Sword Art Online, intervista a Reki Kawahara e ABEC: non chiamatelo isekai

Durante il Romics 2019, grazie a J-POP Manga, abbiamo avuto l'opportunità di chiacchierare con gli autori dei romanzi di SAO.

Sword Art Online, intervista a Reki Kawahara e ABEC: non chiamatelo isekai
Articolo a cura di

Sia durante il panel aperto al pubblico durante il Romics 2019, sia quando J-POP mi ha fatto accomodare nella stanzetta che di lì a poco sarebbe diventata teatro dell'intervista, il carattere gioviale e la simpatia di Reki Kawahara e ABEC - rispettivamente creatore/scrittore e illustratore dei romanzi di Sword Art Online - mi hanno fatto capire che sarebbe stata una chiacchierata di quelle importanti. In effetti i due autori hanno quasi del tutto stravolto, se mi è concesso dirlo, la concezione che abbiamo avuto finora di SAO.

E iniziamo dall'assioma fondamentale: Sword Art Online non è un isekai, intendendo con questo termine giapponese un sottogenere del fantasy e della fantascienza con cui comunemente si definiscono storie ambientate in mondi paralleli o virtuali. Non possiamo che lasciarvi alla lettura della nostra intervista, nella quale abbiamo esplorato insieme ai due autori alcuni punti fondamentali che hanno permesso alla serie di diventare un franchise così popolare e un anime così apprezzato.

Le origini di SAO

Everyeye.it: Il genere degli ‘isekai' è ormai piuttosto popolare, ma possiamo dire che i crismi principali di certe narrazioni li abbia inventati proprio lei con Sword Art Online e Accel Worls, Kawahara-sensei. Ci racconta cosa l'ha ispirata a scrivere opere del genere?
Reki Kawahara: Nella mia testa, inizialmente, non avevo concepito opere come SAO come un vero e proprio ‘isekai'. Pensavo soltanto di scrivere una storia ambientata nel mondo reale in cui ci sono delle persone che giocano un videogame.
ABEC: Io vorrei aggiungere che la concezione che voi, o in altri Paesi del mondo, avete di ‘isekai' è a mio parere molto diversa da quella che abbiamo noi in Giappone.

Per noi significa, letteralmente, "essere trasportati in un nuovo mondo", o anche morire e reincarnarsi in una nuova realtà. Ho notato che, invece, all'estero ha un'accezione meramente virtuale. Quindi, in conclusione, per noi Sword Art Online è a tutti gli effetti uno sci-fi che parla di videogiochi.

Everyeye.it: Ma quindi siete entrambi appassionati di videogiochi? Che titoli vi piacciono?
Reki Kawahara: Ho giocato a tantissimi videogame. È davvero difficile tirar fuori un titolo su tutti... se dovessi citarne per forza uno, però, direi World of Warcraft. Fu così innovativo che sarà difficile superarlo.
ABEC: In famiglia ci siamo io e mia sorella - che lavora presso la Kyoto Animation - ad avere questa passione. E abbiamo anche gusti piuttosto differenti, il che è un bene, così non litighiamo per la possessione di un titolo: lei è una grande fan della serie Tales of, mentre io amo la saga di Final Fantasy. Ma adoro anche le esperienze di simulazione, come Civilization.

Everyeye.it: Alcuni mesi fa, dopo un certo episodio nell'anime, il sensei Kawahara disse di non voler più inserire scene di violenza sessuale. Saremmo curiosi di scoprire cosa l'ha portata a una simile decisione, visto che in passato ci aveva già proposto questo tema...
Reki Kawahara: È una questione un po' complicata. Sono cresciuto leggendo le prime light novel giapponesi, che risalgono agli anni Ottanta. All'epoca certe scene erano la prassi... leggendo questi prodotti sono arrivato a pensare che fosse quasi necessario inserirle a mia volta nei miei romanzi, come se fossero degli stereotipi. Poi mi sono reso conto che ci sono certi lettori a cui queste cose danno molto fastidio... ma è pur vero che, dal punto di vista del processo creativo, questo potrebbe costituire un problema.

Facciamo un esempio: ci sono personaggi come Oberon, che vivono seguendo i propri bassi istinti. Personaggi del genere sono fondamentali per lo sviluppo della storia e qui la faccenda si fa spinosa: un personaggio deve comportarsi in un certo modo, ma alcune cose non sono permesse, mentre altre sì... è un equilibrio molto sottile.

