La fine di Rat-Man: la Trinità dell'anti-eroe italiano di Leo Ortolani

Ricordi ed eredità di un grande del fumetto nostrano, tra parodie memorabili e momenti di profonda analisi sull'essere eroe

La fine di Rat-Man: la Trinità dell'anti-eroe italiano di Leo Ortolani
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Flettiamo i muscoli e siamo nel vuoto: dopo 28 anni di lunga pubblicazione, Rat-Man è giunto purtroppo (o per fortuna) alla sua conclusione naturale. L'albo 122 segna la fine della travagliata storia di Deboroh la Roccia, alter ego civile dell'anti-eroe nato dalla mente del geniale Leo Ortolani, che ha voluto salutare il suo pargolo artistico con un volume davvero equilibrato, perfettamente armonico nel suo muoversi agilmente e con grande disinvoltura da un (in)sano divertimento a una profonda drammaticità. E proprio tra questi opposti sentimenti l'autore parmense è sempre rimasto in bilico nel raccontare le mille disavventure del protettore della Città senza Nome, il suo Ratto, capace di innata stupidità e catartica auto-analisi, in un'opera tutta italiana dalle molteplici sfumature, spesso parodica e scanzonata e molte volte invece avvinghiata a un approfondimento psicologico che fa di un cinico sarcasmo la sua chiave di volta, aprendo porte -anche interiori- impensabili e dentro le quali il lettore sbircia con famelica curiosità di contenuti, trovandone sorprendentemente a bizzeffe.

Figlio

Sappiamo tutti che Rat-Man fu inizialmente concepito da Ortolani come eroe-parodia del ben più famoso Batman, e già dal nome e dalla scelta dall'animale guida era chiara l'intenzione di un fumetto dai forti tratti comedy che fungesse un po' da controparte inferiore e Nostrana a quell'icona del comics internazionale, anche se poi nella formazione del (su carta) geologo ma in pratica autore Leo un'importanza rilevantissima l'hanno avuta anche grandissimi big del fumetto mondiale, soprattutto Jack Kirby, al quale si è più volte rifatto. Detto questo, forse non subito ma evolvendo nello stile e nella narrazione, Ortolani ha deciso che quel suo improbabile supereroe meritava una storyline orizzonatale che andasse oltre la perdita dei genitori durante gli sconti al supermercato e venature drama solo abbozzate. E da qui è nata la storia di Deboroh la Roccia e della sua ricerca d'identità, di un passato avvolto da fumose nebbie e legato a doppio filo con l'Ombra, parassita umano inanimato per eccellenza nella realtà e qui resa nemesi mortale della famiglia La Roccia, contro la quale Rat-Man dovrà lottare dolorosamente e a lungo. Nel suo processo di ricordo e formazione, importanza forse colossale l'ha così avuta il numero 61 della Collection, "Era mio padre", volume dove Deboroh riacquista i suoi ricordi d'infanzia, scoprendosi figlio di Valker, precedentemente creduto essere solo il villain principale della serie. Un colpo di scena che segue la falsariga de L'Impero colpisce ancora e che affonda ancora più in profondità le sue radici in film come Saw, segnando forse appositamente la metà perfetta della storia di Rat-Man, dove l'eroe torna bambino mediante il ricordo, lo stesso che segna poi la sua maturità e il vero inizio della fine.

Eroe

Eppure, nella sua Trinità, Rat-Man diviene ed è costantemente anche eroe, con la "e" minuscola, perché è sì il Cavaliere della Città senza Nome, ma solo uno dei tanti, un protettore scapestrato e senza potere alcuno in un mondo letteralmente dominato dagli eroi. Quella di Ortolani, oltre ad essere una parodia, è quindi anche un'analisi del fumetto supereroistico in generale, di cui prende indifferentemente di mira vizi e virtù, scherzandoci sopra con intelligenza e andando a ricercare tutte quelle tematiche annidate nell'essenza del genere, come il sacrificio, il peso delle aspettative, la doppia identità e la protezione delle persone amate. Gran parte del successo del fumetto è inoltre dovuto alla brillante ironia di Leo, a sua volta Eroe (maiuscolo) nel riuscire a sperimentare costantemente tra meta-fumetto e ricercata drammaturgia in un genere così tipicizzato come quello supereroistico, almeno negli anni inziali di pubblicazione. Al giorno d'oggi infatti sono moltissimi gli scrittori internazionali che cercano di variare nel genere, anche in Italia, ma nell'89 a rivedere il tema dei super nel media fumetto c'erano principalmente Alan Moore e Frank Miller, ai quali si è accostanto pian pianino, con i suoi metodi e il suo stile anche Ortolani, certamente con una portata minore ma indubbiamente valida, con una propria e coerente identità. Rat-Man è un anti-eroe nel senso vero del termine: non ha poteri e non è intelligente, ma vuole aiutare il prossimo sfruttando la sua normalità, la sua umanità, a volte unica risorsa necessaria per riuscire dove molti falliscono. E anche Deboroh sbaglia e cade, ma poco importa, perché è sempre lì pronto a rialzarsi, con in mente un'altra trovata idiota, pieno di sé ma convinto di potercela fare. È praticamente una totale revisione del super, forse legata a quella superficialità tutta italiana nell'affrontare le situazioni, ma è questo che ha reso grande Rat-Man: la sua voglia di sfruttare al meglio l'identità nazionale, impossibile da traslare in ogni dove all'estero ma forte di passione e vitalità tipiche del nostro Bel Paese. E tanto gli basta per sentirsi eroe tra tanti, risultando in questo modo unico fra molti.

Padre

La vita è però una linea retta inserita all'intero di un sistema ciclico. Nella sostanza tutto torna, trasformandosi, ed è così che un figlio divenuto eroe sarà un giorno a sua volta padre. Rat-Man non è solo la storia di un super a difesa di una città e non racconta semplicemente le disavventure della famiglia La Roccia, perché rappresenta nella sua generalità anche il tempo che passa, i sogni e i rimpianti di un uomo nel momento più difficile della sua vita. Nel lungo processo di affermazione come Rat-Man, Deboroh ha infatti riscoperto le sue origini e ha deciso di affrontare il proprio destino, gettandosi tra le fauci dell'Ombra e accogliendo il Nulla, il buio assoluto. Questo sacrificio ha portato alla liberazione della sua parte più violenta e animale, non più in balia della semplice umanità di cui sopra ma in preda a deliri di onnipotenza, davvero potente e terrificante.
Ed è qui che, parlando forse anche di sé stesso, e concludendo la sua complessa analogia, Ortolani sgancia il suo colpo da maestro, perché racconta con tratto deciso ed estrema delicatezza l'esperienza della paternità, obblighi e conseguenze annesse. Divenire padre cambia, come sottolinea nel fumetto, ma salva anche da angosce personali e incubi di inadeguatezza, dando uno scopo e donando nuovamente una vitalità forse creduta persa. Salva da un'esistenza solitaria, dalla paura della morte e riporta la luce nel proprio mondo, in una personalissima Città senza Nome, dove il buio viene sconfitto dal dono più grande che la vita possa fare. A dominare è a quel punto un senso di affetto incondizionato e il bisogno di proteggere la persona che più di tutte è riuscita a salvare un'anima ormai alla deriva nel nulla. Ed è lì, in quel preciso momento, che si inizia a essere davvero dei supereroi.