Lupin III, focus on Yamato Video sulla seconda serie animata di prossima uscita in DVD

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La prima volta è sempre quella buona. Nessuno di coloro che lavorarono alla prima serie di Lupin III (Rupan Sansei, 1971) poteva immaginare quanto il personaggio creato da Kazuhiko Kato, in arte Monkey Punch, avrebbe condizionato le loro vite. A partire dallo stesso disegnatore che, quando iniziò a realizzare le avventure dello scapestrato ladro nel 1967, non s’aspettava fortuna e gloria. In effetti il buon Kato in quegli anni non era ancora sbocciato professionalmente e il suo manga viveva ai margini del fumetto giapponese mainstream. Troppo adulto, troppo pestifero: ambasciatore di una carica erotica in perfetta sintonia con la rivoluzione sessuale di quei tempi. Ma poi arriveranno le serie televisive. E tutto è destinato a cambiare.

Con l'uscita del super-cofanetto in DVD che raccoglie l'intera seconda serie di Lupin III, altresì nota come Le nuove avventure di Lupin III, si rende urgente una rivisitazione in chiave nostalgica di quella che, a nostro giudizio, è una delle cose meglio riuscite in Giappone negli anni '70. Vi diamo 5 ottime ragioni per amare incondizionatamente Lupin III in giacca rossa, la sua gang e l'inseguitore ufficiale Zazà, al secolo l'ispettore Koichi Zenigata, che ce la mette proprio tutta per catturare il suo avversario, rimediando però sconfitte e colossali figuracce. Sotto gli occhi vigili di Monkey Punch, che un po' s'appassionò un po' se la prese per le sorti artistiche della sua creatura, e ancora non sa spiegarne le ragioni del successo.

Uno. Fa' un passo indietro e riguardati la prima serie.
Tutto cominciò da lì. O meglio, dal pilot ideato nel 1969 da Gisaburo Sugii e Tsutomu Shibayama che avrebbe dovuto sfidare le convenzioni dell'animazione. Ma i tempi erano prematuri per l'industria, e il pubblico televisivo di riferimento era ancora nelle mani dei ragazzini. I cui soldini dovevano arricchire gli sponsor che con le serie animate, e non solo, facevano affari d'oro. Fatto sta che Lupin in televisione ci arrivò soltanto nel 1971, con uno staff capitanato dal regista Masaaki Oosumi (gran rivoluzionario), Yasuo Otsuka alle animazioni (gran rivoluzionario pure lui che era fuggito da Toei sbattendo la porta) e una coppia formata da un maestro e un allievo che sarebbero entrati a fare parte del famigerato "Comitato di Regia di A-Pro" una volta allontanato Oosumi. In due parole: Takahata-Miyazaki, che rivoluzionari lo erano per davvero. C'è un po' di gente, all'interno dello staff di animatori, che diventerà topic di riferimento in merito alla seconda serie. Un nome su tutti: quel geniaccio di Yuzo Aoki, all'epoca ventenne.