Everyeye.it: Kawahara-sensei, si è mai pentito di aver messo da parte un personaggio come Yuuki?
Reki Kawahara: La saga di Mother's Rosario, come ben sapete, parla di realtà virtuale applicata alla medical technology. Il personaggio di Yuuki era stato creato, sin dall'inizio, con l'obiettivo di morire entro il finale. Da un lato era il suo destino, sin dall'inizio, dall'altro aver creato un'eroina così tragicamente predestinata mi ha fatto soffrire, lo ammetto.

Per uno scrittore, creare un personaggio dal destino già scritto significa un precludersi di possibilità: e quindi sì, mi sono pentito. Ma attenzione: ribadisco che SAO non è realmente un isekai. Non esiste la magia e, di conseguenza, neanche i miracoli. Morti come quelle di Yuuki sono state anche un modo, da parte mia, per comunicare ai fan che nulla accade semplicemente desiderandola ardentemente. A volte alcune cose sono impossibili da realizzare.

Everyeye.it: Parlando di altri personaggi, abbiamo la Gilda di Laughin Coffin, comparsa nelle prime avventure di Kirito. Poi, però, ciascun membro di quella Gilda è stato approfondito in storie successive. Aveva già in mente, all'inizio, di esplorare meglio questi villain?
Reki Kawahara: quando ho iniziato a scrivere Sword Art Online credevo di racchiudere l'opera in un solo volume, perché volevo presentarla ad un concorso. Dovendo contenere il tutto in un solo libro, ci sono stati degli elementi che non ho potuto approfondire appieno. Poi il romanzo è diventato una serie e ho avuto l'occasione di fare tutto ciò che volevo! E ti dirò: non è finita qui. I Laughin Coffin hanno ancora qualcosa da raccontare...

I segreti dietro Kirito

Everyeye.it: Perché in Gun Gale Online Kirito assume un avatar di aspetto femminile, Kawahara-sensei? E cosa ha significato invece per lei dover disegnare l'eroe in versione donna, ABEC-sensei?
ABEC: quando mi è stato comunicato ho cominciato a pensare come fare. Non volevo approcciarmi con un'idea del tipo: "disegniamo un uomo travestito da donna"... non sarebbe stata per niente carina come ragazza, in questo caso!

Reki Kawahara: Come li chiamano, qui all'estero? Trap? Quando ti innamori di qualcuno e poi scopri che è di un altro sesso!
ABEC: Esatto! Tornando al design, è stato un processo un po' complicato: ho iniziato disegnando Kirito con le tette. Così, almeno, sono riuscito a inquadrarlo un po' meglio come ragazza! Poi, una volta addolciti i suoi lineamenti, ho cancellato il seno. La creazione è proseguita in questo modo: un continuo aggiungi-togli, finché non ho elaborato il design finale!

Everyeye.it: Sempre parlando di cambi di design, come mai alle volte l'aspetto di Kirito cambia così drasticamente? Come, ad esempio, nel passaggio da Alpheim Online a New Alpheim Online...
Reki Kawahara: Come sapete, l'aspetto di Kirito cambia costantemente ogni volta che si introduce in un videogioco diverso. L'aspetto principale, a mio parere, è che Kirito non deve farsi riconoscere da sua sorella.

Everyeye.it: gli adattamenti videoludici di Sword Art Online hanno introdotto storie e personaggi molto riusciti, diventati poi canonici per il franchise. Vi piacerebbe riprendere qualcuno di questi personaggi nell'opera principale, anche solo per un cammeo?
Reki Kawahara: In effetti nei videogiochi di Sward Art Online, distribuiti da Bandai Namco, ci sono tante eroine davvero fighe! Ammetto, però, che mi risulterebbe difficile introdurle nella mia storia: sono personaggi che non ho creato io.

Le storie e i personaggi dei videogiochi vengono creati e proposti a me dagli sviluppatori, io e ABEC poi supervisioniamo il tutto. Sia la trama che il design, insomma, non sono nostre creature. Insomma, non riuscirei proprio a decidere come caratterizzarli o muoverli nel mio romanzo. E poi... tutti i personaggi creati da me è come se fossero miei figli, eppure gli succede di tutto! Mi dispiacerebbe riservare un simile trattamento a figure che non sono state create da me.