Gli anni 90' hanno rivoluzionato l'animazione giapponese. Lo hanno fatto con opere capaci di trascendere la propria cornice per diventare icone senza tempo; ci sono riusciti con il genio di Hideaki Anno (nella storia della fantascienza animata esiste un pre e un post-Evangelion), con un Yoshihiro Togashi alle prese con il suo primo successo (l'indimenticabile battle shonen Yu Yu Hakusho), con il primo super sentai al femminile Sailor Moon e con un altro esponente di spicco del genere sci-fi come Cowboy Bebop.
Il 1998 è la volta di Trigun, fortunata trasposizione animata del manga scritto e disegnato da Yasuhiro Nightow. Quello prodotto da Madhouse è quasi un outsider in mezzo ai mostri sacri, un commensale modesto al cenacolo dei migliori, un'opera di certo di minori ambizioni, ma capace, come loro, di elevarsi a cult intramontabile, grazie soprattutto ad un protagonista carismatico e magnetico, leggendario dentro e fuori dallo spazio diegetico.
E se molti dei franchise menzionati hanno ricevuto la loro nuovissima declinazione negli ultimi anni, dalla tetralogia dei Rebuild of Evangelion (ecco la nostra recensione di Evangelion 3.0+1.01 Thrice Upon a Time) alla poco fortunata serie live action di Cowboy Bebop (ed eccovi anche la recensione del live action di Cowboy Bebop), frutto di operazioni più o meno riuscite, Vash The Stampede non poteva che subire a sua volta un deciso restyling in una nuova serie animata che si propone di riformulare la storia e di riformare il comparto visivo.
Il ritorno del Tifone Umanoide
Discutere sul significato di un reboot di un prodotto molto amato apre sempre a riflessioni e pareri contrastanti (seppure sul lato economico per i producer si rivela molto più utile e sicuro puntare su una serie popolare che conta un'utenza consolidate e può ancora aumentare il suo bacino), ma è indubbio che nel volerci presentare un Trigun al passo coi tempi, Studio Orangeriesce nell'intento dimostrando grande consapevolezza dell'evoluzione del medium e delle abitudini di visione degli spettatori.
Diciamolo subito: Vash è ancora il Tifone Umanoide che conosciamo e non c'è cambio di pettinatura che tenga. Trigun si rifà trucco e parrucco ma mantiene la sua anima da frenetico western fantascientifico e una narrazione sempre incentrata sull'uomo più ricercato dell'universo. Siamo su un pianeta desertico, No Man's Land, città e villaggi sparsi sopravvivono grazie ad un'unica risorsa vitale, il plant. Meryl e Roberto, giornalisti dell'agenzia Bardinelli News Agency sono a caccia di un scoop, come tutti cercano Vash, come molti finiscono per trovarlo. La sua fama lo precede, il suo statuto di calamità naturale lo pregiudica e lo rispecchia insieme, la sua bontà, poi lo rivela agli occhi dei giornalisti, trascinati senza rimedio nelle avventure (e sventure) del Tifone Umanoide.
I primi episodi, tutti ambientati nella cittadina fatiscente di Jeneora Rock, forniscono già le prime coordinate sugli elementi caratterizzanti la scansione narrativa del nuovo anime su Crunchyroll.
L'operazione di rinnovamento intrapresa da Studio Orange passa innanzitutto per il deciso assottigliamento della natura episodica della versione originale. A meno di prodotti che puntino a uno schema antologico, è sempre più difficile, nel panorama seriale, imbattersi in opere dagli episodi autoconclusivi che mantengano personaggi e ambientazioni ricorrenti, e nel passaggio dalle abitudini di fruizione e convenzioni produttive degli anni 90' all'attualità ormai definitivamente improntata ad una narrazione esclusivamente cumulativa, Trigun non può essere un'eccezione e Studio Orange lo sa bene. In Stampede c'è ancora qualche refuso di quell'autoconclusività che predominava nella prima parte dell'anime del 1998, ma è più una sensazione dovuta all'introduzione sistematica e metodica di nemici e alleati.
