Speciale Lucky Star

Il paradiso degli otaku fatto anime.

Speciale Lucky Star
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3 centimetri

"Ok, cominciamo! Si parte! Hunga! ... Sii seria! ... Circa tre centimetri, sembra carino, no?" Nonostante il forte tasso di ambiguità di cui è composto questo veloce scambio di esclamazioni, è proprio così che iniziano le prime puntate, e il nostro articolo, di Lucky Star. Letteralmente "stella fortunata". Stiamo parlando effettivamente di una delle idee più geniali degli ultimi dieci anni in fatto di animazione giapponese. La serie che esamineremo è composta da 24 episodi ed è tratta dall'omonimo manga di Kagami Yoshimizu. Purtroppo per il Bel Paese nessuna casa editrice ha scelto di importare questo piccolo capolavoro rendendo, a nostro parere, un enorme torto a tutti coloro che avrebbero voluto almeno stringere tra le mani tre centimetri di... (non pensate male! Non c'è alcun rimando alla sigla né ad altro!) tre centimetri di spessore che compongono gli 8 tankobon dell'edizione manga. In effetti un'eventuale edizione anime sarebbe fin troppo azzardata, a nostro giudizio, vista l'estrema difficoltà che si riscontrerebbe nel doppiaggio e nel far comprendere e adattare il gran numero di citazioni e riferimenti nascosti fra i minuti esilaranti che concede l'anime.


Konata: il centro del mondo

Lucky Star narra le vicissitudini giornaliere di un manipolo ben assortito di liceali, stereotipo giapponese di un'odierna società perbenista. L'animazione è formata da sketch singoli che rappresentano alcuni spezzoni di vita quotidiana fra scuola, casa e amicizie di Konata & company. Questo stile è molto particolare e, di primo acchito, risulta fastidioso e poco scorrevole. Nonostante ciò si finisce per farci l'abitudine, arrivando persino a diventarne quasi dipendenti. Tale narrazione viene copiata di pari passo dal manga ispiratore, il quale proponeva otto vignette per pagina suddivise in due gruppi da quattro, i quali costituivano a loro volta un intero sketch. Le vicende che si susseguono su schermo non sono strettamente legate fra loro da una trama ben definita, ma sono interlacciate semplicemente da una semplice consecutio temporum. Protagoniste folli dei siparietti sono: Konata, Kagami, Tsukasa e Miyuki. Uniche e sole protagoniste per gran parte della serie, queste giovani ragazze sono molto ben caratterizzate e sprizzano forte personalità da tutti i pori.

Konata, un po' il centro gravitazionale da cui parte la maggior parte degli eventi, è colei che riesce a mantenere alto il mordente, è colei che riesce a strappare sempre un sorriso in ogni situazione, è colei che attira tutte le attenzioni, insomma: è il vero motore trainante dell'anime. Purtroppo tale dislivello d'importanza fra le quattro componenti è notevole ed è particolarmente evidente nei momenti in cui KonaKona non è presente. In compagnia di queste ragazze lo spettatore percorrerà i loro anni da liceali fino al diploma, divenendo così una sorta di compagno/ammiratore che le scorta e le osserva fino alla fine. Infine come non menzionare il siparietto di qualche minuto che viene dedicato a Lucky Channel, uno sketch stile tg in cui i due presentatori si azzuffano e tentano di suscitare qualche abbozzo di risata. Purtroppo l'intento di Lucky Channel a nostro giudizio è fallito alla grande: i due non sono per niente carismatici né simpatici, alla lunga diventano monotoni e le loro scenette insipide e fin troppo canoniche finiscono per spegnere anche il più piccolo barlume di curiosità.

Otaku’s rules

Come si sarà ben capito, le tematiche trattate dalla serie non sono di certo le più filosofiche e profonde mai escogitate. E' palese come il fine dell'anime sia tutt'altro quello di suscitare una riflessione nello spettatore.
Purtroppo però nemmeno le scene "comiche" sono di facile interpretazione. Esse infatti sono un continuo riferimento al mondo degli anime, dei manga e dei videogiochi. Tali elementi vengono introdotti in maniera massiva dall'otaku più simpatico che si sia mai animato: Konata. Appassionata di anime, manga e videogame non perde occasione per millantare le proprie conoscenze in ognuno di tali ambiti. Risulta così evidente come per un "non otaku" possano risultare poco attraenti determinate circostanze e citazioni sparate a raffica dal simpaticissimo batuffolo blu.

Otaku’s paradise

Come terra promessa per gli appassionati di anime, manga e videogame, Lucky Star è pregno di chicche che solo un pubblico accuratamente selezionato può cogliere. Partendo dai capelli ad antenna, dalle boccucce a cuoricino per finire con la dolcezza e la delicatezza delle protagoniste, ogni cosa è sistemata in modo da suscitare urla di gioia per un fan. Oltre a queste piccole perle che ricorrono spesso e volentieri, l'anime è ben congegnato, scorrevole e piacevole per qualsiasi tipo di pubblico.
Graficamente vi è la più totale assenza di computer grafica, elemento che, effettivamente, non aderirebbe per niente al format dell'anime.
La colonna sonora, simpatica e allegra, accompagna con tempismo perfetto ogni tipo di scena conferendole quel tocco in più che non guasta mai. Preziosità della serie sono infine le due sigle di apertura e di chiusura. La prima è un concentrato di pazzia, follia ed ironia. La seconda invece cambia ogni puntata proponendo una versione inedita cantata dalle doppiatrici delle protagoniste.
Infine, come non elogiare le doppiatrici le quali, oltre a prestarsi al canto, contribuiscono con efficacia a donare quella peculiarità che tanto colpisce e rende affascinanti le giovani liceali.

Lucky Star Lucky Star è una serie molto particolare. Definirla di nicchia può sembrare, paradossalmente, sia riduttivo sia esagerato. E' un anime che può essere divinizzato dall’appassionato di turno, ma che può essere anche snobbato dall’utente occasionale. Di certo non si distingue per tematiche profonde o per spettacolarità o per una trama avvincente e coinvolgente. Lucky Star è “solamente” originale, geniale a dir poco. Rilassa e al contempo rende lo spettatore attento riservandogli sorprese dietro ogni angolo, pronte per essere scovate. Un vero e proprio covo di cultura otaku! Ovviamente noi, in quanto malati di anime, manga e videogame, non potevamo che apprezzarlo appieno.