Due. Tutto un nuovo Lupin.
L'entrata in scena non è in punta di piedi. Dopo il finale shock della prima serie, una reunion coi fiocchi attende Lupin e soci "cinque anni dopo" l'ultima avventura. In giapponese il ritorno di Lupin è indicato come "apparizione audace", a bordo di un transatlantico che cela nelle viscere d'acciaio un antico nemico. Audace è il nuovo look, a partire dalla giacchetta rossa, che si voleva far indossare già nella prima serie, realizzato da Takeo Kitahara: uno di coloro che c'erano la prima volta e che trasformerà deliberatamente il design grafico di Tsubayama (pilot) e Otsuka (serie 1971), dando a Lupin un aspetto a metà tra l'adorabile idiota e il cool. A dargli una mano, Takashi Asakura, pure lui nella prima stagione e dotato di un graffio beffardo che ci piace ancora molto. Audace è la formula studiata da TMS per indurre il personaggio in tentazione: niente legami con il fumetto di partenza, respiro internazionale nella scrittura degli episodi (in pratica a Lupin fanno fare il giro del mondo), contaminazione con tutti i generi narrativi a disposizione, ma soprattutto contaminazione con tutto ciò che poteva essere considerato pop o lo era già (personaggi del cinema o della televisione, prodotti di consumo e manie, croste da museo come la Gioconda di Da Vinci, i quadri di Dalì o le collezioni Ukiyo-e). Gran parata di personaggi storici all'appello, da Napoleone a Hitler - quest'ultimo persino in chiave parodica con citazione diretta da Il grande dittatore di Chaplin (ep. 20, Lupin in trappola) o ricordato da ex attendente smemorato (ep. 3, L'eredità di Hitler). Senza dimenticare i defunti di rango: da Tutankhamon (ep. 7) alle statue di cera delle celebrità collezionate da Madame X (ep. 59). Oppure i personaggi noti ai soli fan di animazione. L'omaggio a Superman per esempio non regge il confronto con l'episodio Folle amore a Versailles (ep. 101), dove riappare madamigella Oscar, inquilina televisiva di Tokyo Movie Shinsha. Un inseguitore d'eccezione è il celebre Saiyuki già celebrato da Tezuka e rielaborato nell'episodio 67 intitolato Il lungo viaggio in Oriente. Ben accette pure le tracimazioni nell'impensabile con Lupin che diventa una sposa (ep. 42) o Zenigata insidiato da un sultano nel deserto. La seconda serie debuttò il 3 ottobre 1977, per concludersi tre anni più tardi nel 1980 dopo 155 episodi. Per TMS si trattò di un successo clamoroso, lo share spiccò il volo conquistando percentuali inaspettate per una serie animata (risarcimento postumo visto l'insuccesso della prima stagione?) e in mezzo trovarono posto addirittura due lungometraggi: La pietra della saggezza (1978) e Il castello di Cagliostro (1979). Ciliegina sulla torta, le musiche a tutto jazz di Yuji Ohno che restano l'altra cosa più hot degli anni '70 in Giappone. Da noi i fan di prima generazione hanno avuto l'onore di ascoltare Castellina Pasi ("Chi lo sa che faccia ha, chissà chi è, tutti sanno che si chiama... Lupin!"). Che classe. Alla faccia degli otaku-voglio-i-credits-originali-con-le-scritte-e-tutto-il-resto.

Tre. Lo staff dei sogni
L'unione fa la forza è un adagio che mal si adatta alla vita animata del Lupin in giacchetta rossa. Come spesso è accaduto ad alcune serie animate, è la personalità (e la mano) del singolo animatore a lasciare il segno. Tokyo Movie Shinsha non è mai stata a corto di animatori di livello, né di registi provenienti dalle migliore scuole di vita (Toei, Shin Ei Animation, eccetera). Ha avuto però l'accortezza di possedere studi satelliti che talvolta han fatto la differenza. Affidare parte del lavoraccio a società come Telecom Animation Studio, Topcraft e Oh Production ha decisamente reso Lupin III vincente su tutta la linea. Sia nella gestione della serie 2, sia per l'eredità raccolta poi da film e speciali televisivi. Vi diciamo subito i nomi del cuore che occorre ricordare: Kazuhide Tomonaga, che da Oh Production passerà in Telecom; Atsuko Tanaka, animatrice jolly che Isao Takahata saprà mettere alla prova nei suoi film (pure nel documentario Yanagawa Horiwari Monogatari facendole animare il minuscolo inserto animato); Tsukasa Tannai, impiegato da Miyazaki in Laputa; Nobuo Tomizawa, altro grande nome di Telecom; Masako Shinohara, altra vecchia conoscenza in Cagliostro. Ognuno portatore di dote singolare. Tomonaga era abbonato a dinamicità estreme, e la scena iniziale dell'inseguimento in Cagliostro ne è la prova. In Lupin III lo troviamo nel primo blocco di episodi, affidati a Oh Production. Sono dozzine gli episodi realizzati che andrebbero ricordati, sia per l'inventiva nelle animazioni sia per l'elevato tasso ironico. Uno dei nostri preferiti resta l'episodio 98, La morte di Zazà. Ma qui siamo già in territorio Telecom. Il cui debutto nella serie avviene con la puntata numero 77 che per la verità non soddisfò Otsuka, chiamato a rimettere in sesto lo studio. Diciamo pure che saprà fare miracoli. Più banalmente: Otsuka seppe scegliere gli artisti giusti, al momento giusto. Il "Telecom touch" giunge propizio poco prima che Miyazaki diriga Cagliostro, e ne eredita poi la passione per il dettaglio, i volti così diversi rispetto all'esordio e una qualità delle animazioni che superava senza troppi problemi i 7000 disegni a episodio. I nostri preferiti: Il duello di Jigen (ep. 99) con una costruzione narrativa capolavoro; Rapina alla banca di Miami (ep. 143); Albatross le ali della morte (ep. 145); Il tranello mortale (ep. 151) con Tominaga di nuovo all'arrembaggio; il formidabile Denaro dal paradiso (ep. 153) dove troviamo una suora simil-Clarisse, gli splendidi paesaggi alpini e il tormentone del lassativo. Chiude la parata l'episodio 155, Anche i ladri amano la pace. Non occorre spiegare perché.

