Sogno o realtà? Riflessioni Panini!

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Un comunicato da Panini Comics:Sul finire del XIX secolo, Jules Verne anticipò nei suoi romanzi numerose scoperte scientifiche che per l'epoca erano considerate mera fantasia, e che nondimeno di lì a qualche decennio trovarono piena e rigorosa realizzazione, fondando in maniera inappellabile proprio su quel metodo scientifico che fino a cinquant'anni prima le aveva categoricamente escluse.

Oggi la letteratura fantascientifica non opera qualcosa di molto diverso, anche se al posto dei sottomarini abbiamo le navi spaziali, e al posto dei carri armati abbiamo delle armature da combattimento, o persino dei robot. Infatti per quale recondito motivo non dovremmo considerare il fumetto come una importante componente della narrativa popolare?
Nel 1959, con "Fanteria dello Spazio", Robert A. Heinlein introduceva nella letteratura fantascientifica un topos narrativo con cui molti di noi hanno ormai dimestichezza, grazie ai cartoni e ai manga giapponesi. Si tratta della "tuta potenziata", strumento che assume le forme di un enorme scafandro, utilizzabile anche come tuta spaziale, che permetteva al soldato di essere lanciato direttamente dalle astronavi sul campo di battaglia, aumentandone all'infinito le prestazioni belliche. Una serie di sensori e di circuiti complessi aumentava i movimenti di chi la indossava, permettendo di compiere salti di decine di metri, di planare per brevi tratti grazie alla propulsione di razzi, e di dotare un singolo uomo della potenza di un intero battaglione di soldati "vecchio stampo", grazie alla presenza fra le armi in dotazione della tutta di lanciafiamme, armi atomiche, gas e quant'altro. Vi ricorda qualcosa? Jun Shindo con
RED EYES non sta in fondo proponendo qualcosa di assai diverso. E che gli eserciti di mezzo mondo stiano lavorando ormai su tute atte a potenziare le prestazioni umane non è più un mistero da tempo.
Ma possiamo spingerci ancora più oltre. Perché nella madrepatria del fumetto orientale si sta da decenni lavorando alacremente per scoprire quali siano i limiti e le potenzialità di una branca della tecnologia che in altre parti del mondo spesso passa in secondo piano come "fantascienza": la robotica. Alla fine del 1945, un Giappone sconfitto accettò un trattato di pace per cui gli era imposto di non ricreare mai più un esercito con cui poter minacciare i suoi vicini. Gli era praticamente proibita la possibilità di fare una guerra. Eppure con gli anni l'articolo IX della costituzione fu rivisto e reinterpretato, e si capì che se era proibito attaccare, non era proibito difendersi. Ripresero quindi le ricerche scientifiche a fini bellici, avallate dall'incredibile sviluppo economico e tecnologico che il Giappone aveva raggiunto fra gli anni '60 e '70.
La robotica in Giappone è a oggi avanti di diversi anni rispetto alle nostre conoscenze. Cani meccanici che fanno le feste, androidi che automaticamente sono capaci di rinoscere le asperità dell'ambiente attorno a loro e di salire una rampa di scale, robot che giocano a calcio e simulano altre prestazioni fisiche.
Stando ad alcune notizie recenti, il Ministero della Difesa Giapponese starebbe finanziando numerose ricerche al fine di trasportare tali scoperte di robotica nelle applicazioni belliche, quali ad esempio automi da combattimento o tute "walker suit" simili a quelle descritte da Heinlein.
In fin dei conti anche Hollywood ci ha più di una volta dimostrato che la fantascienza e la realtà non sono ormai così lontane e cominciano a raggiungere un punto di contatto. Se è possibile pensare che nel mondo della cinematografia esistano dinosauri alti diversi metri, comandabili a distanza e i cui movimenti sono regolati da pistoni idraulici di migliaia di cavalli vapore, forse allora le nostre reticenze su un futuro a portata di mano potrebbero cominciare a vacillare.
Da anni vediamo e ammiriamo i mobile suit di
GUNDAM, e non possiamo fare a meno di pensare che forse un giorno oltre che nei fumetti e nelle televisioni potremmo vederli all'opera a qualche metro dal balcone di casa nostra, magari mentre ristrutturano un palazzo, o spengono un incendio.
Forse è ancora prematuro parlare di argomenti così delicati, ma chi mai avrebbe supposto nel 1870, leggendo la prima edizione di "20.000 leghe sotto i mari", che nel 1958 un sottomarino dal nome Nautilus, gioiello a propulsione nucleare della marina americana, sarebbe effettivamente stato in grado di eguagliare le mirabolanti azioni del Capitano Nemo?