Nell'attesa dei nuovi episodi di Jujutsu Kaisen, attualmente in pausa, proviamo a tirare le somme sulle prime uscite della seconda stagione da poco disponibile su Crunchyroll, analizzando quella che di fatto è una lunga retrospettiva sulla nascita del Satoru Gojo che conosciamo e su ciò che ha portato Suguru Geto a divenire uno stregone nero e opporsi all'Istituto di Arti Occulte nel prequel cinematografico Jujutsu Kaisen - 0 (eccovi la recensione di Jujutsu Kaisen Stagione 1 e la recensione di Jujutsu Kaisen 0).
Gojo e Geto in missione per la salvezza del mondo
I primi episodi della nuova stagione sono un flashback che vede i giovani e promettenti Gojo e Geto occuparsi di una spinosa missione di scorta, implicandoli nella protezione a tutti i costi di Riko Amanai, adolescente prescelta destinata a fondersi con il Sommo Tengen, "Ventre del Fluido Astrale" deputato ad ospitare il potere dello stregone immortale e salvaguardare l'ordine, il fragile equilibrio tra umani e spiriti maledetti. Amanai è indispensabile alla non-evoluzione di Tengen, necessaria per scongiurare la perdita della sua umanità e l'assottigliamento dei confini delimitanti i due mondi.
Per l'Istituto di Arti Occulte, per i due studenti modello tutti gli sforzi sono finalizzati ad evitare la collisione, ad esorcizzare lo scoperchiamento e il riversamento del "fluido maledetto" sul mondo sensibile. Mire diametralmente opposte quelle dei seguaci di "Q" e della Setta della Ruota Astrale, adoratori del Sommo Tengen, promotori di un'idolatria cieca e sconsiderata, fautori dell'ascesa, della deificazione dello stregone.
Il flashback è un importante approfondimento sulle dinamiche del mondo maledetto di Jujutsu Kaisen, sulla venalità degli stregoni/mercenari, sulle visioni antitetiche delle fazioni, dei gruppi umani, sulla proliferazione, verosimile per quanto fantastica, di ideologie che abbracciano o rifiutano la compenetrazione tra i due mondi, che auspicano l'armonia o il caos, la separazione o l'unione.
Una dicotomia che si rispecchia nell'intrigante dualismo tra il prodigio possessore dei Sei Occhi e il manipolatore di spiriti maledetti. Gojo e Geto non potrebbero essere più diversi (lo sono persino esteticamente nella netta opposizione cromatica).
Parlando ancora di ordine e di disordine, di concezioni divergenti, i due compagni chiariscono fin da subito la loro posizione e lasciano un eco della loro inconciliabilità: per Geto "la stregoneria esiste per il bene di chi non sa usarla" (cambierà presto idea), per Gojo "imbrigliare la forza con logica e responsabilità è una cosa che fanno i deboli". Il futuro stregone nero è, ironia della sorte, convinto sostenitore dell'utilizzo disinteressato dei poteri, al servizio dei più deboli, dello stregone come detentore di un dominio vigilatore, come guardiano e protettore. Una facoltà ordinatrice, "domatrice" che si riflette sulla sua tendenza ad inglobare e "addomesticare" le maledizioni, a manipolarle per veicolarne le azioni in intenti nobili. Lo sfrontato Gojo, invece, crede nell'utilizzo libero, senza limitazioni, nell'individualismo della sperimentazione e nello sprigionamento del proprio potenziale, che reputa diritto inalienabile.
Che i due abbiano caratteri e modi opposti è poi sia la diretta conseguenza che l'ulteriore prova delle vedute conflittuali. Suguru è formale, contenuto, ingessato. Satoru è genio e sregolatezza, sopra le righe, mai serio e dedito alla derisione, indifferente circa le conseguenze delle proprie azioni e insofferente agli ordini diretti dei superiori. Gojo è ed accoglie l'eccesso, è paladino dell'espressione pura e, quindi, deregolamentata, totale e, dunque, selvaggia.
La genesi dell'eroe e del villain
I primi episodi di Jujutsu Kaisen 2 raccontano, prima di tutto, la genesi di due mostri: di uno scherzo della natura, un vero e proprio freak nella sua superiorità sublime e manifesta e di un suprematista stregone fuori di sé.
È la genesi dell'eroe Satoru Gojo e del villain Suguru Geto e l'anime gioca sulle inclinazioni che ingannano, che parrebbero preannunciare un destino diverso per i due. Ma il primo vive il suo turning point da stregone più forte, il momento dell'evoluzione, di contatto profondo con l'universo, di connessione con la natura: è la sua epifania, l'esplosione del potenziale incanalato, la sua elevazione estatica. All'amico tocca una traiettoria meno esaltante: la disillusione lo stravolge, il dissidio interiore lo consuma. Il processo di decomposizione e rimpiazzo dell'ideologia è completo. È la germinazione di un'idea folle, che germoglia anelando un "step successivo" per la vita sulla terra che si fondi sul terrore, sul massacro, sul genocidio. Mutamenti profondi che ruotano attorno ad un evento cardine, all'esito della missione assegnatagli e al confronto con Toji Fushiguro (fu Zenin), vero e proprio agente scatenante per Gojo e Geto.
