Speciale Metropolis

L'ultimo lavoro di Tezuka

Speciale Metropolis
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  • Metropolis

    Qui nel Bel Paese, il film di cui sto per realizzare questo speciale, è
    stato sbandierato come "il culmine della moderna animazione giapponese" e per tanto conosciuto da tutti con questo "sottotitolo" su cui mi astengo a stento dal fare commenti. La verità, è che in effetti Metropolis era da noi praticamente un mistero, e se c'era un buon motivo per andarselo a vedere non era tanto la regia di autori rinomati come Rintaro o Katsuhiro Otomo, nè i centinaia di meravigliosi effetti visivi che avrebbero certo colorato lo schermo... quanto piuttosto il fatto che, fino ad oggi, solo tre sono stati i film d'animazione di scuola orientale ad aver sbalordito nei cinema italiani gli spettatori: Akira, lo splendido Ghost In The Shell e per l'appunto il nostro Metropolis. O almeno così qualsiasi apassionato vorrebbe, ma in realtà la sala si svuotò dalla gente perfino alla prima del cinema di Venezia per Ghost In The Shell: I Kappa Boys sottolineavano il curioso fenomeno qualche anno fa con un sonoro: "peccato, avrebbero potuto imparare qualcheccosa." Metropolis quindi è arrivato al cinema nel più assoluto anonimato; a parte qualche trailer in cui certo non figurava nulla della storia, e più incentrato a mostrare gli sbalorditivi effetti di animazione in CG che il character design. Alla sua uscita, la voce che esisteva tale opera si moltiplicava solo per bocca degli apassionati del settore, che in ogni caso si potevano contare sulle dita di una mano rispetto al grande pubblico cinematografico "d'occasione". Il tempo di Metropolis, quindi, viene, passa, e nessuno vuole più ricordarlo. C'è da dire che quando un simile fenomeno viene superato ( un anime al cinema ) resta un retrogusto di "doveva essere assolutamente spettacolare!" per quelli che non hanno avuto la fortuna di vederlo, ed io, mio malgrado, facevo parte di quest'ultima categoria.

    L'occasione e la Sala Rossa

    Ricordo bene quando mi chiamarono al telefono una sera; il fenomeno
    Metropolis ormai era solo un vago ricordo, ma una voce mi disse che lo riportavano al cinema della piccola cittadina in cui abito.
    Solo tre giorni, poi sarebbe stato rimpiazzato subito da qualche nuova
    proposta cinematografica, e fu questo il motivo che mi fece assistere allo spettacolo con una certezza ancora maggiore che il film doveva essere qualcosa di unico, poichè a un film impegnato, spesso la gente preferisce lo sbanca-botteghino il cui unico proposito è mostrare miliardi di effetti speciali. Questo non era certo il caso di Metropolis, ma nonostante questo, non solo era stato riproposto, ma, perfino, era stata scelta per la sua proiezione la sala più grande del cinema, la Sala Rossa. Qualcuno forse ci teneva davero? Magari anche tra i direttori dello stesso cinema? Nessuna idea su cosa stessi per andare a vedere, solo i nomi di Rintaro e Otomo, a cui però non diedi molta importanza, dato che sulla locandina vi era scritto che il soggetto da cui era stato tratto il film era di Osamu Tezuka; il Dio dei manga, l'autore di fumetti e anime più grande che il Giappone abbia mai potuto conoscere, senza il quale, qualsiasi altra opera perderebbe di significato, mi aspettava qualcosa di grosso. Silenzio in sala, nessun trailer come "antipasto" il film cominciava, e... io e tutti i presenti, spalancammo gli occhi e la bocca in preda a una innocente ebetismo. Tutto quello che seguì, è ben difficile da descrivere, semplicemente al di sopra delle nostre parole.

