Attack on Titan Final Chapters 1: lo special titanico prima della fine

Il nuovo episodio de L'attacco dei giganti è finalmente disponibile su Cruncyroll, pronto a catapultarci verso l'epilogo lasciandoci sospesi a mezz'aria.

Attack on Titan Final Chapters 1: lo special titanico prima della fine
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Trattando di Attack on Titan, si è a lungo discusso sulla bontà dell'operazione portata avanti da Studio MAPPA, sulle ragioni della reiterata proroga della fine, sul senso e sugli effetti di una narrazione tanto dilazionata quanto attesa. Se riguardo al primo punto si può senza remore promuovere la qualità della produzione dello studio che ha ereditato l'arduo e delicato compito (quasi un fardello considerato l'ottimo lavoro svolto in precedenza da Studio Wit e l'importanza di un'opera che sta segnando un'epoca) di animare Attack on Titan, sugli altri si può ragionare e dibattere. Ed è il momento di tornare a farlo dopo la pubblicazione su Crunchyroll del nuovo special che ci traghetta verso l'epilogo della storia: Attack on Titan Final Chapters Parte 1.

L'Attacco dei Giganti tassello dopo tassello

Per quanto la scelta di dividere in parti e "sottoparti" l'ultima stagione dell'anime sia legata alle necessità produttive di uno studio sempre più sommerso da serie da realizzare (Jujutsu Kaisen, Chainsaw Man, Vinland Saga, Hell's Paradise i più recenti), è indubbio che in termini di ricezione gli effetti possano essere sia positivi che negativi.

Tralasciando la schiera di fan indispettiti per l'ulteriore suddivisione, la decisione penalizza da un lato la visione continua che un anime dal ritmo tanto serrato e dall'intreccio tanto denso di stravolgimenti e di informazioni da tenere a mente dovrebbe prediligere, dall'altro ci regala un Attack on Titan da sorbire lentamente con un'espressione a metà tra il sorriso sorpreso e il ghigno soddisfatto.
Un Aot in piccole dosi, tanto centellinato da diventare una degustazione, di quelle bramate perché il piatto è prelibato, ha un sapore diverso, riconoscibile. E allora un episodio da un'ora assume quasi le sembianze di un pasto completo e lo si gusta senza interruzioni, senza pause forzate che comprometterebbero il ritmo. Attack on Titan Final Season Parte 3 (qui la recensione di Attack on Titan 4x28) ha, di fatto, un ritmo impeccabile, bilanciato al meglio equilibrando azione e parti dialogate, alternando fasi concitate ad altre di maggiore quiete (ma mai del tutto distese data l'urgenza della missione del gruppo intento a fermare l'avanzata di Eren).


L'episodio si apre con l'incedere nefasto del Boato della Terra, Isayama è abile nel rendere tragica l'offensiva fornendo alle vittime un volto e un nome, Halil e Ramzi: conosciamo i loro desideri, le loro speranze per il futuro; sono innocenti, ma verranno schiacciati. Armin, Mikasa e gli altri membri del gruppo di fortuna sono pronti ad agire anticipando le mosse di Eren. Il tentativo disperato del redivivo Floch (la cui morte finisce per essere trattata in maniera forse fin troppo sbrigativa ma in linea con la ferocia senza rimedio della battaglia, con l'ineluttabilità della violenza) di rallentarli costringe Hange a guadagnare tempo gettandosi nella mischia e affrontando i giganti guidati dal Fondatore.

Il suo eroico sacrificio è il punto più alto ed evocativo dell'episodio, sia perché trasudante epicità, sia in termini di qualità tecnica (le animazioni migliori appartengono senza dubbio alla sequenza in questione) che permette al resto del gruppo di raggiungere Salta, dove i componenti si lanciano in un attacco decisivo contro il nemico comune: sono loro l'ultimo baluardo di cui l'umanità è a disposizione. Una cadenza bilanciata, simmetrica, scandita dalla crudele sequenza d'apertura, dal commovente sacrificio centrale, dal finale al cardiopalma, tutti picchi climatici inframezzati da momenti persino più importanti e significativi nel rinsaldare la poetica di Attack on Titan e nel continuare a definire l'evoluzione di Eren, ormai lontano da un risolutivo rinsavimento.

