Intervista a Masahiro Ando, autore di Sword of the Stranger

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Il Future Film Festival che si è concluso lo scorso 1° febbraio ha dato l' occasione di conoscere da vicino uno dei più capaci e talentuosi registi di animazione giapponese qual' è Masahiro Ando, che con il suo Sword of the Stranger si è aggiudicato una soddisfacente menzione d' onore alla kermesse bolognese che metteva in evidenza i film animati più rappresentativi di ogni nazione partecipante.

L' intervista è stata realizzata dallo staff di ANIMECLICK, che in quei giorni era in trasferta per vedere più da vicino i film in concorso al Future Film Festival, naturalmente con un occhio di riguardo ai prodotti di animazione giapponese. Vi riportiamo il testo integrale rimandandovi alla fonte originale della notizia:

Dopo aver lavorato come animatore in numerosissimi lungometraggi e serie tv di fantascienza, alcuni diventati di culto, tra cui Metropolis, Ghost in the Shell e Neon Genesis Evangelion, come mai ha deciso di esordire alla regia con una storia ambientata nell'epoca dei samurai?

Be', io in realtà ho sempre avuto una passione per l'ambientazione storica e poi credo che, come hai detto bene, esistano già moltissime opere d'animazione di genere fantascientifico, alcune di grande successo. Forse anche per questo motivo ho pensato che sarebbe stato più originale cimentarsi con un fantasy, ambientato però in epoca medievale.

Quali sono i riferimenti che stanno alla base di Sword of the Stranger? Si tratta di una rivisitazione dei film in costume giapponese d'epoca classica (jidaigeki), in particolare del sottogenere del matatabi mono, incentrato su figure di samurai erranti come Zatoichi e Musashi Miyamoto? Oppure si tenta di ripercorre il successo di produzioni più recenti, come i wuxiapian cinesi, o di anime con protagonisti ronin come Kenshin?

No, in realtà credo di essermi ispirato più ai film d'azione che andavano di moda quando io ero ragazzino, circa venticinque anni fa. Le influenze di tutti i film e le serie televisive viste durante l'infanzia si sono sedimentate nel tempo e sono sfociate d'un tratto durante la realizzazione di Sword of the Stranger.

Le produzioni animate giapponesi sono tra le poche che resistono all'invasione del 3D e che vengono realizzate con le tecniche bidimensionali tradizionali, che - come si nota anche in Sword of the Stranger - consentono di raggiungere risultati ancora ineguagliabili sul piano del realismo e della ricchezza del dettaglio. Cosa pensa della computer animation? Ritiene che possa essere una risorsa creativa ulteriore o che finisca per omologare lo stile espressivo?

Innanzitutto credo che esistano dei bellissimi lungometraggi realizzati in grafica tridimensionale, per esempio Toy Story mi è piaciuto moltissimo, anche dal punto di vista del soggetto e della sceneggiatura. Guardo sempre con piacere e senza pregiudizi anche le produzioni in computer graphic, soprattutto di Pixar e Dremworks. Detto questo, per quanto riguarda le mie creazioni, io continuo a preferire l'animazione bidimensionale e a insistere con testardaggine sulle tecniche tradizionali, anche se dovessi rimanere l'unico al mondo a lavorare in questo modo! (ride) Mi occupo d'animazione ormai da vent'anni e spero di continuare a farlo per almeno altri vent'anni (o almeno per il resto del tempo che mi rimarrà da vivere) contando sempre sulle mie mani e praticando il disegno tradizionale. Piuttosto che mettere al centro delle produzioni esclusivamente l'animazione tridimensionale, penso che si possano integrare le due tecniche, come è accaduto anche per Sword of the Stranger, in cui il 3D funge da supporto e da ausilio in alcune scene particolarmente complesse.

Ciò che più colpisce nel suo film d'azione è l'ottima resa dei combattimenti, particolarmente fluidi e curati. Sono state impiegate delle tecniche particolari per la messa a punto delle animazioni?