Quattro. Yuzo Aoki: santo subito
Si riconosce all'istante, Yuzo Aoki. Spesso si commette l'imperdonabile errore di celebrare i soliti noti. Eppure di questo animatore geniale, cresciuto all'ombra di Tsutomu Shibayama, si parla poco. O meglio, non gli si riconosce il merito d'aver dettato le regole dell'animazione che conta, al pari di un Yoshinori Kanada o del sommo poeta degli sguardi Kazuo Komatsubara. Presente fin dal principio, Aoki dà il meglio di sé con la serie 2, si occupa del primo film La pietra della saggezza e getta le basi dello stravolgimento estetico che toccherà la serie 3 (1984-1985), quella con giacca rosa perché andava di moda fra gli stranieri in Giappone e un design più simile allo stile di Monkey Punch. Per quanto riguarda la seconda serie, il suo contributo è da fenomeni. Non solo si occupa delle animazioni, ma compie quanto segue: disegna gli storyboard di una ventina di episodi trovando nel regista Shigetsugu Yoshida un complice altrettanto in gamba; ne disegna interamente uno (La legione straniera, ep. 30) e realizza il quarto opening secondo il suo gusto visionario. Riconoscibile per il tratto grottesco che investe i personaggi, vedere il citato episodio La legione straniera o gli episodi della cosiddetta trilogia di Broadway ambientati fra gangster, pupe svampite e afroamericani che cambiano volto con miracolosa gomma americana. Il segreto è usare pochi disegni per le animazioni, giocando con movimenti inconsulti, scattanti o al limite del fermo-immagine. Il vertice assoluto del suo operato è l'episodio Ispettore innamorato (ep. 69). Un autentico capolavoro.

Cinque. E alla fine arrivò Miyazaki
Come per Lupin al primo episodio, il ritorno di Miyazaki è apparizione audace di una vecchia canaglia che ha già in serbo parecchio del futuro repertorio. L'intervento in Cagliostro ha trasformato il ladro gentiluomo in personaggio delle fiabe (il principe azzurro) e la generale gentilezza del film - con i suoi paesaggi immacolati e gli sguardi dei nostri eroi superdolcificanti - hanno influenzato il blocco conclusivo della seconda serie. Yasuo Otsuka rese Miya-san una celebrità grazie alla scelta di piazzarlo alla regia del film, il favore fu restituito con gli interessi facendo lievitare la qualità dell'anime che ci guadagnò in share. Miyazaki torna ma si firmò con pseudonimo (Telecom). Stupendo l'episodio 145. Parla di atomica a bordo di un nuovo "Gigante", con Fujiko svestita sulla poltrona di vimini come Sylvia Cristel in Emmanuelle (1974) e spettacolari scene di combattimento fra i cieli. Il copione si ripete con l'episodio 155: un robot (prelevato dal cartoon Superman) semina il panico nella città di Tokyo. Tante visione future: l'eroina Maki esalta i personaggi femminili dai capelli rossicci e il robot tornerà tale e quale in Laputa.