    Metropolis di Osamu Tezuka

    Osami "Osamu" Tezuka, nasce nell'ormai lontano, ma mai dimenticato,
    1928. Nonostante si fosse già da tempo inserito nel campo della rappresentazione illustrativa, dopo aver trovato nell'arte di Walter "Walt" Disney un grande maestro (e rivale) realizza finalmente il primissimo manga della storia, Jungle "Kimba il leone bianco" Taitei a
    cui seguirà il primo anime tratto da quest'opera (primo anche per quel che riguarda l'animazione orientale) e un'innumerevole quantità di nuovi fumetti che lo consacrano come autore completo su scala mondiale, quali: Metropolis, da cui troverà naturale l'ispirazione per
    Tetsuwan Atom "capitan Jet", Ribbon no Kishi "La Principessa Zaffiro" Hi no Tori-i "La fenice" Buddha, Black Jack e molti altri. La caratteristica che rendeva unico questo autore, a parte l'aver
    concepito in Giappone il primo vero fumetto, e aver posato su binari meno devoti alla staticità i canoni fumettistici dell'epoca, fu quella di voler comunicare attraverso le sue opere dei messaggi importanti sul livello sociale, caratteristica che accumuna sempre meno autori,
    dato che oggi il fumetto giapponese (conosciuto come "Manga") riveste un'importanza esclusivamente economica (quasi come tutto del resto) basata sul guadagno più che sulla passione o l'arte. Tornando a Metropolis: vede il suo concepimento più di cinquant'anni fa, si trattava di un racconto di fantascienza, Tezuka, ha infatti sperimentato qualunque genere narrativo con egual bravura, e anche in Metropolis non si era certo smentito. Nacque influenzato da opere cinematografiche, ma Metropolis restava comunque una storia sotto certi aspetti, ancora incompleta, a cui infine l'autore si ispirerà per dare alla luce in un lontano 1951 il più famoso ragazzo androide che l'animazione ricordi, continuamente festeggiato ed onorato in patria, Atom, da noi "Capitan Jet". Al giorno d'oggi, pensare che il valore dell'opera si basasse su quelli che Asimov chiamava Robots, risulta certo un pò riduttivo. In realtà, la sfida che resero grandi Metropolis e Atom, sarà quella di parlare di razzismo e i problemi sociali legati ad esso, prima che altri abbiano la stessa idea, attraverso il fumetto, e attraverso gli occhi di quelle che i meno attenti giudicano come macchine. Metropolis prese forma come una grande città, apice della tecnologia, abitata da uomini e robots. Tezuka non avrebbe mai immaginato che, quello che lui aveva raffigurato come una grande città, sarebbe stato rivisto e migliorato dalle moderne tecniche della computer grafica, trasformando così la piccola Metropolis, nella più sgargiante megalopoli che si riesca a concepire. Una meraviglia da vedere e da ascoltare sotto le note di un arrangiamento jazz che conferisce alla visione un gusto un pò retrò. Rintaro rideva pensando che Tezuka non avrebbe mai permesso una simile reinterpretazione della sua opera, ma alla luce dei fatti, quello che ci si appresta a vedere scegliendo "Metropolis" è molto più di quanto Osamu avrebbe mai potuto sognare o desiderare: e fin dal primo minuto di spettacolo, si viene catapultati in una realtà talmente ben riprodotta da essere credibile, una città immensa sviluppata su più livelli, altissimi grattacieli, nessuna traccia di povertà, luci sempre accese che costruiscono, sotto una pioggia di fuochi d'artificio, una città utopica, a misura d'uomo, estremamente realistica e dettagliata. Quando inizia il film non si riesce più a staccare gli occhi dallo schermo, un dirigibile bordeaux scivola silenzioso fra le vetrate a specchio e le strutture abitative. Il lavoro svolto dallo studio Mad House è sorprendente, tutto è animato, e anche se ben lontano dalla varietà di movimenti presenti nei personaggi di Biancaneve (Disney) non si può non restare sbalorditi, poichè... tutto, ogni cosa, persona, animale, si sta muovendo.E i puristi non possono che sorridere contemplando che le tradizionali tecniche in cell-works non sono state ancora totalmente schiacciate dalle nuove tecnlogie.

    Cell-Works e Computer Grafica

    Metropolis è stato un progetto davvero interessante, probabilmente è il film d'animazione che più si avvicina ai classici Disneyani, e questo per il modo in cui è stato realizzato.
    Per Metropolis, nonostante da tempo si faccia largo uso del computer
    nell'animazione orientale, è stato scelto infatti un mix, che avrebbe congiunto personaggi realizzati tradizionalmente con sfondi o elementi virtuali, ricreati attraverso la CG. La Mad House, pluri-rinomata per la sua bravura nell'animare e colorare anche tradizionalmente, è stata scelta per lo scopo, e difficilmente si sarebbe potuto trovare di meglio. Il risultato è sorprendente, sia per la raffinatezza dei movimenti, la completezza delle animazioni e la totale assenza di scatti o incertezze, sia per l'impresa tutt'altro che facile, di mantenere l'aspetto dei personaggi "Tezukiano" ripescando i suoi più famosi stereotipi e la sua particolarissima caratterizzazione somatica. Nonostante la città sia tanto concreta, si ha quindi un ritorno alla
    realtà, nel vedere questi buffi abitanti, con piedi simili a quelli di Topolino, vestiti con un'aria molto anni settanta, alcuni con occhi "tagliati" nello stesso identico modo di "Felix The Cat"
    o troppo tozzi o troppo slanciati per quel che concerne il fisico,
    abbozzati anche per i particolari del volto e degli abiti.
    Metropolis si anima letteralmente, il doppiaggio è sempre ad ottimi
    livelli, e non si può non sorridere vedendo alle volte le scelte tecnologiche caotiche e chiassose a cui si è ricorso per caratterizzare alcuni modelli di robot.
    Le macchine infatti sbuffano o si muovono non senza farsi percorrere da innaturali tremiti. Quello che alla fine darà un senso alla storia, il vero motore della vicenda, è Tima, un robot unico nel suo genere, perchè, non può essere confuso con gli altri della sua specie; una macchina dalle fattezze e dai sentimenti umani, quello che il film
    stesso definisce come "L'essere supremo".