In realtà è da molto tempo che desideravo realizzare delle scene d'azione del genere. Sono un po' il frutto dell'evoluzione del mio lavoro precedente come animatore e anche il risultato dell'ispirazione di tutte le opere apprezzate da giovane. Secondo me il fenomeno che di recente ha segnato uno spartiacque nella realizzazione delle coreografie d'azione è stato l'avvento di Matrix, in particolare nell'impiego della slow motion e della tecnica del bullet-time. Però mi sono sempre chiesto se si tratti per forza di un'evoluzione, oppure se fosse possibile fare riferimento a un'estetica di tipo diverso. Io ho sempre preferito un'impostazione più tradizionale, che ho cercato di riprodurre anche nel mio film. Ad esempio, fra le opere del post-Matrix che sono forse un po' sfuggite da questo schema di rappresentazione, ci sono secondo me Apocalypto di Mel Gibson e la serie di The Bourne Identity, che mi hanno favorevolmente colpito perché vi ho trovato un approccio simile al mio nei confronti dell'azione.

Quali sono le maggiori difficoltà nella realizzazione di un lungometraggio come regista?

Quando ero animatore bastava che disegnassi ciò che mi veniva chiesto e che facessi bene il mio lavoro. Invece la difficoltà più grande da affrontare come regista è di dirigere diversi dipartimenti per farli lavorare in maniera coordinata, e mi sono reso conto che è un lavoro davvero molto faticoso! In primo luogo è molto difficile spiegare bene cosa si ha in mente agli altri membri dello staff. Ancora più difficile, poi, è esprimere un giudizio sul lavoro dei tuoi collaboratori, soprattutto quando non ti convince e devi ordinare loro di rifare tutto daccapo!

Adesso vorrebbe continuare sulla strada della regia, sia per lungometraggi che per serie tv animate?

Sì, mi piacerebbe continuare a dirigere. Prima, come animatore, ricevevo un progetto da eseguire e la soddisfazione scaturiva quando realizzavo bene il mio lavoro. Adesso che sono passato dall'altra parte della barricata, sono responsabile anche nei confronti di chi lavora nel mio staff, ma ciò è un grande stimolo a fare meglio e a rendere soddisfatti i miei collaboratori.

Sta lavorando quindi a qualche nuovo progetto?

Sto realizzando una serie televisiva che dovrebbe essere trasmessa in estate in Giappone. Dopo di che c'è già in cantiere l'idea di realizzare un nuovo progetto originale per un'altra serie televisiva, della quale però non posso ancora dire nulla. Ma il mio desiderio è quello di tornare anche alla regia di un altro lungometraggio, perché è senza dubbio il formato che preferisco. Il mio genere prediletto rimane sempre l'azione e, se posso, mi piacerebbe, tra qualche anno, realizzare un altro action, magari con un approccio diverso. Ma i miei interessi sono spesso mutevoli, e dipendono da quello che guardo ultimamente. Ad esempio, quando ho visto The Dark Knight, ho pensato che mi sarebbe piaciuto realizzare una storia su un eroe oscuro.

Visto che lei ha lavorato con numerosi registi importanti, ritenuti oggi dei maestri dell'animazione - come Rintaro, Mamoru Oshii, Hideaki Anno, Shinichiro Watanabe - volevo sapere se c'era qualcuno a cui si sentiva più vicino o che considera come modello di riferimento.

Ho ricevuto insegnamenti importanti da tutti i registi con cui ho collaborato. In particolare quando ero ragazzo ho sempre guardato con grandissima ammirazione all'animazione dei film di Mamoru Oshii, quindi essere riuscito a lavorare con lui per Ghost in the Shell è stato un vero e proprio sogno che si avvera. Si tratta sicuramente dell'esperienza che mi ha dato di più.

Un'ultima curiosità: ho letto su internet che Sword of the Stranger sarà distribuito negli Stati Uniti solo per una notte. Come mai?

Il film è stato distribuito nei cinema americani per una settimana, durante l'estate scorsa. Invece è in programma per il 5 febbraio una notte di proiezioni in 400 sale, a conferma che Sword of the Stranger ha ottenuto un buon riscontro anche presso il pubblico statunitense.

Roberto Castrogiovanni