D'altronde Trigun fa della copiosità di personaggi una delle sue peculiarità: soggetti strampalati e folli popolano e scorrazzano per tutta No Man's Land, si imbattono in Vash che lo vogliano o no, che lo cerchino o lo evitino, sia per uno "storico" qui pro quo sull'identità del pistolero sia per la naturale tendenza del Human Typhoon di ritrovarsi nell'occhio del ciclone.
Vash è più un vortice che un tifone e più che essere distruttivo attira su di sé devastazione. È però, in realtà, un eroe molto classico, propositivo e pacifico fino al midollo, altruista e sempre pronto a mettere il bene di chi incontra al primo posto. È un pistolero formidabile ma evita il conflitto, rivendica il valore dell'essere un "codardo", di lasciar perdere e disinnescare. Ma il suo passato e quello affibbiatogli lo perseguitano e Vash The Stampede si vede costretto a sfoderare la pistola ad ogni passo in un mondo desolato che sembra possedere una moltitudine di uomini in fila per riscuotere la taglia sulla testa del Tifone Umanoide.
Trigun cambia pelle
I primi episodi delineano il carattere di Vash, presentano la sua bontà, ne mostrano la fragilità, svelano il suo tragico passato e le conseguenze nel presente. Quello che nella prima serie era rimasto un mistero per molto tempo diventa qui parte integrante dell'incipit: la nemesi, gemello di Vash, tenuto nascosto per larga parte nell'anime del 1998, diventa in Trigun Stampede motore narrativo proprio per andare incontro alla necessità di immediatezza dello spettatore del nuovo decennio e si mostra in tutta la sua spaventosa potenza in un terzo episodio che sorprende e mette i brividi per un deciso cambio di passo in termini narrativi e visivi.
Oltre ad infittire il mistero circa la genesi della malvagità del villain Knives e a raggiungere senza temporeggiare il primo climax della stagione, il terzo episodio dell'anime di Orange cambia improvvisamente registro sostituendo alla spensieratezza e alla vivacità cromatica delle prime due uscite una messa in scena truculenta e splatter, mostrando arti mozzati e sangue zampillante e rendendo l'atmosfera più cupa con l'arrivo del fratello.
Spicca, dunque, la capacità dell'anime di passare dalla leggerezza e dalla narrazione movimentata di un western "delle coincidenze" a metà tra Mad Max e Sergio Leone ad un profondo dramma nel racconto del legame tra due gemelli dalla personalità e dagli intenti diametralmente opposti, uniti a doppio filo ma mai tanto divisi. Agli scellerati Hard Puncher Nebraska, nemici del secondo episodio, individui che vivono secondo la legge del più forte e che già il character design individua come macchiettistici e bizzarri, l'opera contrappone un villain che è fin dalla sua prima apparizione dotato di un'aria di tangibile pericolosità, temibile e inscalfibile, potente e sfaccettato, visivamente impressionante.
L'animazione in CGI, di fatto, contribuisce ad elevarlo a villain di tutto rispetto, a mostrare la monumentalità dei suoi poteri (della "tecnologia antica"), a rendere concreta la sua forza epocale e avvolgere Knives in un'aura terrorifica e letale. Il lavoro di Studio Orange è certosino nel trovare un giusto compromesso tra tridimensionalità e "piattezza" visiva. La CGI è, insomma, finalmente plastica ma non plasticosa, non artificiosa. Una computer grafica che non è un punto debole ma valore aggiunto, di gran lunga superiore rispetto alla media (la qualità dell'animazione del precedente lavoro dello studio, Beastars, era già indicativa in tal senso), perché scandisce con chiarezza le azioni più concitate, fluidifica le evoluzioni e i salti mortali, favorisce la precisione dello slow motion e la resa dei dettagli. Funziona, poi, persino nel character acting, vera bestia nera per la tecnica, che qui riesce ad annoverare una vasta gamma di espressioni e di animazioni facciali. La gestione dell'illuminazione, dei colori saturatissimi, dei riflessi (gli occhiali di Vash vivono di vita propria e rendono l'idea del lavoro minuzioso degli animatori) completano un comparto tecnico che non può che essere modello per i prossimi anime realizzati in 3DCG.
Sì, Vash The Stampede sembra essere tornato, ed è pronto a travolgerci.