    La Storia

    Racconta di Kenichi, un giovane ragazzo giapponese, che giunge in città assieme allo zio Shansoku Bon.
    Metropolis è un'utopia, dove le macchine svolgono tutti i compiti che
    l'uomo ritiene faticosi o fastidiosi, regalando così il benessere alle persone e più tempo per dedicarsi alla ricerca e lo sviluppo.
    I due si trovano lì per lavoro, in quanto lo zio di Kenichi è un
    investigatore che il Giappone ha condotto a Metropolis alla ricerca di uno scienziato criminale conosciuto con il nome di Dr. Laughton.
    Quando infine lo scovano, restano coinvolti in un misterioso incendio
    che ha lo scopo di distruggere tutti gli studi dello scienziato pazzo. Ultimo dei quali, è Tima, l'apice della tecnologia robotica (ma non
    solo) un droide di fattezze umane, tanto perfetto da poter essere scambiato per un essere vivente. Kenichi riesce a mettere Tima in salvo dalle fiamme, ma nell'incendio perde di vista lo zio, e finisce con lo smarrirsi nei livelli più profondi della città, direttamente collegati con le fogne. Tima, la cui memoria è stata cancellata da una apparente amnesia dovuta al suo prematuro risveglio, si trova catapultata suo malgrado, in un mondo nuovo, dove l'unico suo punto di riferimento è Kenichi. Così, costantemente braccati da Rock, agente di un importante organo esecutivo della città (ma anche la persona stessa che ha scatenato l'incendio del laboratorio desiderando la morte di Tima) devono fuggire in una città sconosciuta, alla ricerca di persone di cui fidarsi nella speranza di potersi ricongiungere allo zio.
    I due protagonisti, finiscono invece con il trovarsi nel mezzo di una
    violenta rivoluzione portata avanti dagli abitanti che vedono nei Robot una possibile minaccia alla loro stessa umanità. E che terminerà in un massacro premeditato dagli stessi potenti che controllano la megalopoli. Tima e Kenichi così iniziano a porsi domande sul perchè avvine tutto questo, fino a quando non vengono separati e imprigionati. Presto verrà svelato il mistero che gira attorno a Tima, il perchè sia stata progettata così simile agli esseri umani, e l'unico scopo per cui ha visto la luce.
    Con Tima, infatti, qualsiasi nazione della terra sarebbe costretta ad
    inchinarsi alla supremazia di Metropolis, sia dal punto di vista sociale, sia (più importante) da quello militare.
    E questo avverrà solo con la fase finale della creazione dell'Essere
    Supremo, nel momento stesso in cui Tima siederà infine sul suo trono, in cima alla Zigurratt, il più alto e importante grattacielo di Metropolis.

    Ma il Computer non è tutto ci sono anche i DVD

    Purtroppo, Metropolis non è a tutti gli effetti esente da difetti, come
    lo stesso Rintaro farà notare infatti, il giappone non ha ancora la capacità nè l'esperienza necessaria a manipolare in modo soddisfacente la CG.
    La parte più difficile, è quella di fondere la CG con la tradizionale
    animazione, il risultato è, seppur davvero notevole, ancora non del tutto sufficiente. Probabilmente per le strutture in Computer graphic, troppo complicate, e illuminate non sempre in modo convincente che non riescono a sposarsi bene al character design di Tezuka. Questo non deve certo distogliere dall'idea che Metropolis sia comunque
    un piccolo capolavoro, e che (hai visto mai) grazie a mamma Columbia, possiamo apprezzare addirittura in una versione DVD di pregevole fattura. Nella versione DVD, contenente due dischi (rispettivamente, il film, e i contenuti speciali) si possono esaminare le diverse fasi di lavorazione dell'interazione fra Cell-Works e computer necessitate per giungere al risultato finale del film completo.
    In particolare, è da notare come in questo frangente, l'animazione
    tradizionale, alle volte presenti delle lievi incertezze con mancanza di frame, praticamente impercettibili al nostro occhio, dato che gli elementi in movimento sullo schermo sono davvero infiniti.
    Il secondo DVD include oltre alle animazioni a confronto, una piccola
    ma graziosa gallery di Model Sheets e sketch B/N, ma probabilmente le vere "perle" del dischetto argentato sono i "dietro le quinte" e le interviste fatte a Rintaro e Otomo, simpatici e molto esaurienti su ogni domanda che possa nascere guardando il film.

    Metropolis Non c'è nulla da aggiungere, quando siamo usciti dalla sala, eravamo alquanto scossi, Metropolis cattura lo spettatore, dipinge in modo realistico una società inventata ma credibile, ed è difficile non notare le analogie con le divise tedesche dell'epoca. Un film alle volte lento, ma dolce, spensierato e attivo, violento e buffo. Un film da vedere, o da acquistare e costudire gelosamente. Metropolis, grazie al character tanto fedele a quello del suo padre, porta un'aria di freschezza, un modo nuovo di vedere la cinematografia orientale, un senso di nostalgia e inevitabilmente, il ricordo di un leoncino, una principessa dal lungo pennacchio, e di un piccolo bambino robot, con un cuore vero. Caldamente consigliato.

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