Ajin: Demi-Human, Recensione della prima stagione dell'anime originale Netflix

Realizzato da Polygon Pictures e ispirato al manga di Gaimon Sakurai, Ajin racconta una storia interessante con un comparto tecnico problematico.

Ajin: Demi-Human, Recensione della prima stagione dell'anime originale Netflix
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Le ultime annate, per Netflix, sono state decisamente roboanti: il servizio streaming più famoso al mondo ha arricchito sempre di più il proprio catalogo, prestando particolare attenzione anche al mondo anime. Nell'apposita sezione, ormai, è possibile trovare diverse proposte provenienti dal mondo seriale nipponico, alcuni acclamatissimi e altri meno conosciuti, ma non per questo meno interessanti. Come avviene per la produzione di film e serie TV, inoltre, Netflix si è imbarcata nella realizzazione di prodotti originali. Gli ultimi esempi sono stati Godzilla e Devilman: Crybaby, ma risale a circa due anni fa l'esordio di Ajin: Demi-Human, serie tratta dal seinen manga di Gaimon Sakurai.

Mostri tra noi

La serializzazione dell'opera cartacea, scritta e illustrata dal mangaka giapponese, è avvenuta nel 2012 sulla rivista good! Afternoon, magazine dedicato ai prodotti seinen. Il fumetto di Ajin: Demi-Human ha vantato anche la realizzazione di una trilogia di film rilasciati a partire dal 2015, ma nel 2016 Netflix ha pubblicato in tutto il mondo la serie anime, composta finora di due stagioni e dallo stesso cast dei lungometraggi. L'anime è stato realizzato da Polygon Pictures (gli stessi creatori di Godzilla: Planet of the Monsters) ed è dunque stato realizzato interamente in computer grafica (uno stilema grafico sul quale, più avanti, torneremo) e basata ovviamente sul soggetto di Gaimon Sakurai. Ambientato in un Giappone moderno, Ajin: Demi-Human racconta un presente distopico e oscuro in cui l'umanità è stata contaminata dalla presenza degli Ajin, misteriosi demoni immortali che si impossessano dei corpi degli esseri umani rendendoli a loro volta invulnerabili: l'esistenza di queste creature si è palesata 17 anni prima gli eventi della storia, durante un'operazione di guerriglia in Africa. In seguito a quell'evento, gli Ajin hanno proliferato sul suolo terrestre nascondendosi all'occhio della civiltà, in modo tale da risultare in numero esiguo agli occhi del mondo.

Ma, all'insaputa della popolazione, questi demoni sono tutti intorno a noi, braccati e celati da oscuri segreti governativi; tuttavia, se la loro esistenza venisse svelata interamente su scala globale, potrebbero dar vita a un mondo completamente diverso. Sono queste le premesse della prima stagione di Demi-Human, una storia che ci viene raccontata dal punto di vista di Kei Nagai, un ragazzo liceale freddo e distaccato nei confronti del mondo, particolarmente interessato alla storia degli Ajin sin dalla loro prima comparsa in Africa. Kei vede queste mostruosità come una presenza al tempo stesso affascinante e terribile, ma non senza un pizzico di discriminazione e di timore nei confronti di ciò di cui potrebbero essere capaci: il destino, ovviamente, gli tira un brutto scherzo quando un giorno, dopo essere stato investito da un camion, riesce a sopravvivere all'incidente mortale palesando proprio la sua natura di Ajin agli occhi della cittadina in cui vive. Da qui inizierà un climax di tormento e reclusione per il protagonista, che avvertirà tutto il peso della sua condizione e deciderà di fuggire lontano da casa con l'aiuto di Kaito, un suo vecchio amico d'infanzia.

L'altra faccia di Devilman

Ma i guai inizieranno proprio in questa fase del racconto: nel corso dei 13 episodi di cui si compone la prima stagione di Ajin: Demi-Human, Kei farà la conoscenza di Sato, un Ajin anziano deciso a far valere la propria condizione di demone agli occhi del mondo e che intende radunare tutti i demoni, abbattendo il regime di terrore e discriminazione - avallato da esperimenti e crudeltà compiute dai vertici governativi, al fine di nascondere il proliferare di questi mostri nel mondo - che attanaglia la civiltà.

Il giovane Nagai, tuttavia, in un primo momento penserà egoisticamente ad agire solo per il proprio tornaconto, preoccupandosi di nient'altro che di salvare la propria pelle a discapito di chi gli sta intorno, pur iniziando a saggiare e testare i suoi poteri - particolarmente sviluppati - da Ajin, ma sempre braccato non solo dal controverso Sato, bensì anche dalle forze governative. In un'opera come quella di Sakurai si sente, fortissima, l'influenza di prodotti come Devilman: storie di uomini e donne comuni che vengono posseduti da demoni, creature che da anni sono celate alla civiltà, e si ritrovano a dover salvare - proprio malgrado - l'umanità dalle forze malvagie che la minacciano.

