Dossier Anigames

I videogiochi di anime sono diventati ormai cosa comune e in questo dossier ce ne occuperemo...

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Anigames

Il mondo dell' animazione ( e in particolare la produzione Giapponese di questo settore: gli Anime) e quello dei videogiochi hanno avuto sempre molti punti in comune. Le ragioni della comunanza tra questi settori- che possono tranquillamente definirsi più propriamente arte- si basa su più fattori. Tra i tanti motivi che hanno da sempre avvicinato queste due forme di certa "creatività umana", c'e' sicuramente il fatto che entrambe rappresentano un' intrattenimento rivolto ad un pubblico giovane, e che entrambe si propongono- sebbene attraverso vie differenti - di stimolare la fantasia e di renderci partecipi di un mondo fantastico; se poi aggiungiamo che anime e videogames ( in larga parte, almeno se si considerano gli ultimi 10 anni ) hanno in comune la patria d'origine ( ovvero il Giappone), tutto quadra. Nonostante queste caratteristiche hanno incominciato a influenzarsi vicendevolmente solo da pochi anni. I cammini intrapresi infatti differiscono notevolmente sul piano temporale: mentre gli anime hanno una storia quasi secolare ( difficile stabilire una data convenzionale ma il 1918 verrà ricordato per la prima proiezione del film di Seitaro Kitayama dal titolo Momotaro sui grandi schermi del vecchio continente) i videogiochi hanno cominciato a diffondersi in tutto il pianeta a partire dagli anni 70' ( è il 1972 e Nolan Bubshnell, fondatore dell'Atari, inventa un gioco in cui due asticelle in bianco e nero colpiscono quella che dovrebbe essere una pallina...è nato Pong) e sebbene le loro origini non siano esattamente nipponiche è indubbio che il sol levante sia la nazione che più di ogni altra ha contribuito al loro sviluppo ed evoluzione .

Anni '80

Queste le origini, ma se vogliamo ricercare i primi segni tangibili di una reciproca influenza bisogna spostare le lancette dell' orologio ancora piu' avanti tra la seconda metà degli anni 80' e l' inizio degli anni 90'...l' epoca degli 8bit. E' infatti con gli 8bit di casa nintendo e sega ( rispettivamente il Nes, e il Master System...senza dimenticare il Game Boy e GameGear) che il progresso tecnologico delle console offre alle Software house nipponiche l'oppurtunità di pubblicare i primi giochi ispirati a serie animate con un comparto grafico che si avvicina molto a quellodi films, O.A.V e produzioni per il piccolo e grande schermo. Ogniqualvolta il successo arride all' anime la conversione videoludica è praticamente certa. Bisogna comunque precisare che si tratta di un fenomeno che ha soltanto sfiorato l' America e l' Europa, in quanto i titoli che sono stati immessi nel mercato occidentale si contano sulle dita di una mano e inoltre solo in questi ultimi anni sta assistendo ad una parziale cambiamento di strategia da parte delle grandi software house sempre meno restie all' importazione di questo tipo di "anigames" in altri mercati. Tra gli anime piu' famosi dell' epoca che avranno l' onore di essere convertiti per il mercato videoludico ricordiamo: Devilman, Lupin the third, Maison Ikkoku, Saint Seya, Hokuto no ken e Dragonball. Il grande successo di vendite di questi giochi ( sebbene- vista l' epoca- tecnicamente tutt' altro che eccelsi ) è dovuto al desiderio di impersonare - seppur virtualmente- i panni dei propri beniamini e dei propri eroi animati. Chi dopo aver guardato una puntata di Hokuto no Ken non vorrebbe armarsi di joypad e massacrare Raul nelle vesti del guerriero più famoso della storia? La grandissima novità che introducono questi titoli sta essenzialmente in questo: mentre l' anime ti "costringe" a seguire il binario tracciato dagli sceneggiatori relegando il pubblico a ruolo di osservatore passivo, il videogioco offrè la possibilità di uscire da quei binari e- sempre entro limiti abbastanza ristretti- di vedere realizzate le proprie ambizioni, di avere un ruolo finalmente attivo, quasi di riscriverne la storia.

Anni '90

La musica non cambia col passare del tempo e anzi, con l' arrivo delle console a 16bit ( Supernes e Megadrive) il fenomeno assume proporzioni ancora maggiori. Siamo agli inizi degli anni 90' e ormai i videogiochi hanno assunto portata planetaria ( portata che viene di fatto assunta anche dagli anime sebbene la loro conquista dell'occidente fosse già cominciata negli anni 70'). Il Supernes è ancora oggi la macchina da gioco con il maggior numero di titoli ispirati a cartoni animati: Slam Dunk, Sailor Moon, Capitan Tsubasa, Dragonball, Yu Yu Hakusho, Sakura e moltissimi altri. Si tratta di Platform, Picchiaduro, Gdr e Simulazioni sportive il cui livello qualitativo continua a mantenersi piuttosto basso rispetto ad altre produzioni "originali" e alla controparte animata, ma nonostante questa mancanza di qualità spopolano. In effetti offrono innumerevoli vantaggi anche per i programmatori: l'avere personaggi già pronti, famosi e caratterialmente ben resi, il riciclaggio senza mezzi termini del loro background senza necessità di trovate particolarmente originali e l' immediatà visibilità commerciale del prodotto. Ovviamente tutti, al grido di " otteniamo il maggior profitto col minimo sforzo" si adeguano! Visto il successo dei suddetti videogames cominciano ad apparire i primi esperimenti di processo inverso. Sonic e Mario, le mascotte dei due marchi piu' famosi dell' epoca fanno il loro debutto. Hanno anche loro una seria animata ispirata più o meno fedelmente alle loro memorabili avventure.

Next Place

Giunge l' era delle consoles di nuova generazione ( Psx, Ps2, Saturn, Dreamcast, Nintendo 64) e l'uscita per il mercato occidentale di anigames assume regolarità come mai si era visto prima( Gundam, Evangelion, Cowboy Bebop, InuYasha, Trigun, Nadesico, Blue Submarine, Record of Lodoss War, Orphen... solo per citarne alcuni). Accanto a questo fenomeno ormai consolidato viene consolidato appieno il fenomeno inverso ( che- come abbiamo ricordato- aveva avuto come pionieri Sonic e Mario).Serie animate di Street Fighter, Fatal Fury, Art of Fighting, Samurai Shodown, Power Stone e gli stessi Pokemon rappresentano la novità, capace in un certo senso anche di rinvigorire il mondo dell'animazione giapponese. Tutto questo a prima vista appare come ovvio corollario di un percorso comune che è destinato ad intrecciare il destino di anime e videogames sempre di più, non deve però entusiasmarci troppo... anzi. Sebbene azzeccatissime, dal punto di vista commerciale, queste produzioni soffrono di una costante carenza di originalità ( in parte causata dalla necessità di seguire, in un modo o nell' altro il sentiero tracciato dal gioco a cui si ispirano) e finisce per offrire agli spettatori una latente senzazione di deja vu. Le ragioni di questa nuova tendenza vanno anche ricercate nella carenza di nuove idee che sembra aver colpito l'animazione nipponica degli ultimi anni. La transposizione di serie videoludiche di successo in forma animata ha permesso alla Bandai, o alla Banpresto, di espandere i propri mercati provocando però un graduale esaurimento di quella vena creativa e quella capacità di sperimentazione che ha costituito il vero punto di forza dell' animazione giapponese rispetto alla controparte americana.