Trigun Stampede: il ritorno del Tifone Umanoide in un remake spettacolare
Vash The Stampede torna in una versione tutta nuova che punta a rinnovare l'opera di Yasuhiro Nightow e superare il lavoro di Madhouse.
Gli anni 90' hanno rivoluzionato l'animazione giapponese. Lo hanno fatto con opere capaci di trascendere la propria cornice per diventare icone senza tempo; ci sono riusciti con il genio di Hideaki Anno (nella storia della fantascienza animata esiste un pre e un post-Evangelion), con un Yoshihiro Togashi alle prese con il suo primo successo (l'indimenticabile battle shonen Yu Yu Hakusho), con il primo super sentai al femminile Sailor Moon e con un altro esponente di spicco del genere sci-fi come Cowboy Bebop.
Il 1998 è la volta di Trigun, fortunata trasposizione animata del manga scritto e disegnato da Yasuhiro Nightow. Quello prodotto da Madhouse è quasi un outsider in mezzo ai mostri sacri, un commensale modesto al cenacolo dei migliori, un'opera di certo di minori ambizioni, ma capace, come loro, di elevarsi a cult intramontabile, grazie soprattutto ad un protagonista carismatico e magnetico, leggendario dentro e fuori dallo spazio diegetico.
E se molti dei franchise menzionati hanno ricevuto la loro nuovissima declinazione negli ultimi anni, dalla tetralogia dei Rebuild of Evangelion (ecco la nostra recensione di Evangelion 3.0+1.01 Thrice Upon a Time) alla poco fortunata serie live action di Cowboy Bebop (ed eccovi anche la recensione del live action di Cowboy Bebop), frutto di operazioni più o meno riuscite, Vash The Stampede non poteva che subire a sua volta un deciso restyling in una nuova serie animata che si propone di riformulare la storia e di riformare il comparto visivo.
Il ritorno del Tifone Umanoide
Discutere sul significato di un reboot di un prodotto molto amato apre sempre a riflessioni e pareri contrastanti (seppure sul lato economico per i producer si rivela molto più utile e sicuro puntare su una serie popolare che conta un'utenza consolidate e può ancora aumentare il suo bacino), ma è indubbio che nel volerci presentare un Trigun al passo coi tempi, Studio Orange riesce nell'intento dimostrando grande consapevolezza dell'evoluzione del medium e delle abitudini di visione degli spettatori.
Diciamolo subito: Vash è ancora il Tifone Umanoide che conosciamo e non c'è cambio di pettinatura che tenga. Trigun si rifà trucco e parrucco ma mantiene la sua anima da frenetico western fantascientifico e una narrazione sempre incentrata sull'uomo più ricercato dell'universo. Siamo su un pianeta desertico, No Man's Land, città e villaggi sparsi sopravvivono grazie ad un'unica risorsa vitale, il plant. Meryl e Roberto, giornalisti dell'agenzia Bardinelli News Agency sono a caccia di un scoop, come tutti cercano Vash, come molti finiscono per trovarlo. La sua fama lo precede, il suo statuto di calamità naturale lo pregiudica e lo rispecchia insieme, la sua bontà, poi lo rivela agli occhi dei giornalisti, trascinati senza rimedio nelle avventure (e sventure) del Tifone Umanoide.
I primi episodi, tutti ambientati nella cittadina fatiscente di Jeneora Rock, forniscono già le prime coordinate sugli elementi caratterizzanti la scansione narrativa del nuovo anime su Crunchyroll.
L'operazione di rinnovamento intrapresa da Studio Orange passa innanzitutto per il deciso assottigliamento della natura episodica della versione originale. A meno di prodotti che puntino a uno schema antologico, è sempre più difficile, nel panorama seriale, imbattersi in opere dagli episodi autoconclusivi che mantengano personaggi e ambientazioni ricorrenti, e nel passaggio dalle abitudini di fruizione e convenzioni produttive degli anni 90' all'attualità ormai definitivamente improntata ad una narrazione esclusivamente cumulativa, Trigun non può essere un'eccezione e Studio Orange lo sa bene.
In Stampede c'è ancora qualche refuso di quell'autoconclusività che predominava nella prima parte dell'anime del 1998, ma è più una sensazione dovuta all'introduzione sistematica e metodica di nemici e alleati.