Anzi, in tal senso persino il nome del protagonista - Kei Nagai, che porta lo stesso cognome dell'autore di Devilman, Go Nagai - ci sembra indicativo per supporre con una certa sicurezza quanto il creatore di Ajin: Demi-Human possa essersi ispirato alle più grandi pietre miliari del genere. L'anime originale Netflix, tuttavia - e, ovviamente, anche l'opera cartacea originale - parte da una situazione già vista e sviluppa una storia tutta sua, intrisa tanto di elementi fantastici quanto di velate e non troppo implicite denunce sociali contro il terrorismo e gli ideali che muovono certi gesti inconsulti. Inoltre, Kei è un protagonista totalmente diverso dal buon, vecchio Akira Fudo: l'eroe di Devilman si fa carico dei poteri e delle responsabilità che riceve, combattendo la sua guerra contro gli altri demoni con ferocia, determinazione e forza di volontà. Nel caso di Kei Nagai, invece, si tratta di un personaggio con sfaccettature psicologiche e caratteriali diverse e dovranno passare diversi episodi - oltre al fatto che servirà il confronto con altri comprimari - prima che il Nostro si renda conto di non potersi tirare indietro e di dover far parte di un mondo a cui non dovrebbe appartenere, anche e soprattutto per il bene dei suoi cari.

I limiti

Insomma, la prima stagione di Ajin: Demi-Human propone una trama di partenza, il suo successivo sconvolgimento e il climax finale degli eventi al termine dei 13 episodi che la compongono con una certa coerenza, un buon ritmo narrativo e una storia interessante, condita da un buon uso della violenza e del sangue che pongono l'anime sui binari di una produzione estremamente matura. Purtroppo, però, a rendere l'esperienza un po' sottotono rispetto a come dovrebbe essere risulta proprio il comparto tecnico: come detto, Ajin: Demi-Human è realizzato in collaborazione tra Netflix e Polygon Pictures, uno studio di produzione specializzato nell'utilizzo della CGI. E, in effetti, Demi-Human è stato creato interamente in computer grafica, ma se in passato lo staff (così come, recentemente, con Godzilla: Il Pianeta dei Mostri) si è dimostrato in grado di trarre il meglio dall'utilizzo del digitale, in questa occasione il prodotto finale non è riuscito a soddisfarci in pieno.

La CGI garantisce, ovviamente enormi vantaggi produttivi, soprattutto in termini temporali, accelerando notevolmente i tempi di realizzazione del prodotto: ciò, però, va spesso a scapito di due fattori fondamentali: il dettaglio e l'autorialità. Un prodotto realizzato in computer grafica non soltanto perde la ricchezza nello stile esercitata dal disegno a mano, ma rende anche la produzione più anonima sotto il profilo del character design. E un manga come Ajin, in cui lo stile dell'autore è un fattore davvero piacevole di cui godere nella lettura del formato cartaceo, avrebbe meritato forse un trattamento migliore in fase realizzativa.

Un simile giudizio, che da parte nostra purtroppo non promuove in toto l'anime, è dovuto soprattutto in merito al fatto che la computer grafica non sempre risulta di buon livello, con animazioni poco fluide e che rendono, alle volte, i movimenti dei personaggi su schermo tutt'altro che naturali, quasi come se ci trovassimo di fronte una sequenza video estrapolata da un videogioco di vecchia generazione. Ciò, per fortuna, non viene esercitato sempre, ma solo nelle animazioni più semplici: gli effetti particellari, così come l'utilizzo della luce, risultano di buon livello e, nelle sequenze d'azione, l'attenzione da parte dello staff di produzione è stata molto maggiore, rendendo i combattimenti di Ajin: Demi-Human piuttosto fluidi, anche se non si sbottonano in esecuzioni chissà quanto spettacolari o complicate, probabilmente proprio a causa della "pochezza" tecnica. Evidentemente il budget investito nella produzione di questa serie, da parte di Netflix, non è stato consono alla portata e alle potenzialità del progetto: un vero peccato, poiché il prodotto finale avrebbe potuto (e dovuto) bilanciare le sue qualità narrative con un comparto tecnico inferiore alle aspettative.

Ajin - Demi-Human Ajin: Demi-Human si ispira a grandi classici del genere come Devilman, ribaltandone i canoni narrativi e portandoci in un mondo profondamente oscuro e disilluso, specchio riflesso del carattere e della psicologia del suo protagonista - chiamato dall'autore, non a caso, Kei Nagai. Una trama dalle tinte dark fantasy che ben si amalgama con una rappresentazione vera e terribile di una piaga moderna come il terrorismo, impreziosita da personaggi carismatici in continua evoluzione. Purtroppo l'esperienza risulta, in larga parte, macchiata da un comparto tecnico realizzato interamente in CGI, ma questa volta il lavoro svolto da Polygon Pictures - che in seguito ha creato piccole perle come Godzilla: Planet of Monsters - non è riuscito a trarre il meglio dalle pagine del manga di Gaimon Sakurai, portando su schermo un prodotto fatto di animazioni sottotono e frame piuttosto lenti, ai limiti delle cutscene di un videogioco male ottimizzato. Un peccato che, tuttavia, non smorza l'interesse nei confronti delle stagioni successive, disponibili su Netflix.

6.8