nella raccolta (gli altri 4 racconti sono tutti ambientati nella stessa famiglia), è un piccolo spaccato sulla passione di un uomo e il suo desiderio di raggiungerla, una volta per tutte, prima di poter guardare avanti. Anche se fuori posto, comunque un ottimo racconto all'interno di una raccolta particolare.

Gourmet - 14.5x21 B., 192 pp., 10€, Planet Manga

Gourmet, creato in collaborazione con lo scrittore Masayuki Qusumi, è decisamente un manga atipico: non ha una storia definita, né in ben 18 episodi si può rintracciare un filo cronologico, una trama; apparentemente il protagonista è Goro Inogashira, agente di commercio, ma al centro di tutto in realtà c'è il cibo e i vari locali in cui Goro entra durante gli spostamenti per il suo lavoro. La vita di Inogashira, così come il suo lavoro, rimangono costantemente in sottofondo, quasi invisibili: ciò che conta è come, a un certo punto, egli abbia fame e debba trovare un luogo dove mangiare; naturalmente, in un manga chiamato Gourmet, non ci si può aspettare che qualunque locale vada bene: ecco quindi come la ricerca del posto giusto sia minuziosa e difficile. L'obbiettivo non è solo di trovare del buon cibo, ma di ricreare l'ambiente necessario per gustarselo a seconda della situazione perché, come afferma il protagonista in un episodio dove il padrone del locale maltrattava un cameriere, “quando si mangia è necessario sentirsi a proprio agio, senza nessuno che ci disturbi”. Il locale, del resto, è spesso rivelatore del proprietario o del luogo: l'ambiente delle taverne frequentate dai lavoratori è ben differente dai ristoranti per famiglie, così come lo è il cibo offerto; le specialità di una città, se davvero ben realizzate, sono in sintonia con lo spirito della stessa, e così via. Di fronte a una simile attenzione verso il locale, è ovvio come il cibo sia proposto in modo speciale: i piatti serviti a Goro sono tutti disegnati alla perfezioni in una vignetta speciale indicante anche gli ingredienti degli stessi; Goro non mancherà poi di sottolineare quali piatti, e perché, sono adatti al luogo o al suo stato d'animo con il cibo che assume una funzione di “coronamento” della situazione, armonizzandosi (se scelto nel modo giusto) con lo stato d'animo del protagonista. Comprensibilmente, in Gourmet non c'è inizio o fine ben definiti ma questa scelta per una volta non stona: il messaggio di fondo presumibilmente è l'importanza delle piccole cose per la propria felicità; cose come un pasto ben indovinato, appunto.

L'olmo e altri racconti - 14.5x21 B., 224 pagine (di cui dieci a colori), € 10, Planet Manga

“L'olmo” è perfetta per chiudere un'esame su Taniguchi, essendo indiscutibilmente uno dei suoi lavori migliori; una raccolta di 8 episodi, indipendenti fra loro, tratti da altrettanti racconti selezionati fra i 200 e oltre della serie “Gente” del noto scrittore (in patria) Ryuichiro Utsumi. Unendo gli sforzi di un maestro mangaka con i racconti di un celebre scrittore il risultato non poteva che essere, ed è, eccellente: ogni episodio, pur nella sua brevità (20/30 pagine), illustra alla perfezione la psicologia dei protagonisti e le loro reazioni rispetto alla società giapponese. Le regole di quest'ultima infatti fanno da sfondo a tutte le storie: in Giappone, una società tradizionale e rigida, sono presenti tutta una serie di norme sociali, del buon vicinato, del rapporto tra familiari, o del comportamento sul lavoro; un sistema che senza dubbio garantisce un certo ordine sociale ma allo stesso tempo (esemplare un noto proverbio, “il chiodo che sporge si becca la martellata”) è duro verso gli insofferenti, coloro che vorrebbero sottrarsene per agire anche contro le aspettative degli altri.
Gli argomenti trattati variano notevolmente, dall'episodio di apertura “L'olmo” in cui un anziana famiglia si ritrova a fare i conti con il desiderio dei vicini di tagliare l'albero, all'ultimo in cui si esamina la difficile situazione degli stranieri in Giappone e la distanza creata dalle differenze di lingua e di cultura; nonostante questo sia un lavoro creato in collaborazione, viene rispettato lo stile canonico di Taniguchi con la totale assenza di scene d'azione o spettacolari in favore di un approccio più morbido, basato sull'importanza delle piccole cose (che pure si ingigantiscono per coloro che le vivono in prima persona).
Una particolare impressione è fornita dal disegno: nonostante lo stile sia quello comune alle sue opere, è rintracciabile un netto sforzo “extra” da parte dell'autore (forse perché le storie sono state selezionate); si nota quindi un eccellente uso delle ombre e una vera abbondanza di particolari, con tante vignette che sembrano piccoli quadri, curati fino al dettaglio.