Lo scontro tra il padre di Megumi e i due pupilli dell'Istituto è uno dei più significativi dell'anime e si trascina conseguenze reali e ingenti nel presente di Itadori. Un combattimento che avviene a coronamento di un arco dal ritmo serrato, che non risparmia fasi di distensione utili alla consolidazione dei rapporti tra i protettori e la protetta Amanai, ma che sfrutta l'espediente della "missione di scorta" e della "corsa contro il tempo" per ravvicinare e velocizzare gli avvenimenti, per incrementare il tasso action.
Se il carattere della missione risulta ideale per rendere i protagonisti il centro, ad alimentare una certa dinamica che vede i nemici rincorrere gli eroi, avvicinarglisi, ingaggiare duelli (ad armi impari fino alla venuta di Fushiguro), i tempi d'azione ristretti degli inseguitori contribuiscono a potenziare il vortice impazzito, a velocizzare la narrazione.
Gli eroi calamitano imboscate, rapimenti, minacce. Toji attende, paziente, nell'ombra, invisibile (lui che è privo di energia malefica). Tutto esplode in un climax ben annunciato, preparato con misura ed accortezza. Un arco che avrebbe funzionato sul grande schermo forse persino più del prequel con protagonista Yuta Okkotsu, sia per la caratterizzazione e la marcata evoluzione dei personaggi principali, sia per un antagonista carismatico, "massacratore di stregoni" dalle motivazioni atipiche, emblema dello stregone mercenario, simbolo di un mondo che dietro malefiche macchinazioni nasconde la cara vecchia sete di denaro.
Da non trascurare nemmeno una struttura e un tempo narrativo che ben si presta alla forma del lungometraggio (in fondo la vicenda nella sua interezza copre circa 100 minuti, durata ideale per un film animato). Insomma, la scelta di MAPPA è conforme alla disposizione narrativa voluta da Gege Akutami, ma l'aderenza assoluta alle scelte produttive del manga potrebbe questa volta non essere favorevole al cambio di medium: la seconda stagione potrebbe dare l'impressione di contenere dentro di sé due storie parzialmente slegate seppure consecutive e consequenziali (la pausa in questo senso è quasi provvidenziale).
L'eredità di Chainsaw Man
Detto ciò, risulta difficile imputare allo studio d'animazione ulteriori mancanze o debolezze. Dal punto di vista tecnico Jujutsu Kaisen compie un passo avanti nelle scelte registiche, nel character-acting e nella cura dei dettagli ambientali, uno indietro nel character-design, meno incisivo, più morbido e depurato.
Elementi in realtà complementari, bilancianti un'animazione che vuole essere più realistica, tenta di involucrare i suoi personaggi in un ambiente tridimensionale, concreto, "abitabile", vivo come i suoi ospiti, che MAPPA cerca di rappresentare visivamente in tutto il loro ventaglio espressivo (ed emotivo) vincendo anche in questo caso il confronto con la prima stagione. Il cambio di direzione è ovviamente legato ad importanti modifiche nello staff della serie, su tutte i reclutamento di Shouta Goshozono, subentrato alla regia dell'anime e vero responsabile della nuova veste visiva, della freschezza e della cinematograficità della messa in scena. Scrivendo circa l'episodio 8 di Chainsaw Man, diretto da "Gosso", si era già notata una perizia tecnica non indifferente nei movimenti di macchina sempre espressivi e audaci, estensione significante del narrato. In fondo, l'ottavo episodio dell'altra produzione MAPPA per eccellenza costituiva il picco registico della serie sul Diavolo Motosega, e che la scelta di una ripartenza sia ricaduta sul talento di Goshozono è affare condivisibile e inappuntabile.
Insomma, le prime battute della seconda stagione di Jujutsu Kaisen non possono che lasciare soddisfatti per la gestione oculata dei tempi e dei personaggi, per la chimica irresistibile tra due personalità eccentriche (quelle di Gojo e Geto) che producono scintille per la distanza ideologica e siparietti da buddy movie per la sintonia innata, per un ritratto forse ancor più spietato di un mondo corruttibile e minaccioso, in cui l'atto eroico fallisce e quello violento, malefico, può avere la meglio.
Jujutsu Kaisen 2: la nuova stagione cambia e convince
Jujutsu Kaisen torna con una stagione che parte forte catapultandoci nei concitati eventi che hanno forgiato il personaggio più amato: Satoru Gojo.
