Atom: The Beginning, Recensione del prequel di Astro Boy

Atom: The Beginning, la serie prequel del manga cult Astro Boy, purtroppo non è riuscita a raccogliere l'eredità del materiale originale. Ecco i motivi.

Atom: The Beginning, Recensione del prequel di Astro Boy
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Atom: The Beginning, il manga creato da Tetsuro Kasahara in collaborazione con Makoto Tezuka e Masami Yuki, prequel di Astro Boy del maestro Osamu Tezuka, è stato successivamente adattato in anime grazie agli studi OLM, Production I.G e Signal.MD. La serie, disponibile da tempo anche su Netflix, conta in tutto 12 episodi dalla durata di circa venti minuti ciascuno. Andiamo quindi a scoprire insieme sia i pregi che i difetti di questo anime, disponibile su Netflix, purtroppo incapace di soddisfare le aspettative sotto diversi punti di vista.

La consapevolezza delle macchine

Dopo un evento catastrofico di origine sconosciuta, il Giappone si ritrova a vivere una vera e propria nuova rivoluzione industriale in cui i robot assumono un ruolo primario, diventando a tutti gli effetti parte integrante della società.
In questo scenario di sorprendenti scoperte scentifiche, due giovani (quanto geniali) ricercatori - tali Tenma Umataro e Hiroshi Uchinomizu - si impegnano per creare un robot capace di provare emozioni umane.

Nei meandri del Laboratorio 7 nasce così il prototipo A106, ribattezzato Six: un vero e proprio robot capace di empatizzare con gli esseri umani in modo mai visto prima. La serie è strutturata seguendo due blocchi distinti; se nella prima parte gli episodi procedono attraverso una narrazione prettamente verticale (mostrando allo spettatore le numerose abilità del mecha protagonista), nella seconda parte si avverte un maggior focus sull'evoluzione caratteriale dello stesso, seppur l'intero anime non riesca mai ad eccellere in nessun aspetto.

Nonostante fin dal primo episodio gli autori si siano concentrati nel mostrare il lato umano del robot (quest'ultimo infatti decide di prendere una decisione spontanea per evitare un grave disastro), l'evoluzione di Six avviene in modo davvero lento e a tratti macchinoso, quasi come se si trattasse di una forzatura per creare, a qualsiasi costo, una sorta di ponte con la serie originale.
Uno dei problemi principali dell'anime è sicuramente legato alla progressione narrativa degli eventi, dato che probabilmente molti spettatori verranno presto colti da una sensazione di noia abbastanza marcata durante il proseguimento degli episodi.

L'anime, a più riprese, sembra davvero incapace di trovare la propria strada, cercando di puntare su combattimenti corpo a corpo quanto su digressioni filosofiche senza però mai centrare il bersaglio.
In molti punti si avverte anche un allungamento eccessivo dei tempi, soprattutto durante alcune sequenze di dialogo (a tratti superflue) o addirittura a episodi che non fanno che rimarcare quanto visto in precedenza.

Anche a livello di caratterizzazione dei personaggi purtroppo non si è svolto un lavoro ottimale, specialmente per quanto riguarda i due ricercatori, troppo spesso impegnati a ripetere gli stessi concetti senza quasi mai evolversi a livello introspettivo. Allo stesso modo i comprimari non risultano riconoscibili e iconici - al pari dei villain - ammantando l'intera opera di una piattezza contenutistica che porta la serie a percorrere i binari della prevedibilità.

Combattimenti robotici

Nella seconda metà dell'anime, dopo numerosi episodi abbastanza piatti, prende il via un evento speciale che vede numerosi robot combattere in un torneo, a cui ovviamente partecipa anche Six.
Seppur l'evento risulti in realtà inserito quasi come semplice riempitivo, la progressione narrativa da questo punto in poi riesce un minimo a ritrovare la coerenza perduta. I combattimenti corpo a corpo risultano in linea di massima godibili, anche se una maggior cura nelle coreografie avrebbe sicuramente reso gli scontri più avvincenti.

Il penultimo episodio risulta poi il vero e proprio fulcro contenutistico dell'intera serie, capace di racchiudere in sé tutti i pregi e i difetti dell'anime; la presa di coscienza definitiva di Six, rispetto al robot suo avversario, è gestita in modo a tratti semplicistico, capace sì di donare all'intera sequenza un minimo di pathos emozionale senza però spingere mai davvero sull'acceleratore a livello di contenuti.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, l'anime risulta ben realizzato, grazie a un design a cavallo tra uno stile realistico e uno più cartoonesco, capace di valorizzare tanto i personaggi umani quanto i robot. L'implementazione della computer grafica, usata in alcuni momenti per realizzare gli androidi, non risulta soddisfacente, colpevole in un certo senso di far perdere continuità all'azione. Fortunatamente però, lo stile d'animazione classico non ne ha risentito in maniera considerevole, riuscendo tutto sommato a risultare gradevole dall'inizio alla fine, complice anche l'elaborato design del mecha protagonista.

atomthebeginning Atom: The Beginning risulta niente più che un semplice esercizio di stile, incapace di avvicinarsi all'opera originale ma comunque in grado di raggiungere la sufficienza. Una serie da guardare senza pretese, minata però alle fondamenta da un ritmo davvero troppo lento e da una progressione narrativa incapace di trovare il proprio focus.

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