Il Boato della Terra

La calamità di proporzioni bibliche che devasta, massacra, lascia dietro di sé terra bruciata è l'ultima espressione di un'opera che non edulcora la violenza, non censura la guerra e le sue conseguenze, ma le evidenzia, risaltando un mondo in cui la speranza sembra rimanere tale, puntualmente disillusa e fatta a brandelli, in cui l'amore, incastrato tra odio disseminato e conflitto, accenna a riaffiorare solo finché non rinviene la consapevolezza di non poterlo coltivare, di non poterlo alimentare in una realtà in cui solo la sua effimera contemplazione è concessa, e l'unico modo di espletarsi è il sacrificio.

Eren è il fautore della necessità dello sterminio, è lui l'artefice delle brutalità.
Siamo forse per la prima volta disallineati al protagonista, ancora capaci di compatirlo ma non più disposti a comprenderne gli atti immorali. Facciamo il tifo per Armin e gli altri membri della "resistenza", ci distacchiamo dal Gigante Fondatore. L'evoluzione di Eren raggiunge il culmine: lo vediamo in preda agli spasimi del suo dissidio interiore, della sofferenza di chi conosce ciò che verrà; lo ritroviamo ormai deificato, innalzatosi a un piano superiore di consapevolezza che è però plasmata sulla rabbia, sulla delusione. Eren è un dio puerile e deluso, si porta dietro i sogni da bambino, uccide in nome di essi. È iniquo e vendicativo, letale giudice supremo con cui non è più possibile comunicare. Nessuna clemenza, nessuna commiserazione, solo la concessione del libero arbitrio ai suoi oppositori e uno spiraglio per tirarlo giù a forza dal pantheon in cui si è rifugiato.

Eren è, insomma, un protagonista dall'evoluzione eccezionale. E la naturale separazione dello spettatore dall'eroe divenuto flagello diventa sostenibile grazie ad una narrazione che ha sempre puntato forte sulla coralità, che non si è mai focalizzata esclusivamente sulla costruzione del suo protagonista nonostante l'abbia reso gradualmente e con decisione il fulcro di ogni avvenimento, il centro inequivocabile di una narrazione fortemente centrifuga. L'episodio ne approfondisce le dinamiche psicologiche, manifesta la visione distorta della libertà che anelava, adesso fondata sulla sopraffazione, sulla privazione della stessa al nemico, al prossimo.

L'Attacco dei Giganti continua a dimostrare la propria originalità nella rappresentazione matura e problematica dei temi che propone, nella caratterizzazione estremamente stratificata e coerente dei personaggi (la scelta di Annie di ritirarsi ne è la conferma, la gioia di Hange nel suo atto finale ne è la riprova). Guerra, carneficina, discriminazione, odio, ogni genere di barbarie senza il filtro utopistico della risoluzione semplicistica , con un protagonista ormai divinità belligerante e minossica che applica spietata la sua personale legge del contrappasso.

L'Attacco dei Giganti - Stagione 4 Il primo cour dell'ultima parte de L'Attacco dei Giganti ci avvicina inesorabilmente verso la resa dei conti regalandoci un episodio dal ritmo impeccabile, simmetricamente impiantato su tre momenti centrali che trasmettono impotenza, epicità, tensione. La scelta(o la necessità) di dividere in due parti l'ultima porzione di storia può far storcere il naso, ma quella di distribuire un episodio da un'ora si rivela una decisione saggia, e ripaga nella gestione ottimale dei tempi, scongiurando brusche interruzioni o pause che avrebbero smorzato la tensione.