Nell'attesa dei nuovi episodi di Jujutsu Kaisen, attualmente in pausa, proviamo a tirare le somme sulle prime uscite della seconda stagione da poco disponibile su Crunchyroll, analizzando quella che di fatto è una lunga retrospettiva sulla nascita del Satoru Gojo che conosciamo e su ciò che ha portato Suguru Geto a divenire uno stregone nero e opporsi all'Istituto di Arti Occulte nel prequel cinematografico Jujutsu Kaisen - 0 (eccovi la recensione di Jujutsu Kaisen Stagione 1 e la recensione di Jujutsu Kaisen 0).
Gojo e Geto in missione per la salvezza del mondo
I primi episodi della nuova stagione sono un flashback che vede i giovani e promettenti Gojo e Geto occuparsi di una spinosa missione di scorta, implicandoli nella protezione a tutti i costi di Riko Amanai, adolescente prescelta destinata a fondersi con il Sommo Tengen, "Ventre del Fluido Astrale" deputato ad ospitare il potere dello stregone immortale e salvaguardare l'ordine, il fragile equilibrio tra umani e spiriti maledetti. Amanai è indispensabile alla non-evoluzione di Tengen, necessaria per scongiurare la perdita della sua umanità e l'assottigliamento dei confini delimitanti i due mondi.
Per l'Istituto di Arti Occulte, per i due studenti modello tutti gli sforzi sono finalizzati ad evitare la collisione, ad esorcizzare lo scoperchiamento e il riversamento del "fluido maledetto" sul mondo sensibile. Mire diametralmente opposte quelle dei seguaci di "Q" e della Setta della Ruota Astrale, adoratori del Sommo Tengen, promotori di un'idolatria cieca e sconsiderata, fautori dell'ascesa, della deificazione dello stregone.
Il flashback è un importante approfondimento sulle dinamiche del mondo maledetto di Jujutsu Kaisen, sulla venalità degli stregoni/mercenari, sulle visioni antitetiche delle fazioni, dei gruppi umani, sulla proliferazione, verosimile per quanto fantastica, di ideologie che abbracciano o rifiutano la compenetrazione tra i due mondi, che auspicano l'armonia o il caos, la separazione o l'unione.
Una dicotomia che si rispecchia nell'intrigante dualismo tra il prodigio possessore dei Sei Occhi e il manipolatore di spiriti maledetti. Gojo e Geto non potrebbero essere più diversi (lo sono persino esteticamente nella netta opposizione cromatica).
Parlando ancora di ordine e di disordine, di concezioni divergenti, i due compagni chiariscono fin da subito la loro posizione e lasciano un eco della loro inconciliabilità: per Geto "la stregoneria esiste per il bene di chi non sa usarla" (cambierà presto idea), per Gojo "imbrigliare la forza con logica e responsabilità è una cosa che fanno i deboli". Il futuro stregone nero è, ironia della sorte, convinto sostenitore dell'utilizzo disinteressato dei poteri, al servizio dei più deboli, dello stregone come detentore di un dominio vigilatore, come guardiano e protettore. Una facoltà ordinatrice, "domatrice" che si riflette sulla sua tendenza ad inglobare e "addomesticare" le maledizioni, a manipolarle per veicolarne le azioni in intenti nobili.
Lo sfrontato Gojo, invece, crede nell'utilizzo libero, senza limitazioni, nell'individualismo della sperimentazione e nello sprigionamento del proprio potenziale, che reputa diritto inalienabile.
Che i due abbiano caratteri e modi opposti è poi sia la diretta conseguenza che l'ulteriore prova delle vedute conflittuali. Suguru è formale, contenuto, ingessato. Satoru è genio e sregolatezza, sopra le righe, mai serio e dedito alla derisione, indifferente circa le conseguenze delle proprie azioni e insofferente agli ordini diretti dei superiori. Gojo è ed accoglie l'eccesso, è paladino dell'espressione pura e, quindi, deregolamentata, totale e, dunque, selvaggia.
La genesi dell'eroe e del villain
I primi episodi di Jujutsu Kaisen 2 raccontano, prima di tutto, la genesi di due mostri: di uno scherzo della natura, un vero e proprio freak nella sua superiorità sublime e manifesta e di un suprematista stregone fuori di sé.
