17 anni: Recensione di un manga ispirato a una tragedia di cronaca

J-POP Manga porta sui nostri scaffali un'opera sconvolgente e preziosa, ispirata ad un celebre caso di cronaca nera giapponese degli anni 80.

17 anni: Recensione di un manga ispirato a una tragedia di cronaca
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Un fattorino percorre il Quartiere E, nella prefettura di Chiba, vicino Tokyo. Suda, si guarda intorno circospetto. Non vorrebbe essere lì, in un luogo che gli rievoca ricordi tremendi, indicibili, dolorosi. Un luogo in cui si consumò un delitto efferato, violento e drammatico. Ma il delitto peggiore l'ha compiuto Hiroki: l'indifferenza. È rimasto a guardare quando avrebbe potuto esprimere dissenso.

17 anni è un manga seinen scritto da Seiji Fujii e disegnato da Yoji Kamata: è J-POP a portare nel nostro Paese, ancora una volta, un'opera coraggiosa ed importante, disponibile dal 12 febbraio sia con il primo volume (di 4 totali) sia con un box da collezione che racchiude tutti i tankobon. Noi l'abbiamo letta tutta e siamo pronti a parlarvene.

Il caso di Sachiko Osawa

Otto anni prima il breve incipit di 17 anni, la storia ci porta all'adolescenza di Hiroki, proprio a quando aveva 17 anni. Ma 17 anni è anche l'età Sachiko, la ragazza che finirà vortice delle mostruosità che segneranno per sempre la gioventù di Chiba. Il manga di Fujii e Kamata è ispirato ad un celebre caso di cronaca giapponese di fine anni Ottanta, il rapimento e lo stupro di una ragazza che sconvolse profondamente il Sol Levante, una terra in cui il rispetto per le regole è massimo e il tasso di criminalità è relativamente basso.

Ma 17 anni, modificando alcuni spunti del caso originale, alleggerendone i passaggi più cruenti e modificando i nomi delle figure coinvolte, racconta proprio come persino il benessere di una terra apparentemente perfetta possa conoscere il male prodotto da una società forse troppo rigida e concentrata sul proprio sviluppo economico e finanziario. Un apparato sociale in cui l'importante è il lavoro e l'onore e il buon nome, nella quale è impossibile che avvengano violenze e in cui se una ragazzina scompare per due giorni è perché è adolescente e vuole spazio e ha scelto di dormire da un'amica.

In questo racconto, dunque, Hiroki entra nelle grazie del minaccioso e brutale Miyamoto, un compagno di scuola più anziano che controlla le baby gang locali e, stando alle voci, gode persino dell'amicizia di alcuni clan yakuza. Per Hiroki, che ha passato gran parte della sua gioventù a subire soprusi dai senpai più prepotenti e aggressivi, entrare nella banda di Miyamoto è una manna dal cielo. È un onore, un gioco, uno sfarzo. Ma lo è fino ad un certo punto, quando alle marachelle subentrano i primi furti, le intimidazioni, le percosse, il sangue.

Hiroki non è più sicuro di voler far parte del branco, ma vi rimane ugualmente e contribuisce al crimine più atroce: il rapimento di una giovane che tornava a casa dal proprio posto di lavoro. La povera Sachiko viene minacciata, picchiata, stuprata e torturata. Ed è il punto di non ritorno: la gang si trasforma in un branco di mostri che tiene imprigionata la ragazza per diverse settimane, riservandole le violenze più indicibili mentre Hiroki resta fermo, tremante ed in lacrime senza trovare la forza di fermare lo scempio. E mentre la società, dai parenti di vittima e carnefici alle istituzioni, sottovaluta il degrado giovanile che si espande a macchia d'olio nel sostrato suburbano del Giappone.

Una ricostruzione matura

Quasi a voler scavalcare lo status quo da semplice racconto di finzione con un insegnamento di fondo, 17 anni è anzitutto un racconto d'inchiesta, che riporta con dovizia di particolari le mostruosità e le ambiguità giuridiche del caso di cronaca nera cui gli autori del manga si sono ispirati. È una narrazione che non risparmia niente e nessuno, che dipinge un tessuto sociale problematico e ne denuncia gli aspetti più oscuri.

Non è un caso che il punto di vista principale, quello di Hiroki, metta a nudo un protagonista tutt'altro che positivo, perlopiù tragico, zittito dall'omertà e spinto ad agire onestamente più per paura delle conseguenze penali che in nome di una vero e proprio spirito morale. E non è un caso che l'unica figura positiva sia quella di Miki, gemella di Sachiko, instancabile e determinata nel seguire le tracce della sorella contro l'indifferenza e lo scetticismo del mondo adulto, incapace di vedere laddove la sensibilità spazza via ogni dubbio. È un'opera matura, 17 anni, mai banale, persino nella stesura di un finale un po' amaro, quasi incompleto, ma scritto volutamente per lasciare un nodo in gola, inconcludente, eppure capace di lasciare in chi legge quel senso di agrodolce speranza verso un futuro migliore, di cambiamenti, di più accortezza, di sensibilità verso un tema sempre attuale. Ma non si risparmia, il manga targato J-POP, nel viaggio che conduce al capitolo finale, una scrittura spietata, una messinscena potente e dolorosa: la violenza non viene mai spettacolarizzata né resa fine a se stessa, ma è funzionale al racconto, con disegni asciutti e pragmatici, ma dettagliati. 17 anni non è un manga erotico. Non troverete, al suo interno, neppure un minimo accenno di stile vagamente ecchi. Le nudità e il sesso, mai invasive nella messinscena, sono quel che sono: violenza, dramma, dolore, angoscia. Bravi gli autori, per lo storytelling coraggioso e per l'assenza di fanservice, brava J-POP per aver distribuito tanto d'impatto quanto prezioso.

17 anni È un manga, il setting è giapponese, la storia prende ispirazione da un caso di cronaca avvenuto nel Sol Levante. Eppure "17 anni" racconta qualcosa di universale: l'angoscia e il dolore, l'omertà e la paura, la violenza e le ambiguità di un sostrato sociale controverso. Non c'è fanservice nelle nudità e nel sesso portato in scena da Seiji Fujii e Yoiji Kamata, che alleggeriscono i passaggi più cruenti di una storia fin troppo orribile per essere raccontata fino in fondo. Il caso di Junko Futura, che nel manga targato J-POP diventa Sachiko Osawa, smosse prepotentemente la società giapponese, al punto che le autorità giudiziarie abbassarono a 16 anni l'età per la piena responsabilità penale. La storia serve a non farci ripetere gli stessi errori e l'arte, attraverso opere come "17 anni", sono preziose affinché non si compi il peggiore di tutti i delitti: dimenticare.

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