D'altronde Trigun fa della copiosità di personaggi una delle sue peculiarità: soggetti strampalati e folli popolano e scorrazzano per tutta No Man's Land, si imbattono in Vash che lo vogliano o no, che lo cerchino o lo evitino, sia per uno "storico" qui pro quo sull'identità del pistolero sia per la naturale tendenza del Human Typhoon di ritrovarsi nell'occhio del ciclone.
Vash è più un vortice che un tifone e più che essere distruttivo attira su di sé devastazione. È però, in realtà, un eroe molto classico, propositivo e pacifico fino al midollo, altruista e sempre pronto a mettere il bene di chi incontra al primo posto. È un pistolero formidabile ma evita il conflitto, rivendica il valore dell'essere un "codardo", di lasciar perdere e disinnescare. Ma il suo passato e quello affibbiatogli lo perseguitano e Vash The Stampede si vede costretto a sfoderare la pistola ad ogni passo in un mondo desolato che sembra possedere una moltitudine di uomini in fila per riscuotere la taglia sulla testa del Tifone Umanoide.
Trigun cambia pelle
I primi episodi delineano il carattere di Vash, presentano la sua bontà, ne mostrano la fragilità, svelano il suo tragico passato e le conseguenze nel presente. Quello che nella prima serie era rimasto un mistero per molto tempo diventa qui parte integrante dell'incipit: la nemesi, gemello di Vash, tenuto nascosto per larga parte nell'anime del 1998, diventa in Trigun Stampede motore narrativo proprio per andare incontro alla necessità di immediatezza dello spettatore del nuovo decennio e si mostra in tutta la sua spaventosa potenza in un terzo episodio che sorprende e mette i brividi per un deciso cambio di passo in termini narrativi e visivi.
Oltre ad infittire il mistero circa la genesi della malvagità del villain Knives e a raggiungere senza temporeggiare il primo climax della stagione, il terzo episodio dell'anime di Orange cambia improvvisamente registro sostituendo alla spensieratezza e alla vivacità cromatica delle prime due uscite una messa in scena truculenta e splatter, mostrando arti mozzati e sangue zampillante e rendendo l'atmosfera più cupa con l'arrivo del fratello.
Spicca, dunque, la capacità dell'anime di passare dalla leggerezza e dalla narrazione movimentata di un western "delle coincidenze" a metà tra Mad Max e Sergio Leone ad un profondo dramma nel racconto del legame tra due gemelli dalla personalità e dagli intenti diametralmente opposti, uniti a doppio filo ma mai tanto divisi. Agli scellerati Hard Puncher Nebraska, nemici del secondo episodio, individui che vivono secondo la legge del più forte e che già il character design individua come macchiettistici e bizzarri, l'opera contrappone un villain che è fin dalla sua prima apparizione dotato di un'aria di tangibile pericolosità, temibile e inscalfibile, potente e sfaccettato, visivamente impressionante.
L'animazione in CGI, di fatto, contribuisce ad elevarlo a villain di tutto rispetto, a mostrare la monumentalità dei suoi poteri (della "tecnologia antica"), a rendere concreta la sua forza epocale e avvolgere Knives in un'aura terrorifica e letale. Il lavoro di Studio Orange è certosino nel trovare un giusto compromesso tra tridimensionalità e "piattezza" visiva. La CGI è, insomma, finalmente plastica ma non plasticosa, non artificiosa. Una computer grafica che non è un punto debole ma valore aggiunto, di gran lunga superiore rispetto alla media (la qualità dell'animazione del precedente lavoro dello studio, Beastars, era già indicativa in tal senso), perché scandisce con chiarezza le azioni più concitate, fluidifica le evoluzioni e i salti mortali, favorisce la precisione dello slow motion e la resa dei dettagli. Funziona, poi, persino nel character acting, vera bestia nera per la tecnica, che qui riesce ad annoverare una vasta gamma di espressioni e di animazioni facciali. La gestione dell'illuminazione, dei colori saturatissimi, dei riflessi (gli occhiali di Vash vivono di vita propria e rendono l'idea del lavoro minuzioso degli animatori) completano un comparto tecnico che non può che essere modello per i prossimi anime realizzati in 3DCG.
Sì, Vash The Stampede sembra essere tornato, ed è pronto a travolgerci.
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