È la genesi dell'eroe Satoru Gojo e del villain Suguru Geto e l'anime gioca sulle inclinazioni che ingannano, che parrebbero preannunciare un destino diverso per i due. Ma il primo vive il suo turning point da stregone più forte, il momento dell'evoluzione, di contatto profondo con l'universo, di connessione con la natura: è la sua epifania, l'esplosione del potenziale incanalato, la sua elevazione estatica. All'amico tocca una traiettoria meno esaltante: la disillusione lo stravolge, il dissidio interiore lo consuma. Il processo di decomposizione e rimpiazzo dell'ideologia è completo. È la germinazione di un'idea folle, che germoglia anelando un "step successivo" per la vita sulla terra che si fondi sul terrore, sul massacro, sul genocidio. Mutamenti profondi che ruotano attorno ad un evento cardine, all'esito della missione assegnatagli e al confronto con Toji Fushiguro (fu Zenin), vero e proprio agente scatenante per Gojo e Geto.
Lo scontro tra il padre di Megumi e i due pupilli dell'Istituto è uno dei più significativi dell'anime e si trascina conseguenze reali e ingenti nel presente di Itadori. Un combattimento che avviene a coronamento di un arco dal ritmo serrato, che non risparmia fasi di distensione utili alla consolidazione dei rapporti tra i protettori e la protetta Amanai, ma che sfrutta l'espediente della "missione di scorta" e della "corsa contro il tempo" per ravvicinare e velocizzare gli avvenimenti, per incrementare il tasso action.
Se il carattere della missione risulta ideale per rendere i protagonisti il centro, ad alimentare una certa dinamica che vede i nemici rincorrere gli eroi, avvicinarglisi, ingaggiare duelli (ad armi impari fino alla venuta di Fushiguro), i tempi d'azione ristretti degli inseguitori contribuiscono a potenziare il vortice impazzito, a velocizzare la narrazione.
Gli eroi calamitano imboscate, rapimenti, minacce. Toji attende, paziente, nell'ombra, invisibile (lui che è privo di energia malefica). Tutto esplode in un climax ben annunciato, preparato con misura ed accortezza. Un arco che avrebbe funzionato sul grande schermo forse persino più del prequel con protagonista Yuta Okkotsu, sia per la caratterizzazione e la marcata evoluzione dei personaggi principali, sia per un antagonista carismatico, "massacratore di stregoni" dalle motivazioni atipiche, emblema dello stregone mercenario, simbolo di un mondo che dietro malefiche macchinazioni nasconde la cara vecchia sete di denaro.
Da non trascurare nemmeno una struttura e un tempo narrativo che ben si presta alla forma del lungometraggio (in fondo la vicenda nella sua interezza copre circa 100 minuti, durata ideale per un film animato). Insomma, la scelta di MAPPA è conforme alla disposizione narrativa voluta da Gege Akutami, ma l'aderenza assoluta alle scelte produttive del manga potrebbe questa volta non essere favorevole al cambio di medium: la seconda stagione potrebbe dare l'impressione di contenere dentro di sé due storie parzialmente slegate seppure consecutive e consequenziali (la pausa in questo senso è quasi provvidenziale).
L'eredità di Chainsaw Man
Detto ciò, risulta difficile imputare allo studio d'animazione ulteriori mancanze o debolezze. Dal punto di vista tecnico Jujutsu Kaisen compie un passo avanti nelle scelte registiche, nel character-acting e nella cura dei dettagli ambientali, uno indietro nel character-design, meno incisivo, più morbido e depurato.
Elementi in realtà complementari, bilancianti un'animazione che vuole essere più realistica, tenta di involucrare i suoi personaggi in un ambiente tridimensionale, concreto, "abitabile", vivo come i suoi ospiti, che MAPPA cerca di rappresentare visivamente in tutto il loro ventaglio espressivo (ed emotivo) vincendo anche in questo caso il confronto con la prima stagione. Il cambio di direzione è ovviamente legato ad importanti modifiche nello staff della serie, su tutte i reclutamento di Shouta Goshozono, subentrato alla regia dell'anime e vero responsabile della nuova veste visiva, della freschezza e della cinematograficità della messa in scena. Scrivendo circa l'episodio 8 di Chainsaw Man, diretto da "Gosso", si era già notata una perizia tecnica non indifferente nei movimenti di macchina sempre espressivi e audaci, estensione significante del narrato. In fondo, l'ottavo episodio dell'altra produzione MAPPA per eccellenza costituiva il picco registico della serie sul Diavolo Motosega, e che la scelta di una ripartenza sia ricaduta sul talento di Goshozono è affare condivisibile e inappuntabile.
Insomma, le prime battute della seconda stagione di Jujutsu Kaisen non possono che lasciare soddisfatti per la gestione oculata dei tempi e dei personaggi, per la chimica irresistibile tra due personalità eccentriche (quelle di Gojo e Geto) che producono scintille per la distanza ideologica e siparietti da buddy movie per la sintonia innata, per un ritratto forse ancor più spietato di un mondo corruttibile e minaccioso, in cui l'atto eroico fallisce e quello violento, malefico, può avere la meglio.
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