Baki: recensione della seconda stagione disponibile su Netflix

La seconda stagione di Baki, da pochi giorni disponibile su Netflix, non è riuscita a convincerci pienamente. Di seguito di spiegheremo i motivi.

Baki: recensione della seconda stagione disponibile su Netflix
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Dopo l'analisi del primo episodio della seconda stagione di Baki, siamo ora pronti per segnalarvi tanto i pro quanto i contro della nuova stagione appena uscita. Il franchise ideato da Keisuke Itagaki nel corso degli anni '90, oltre ai vari anime, ha dato vita anche a due videogiochi per Playstation 2, nonostante non sia mai riuscito a raggiungere il grande pubblico, soprattutto nel nostro paese. L'opera, di recente disponibile su Netflix, è composta da 13 episodi dalla durata di ventiquattro minuti ciascuno, ricalcando da questo punto di vista la suddivisione vista anche nella prima stagione, composta da due blocchi distinti.

Veleni letali e riprese straordinarie

Inutile perdere tempo girandoci attorno: una delle premesse più interessanti a livello di trama (cioè la condizione di salute precaria del protagonista) è stata purtroppo in breve tempo disattesa, portando di conseguenza l'intera produzione ad assestarsi sui binari della prevedibilità, nonostante comunque alcuni episodi degni di nota. Baki, intenzionato più che mai a diventare il combattente più forte del mondo (status ottenibile solo e soltanto sconfiggendo il tuo temibile padre), decide di partecipare al prestigioso torneo Raitai per dimostrare tanto a se stesso quanto al resto del mondo il suo reale valore. Presentato fin dalla prima stagione come un astro nascente del combattimento, il protagonista, nel corso dei vari episodi precedenti, è riuscito a maturare sempre di più, diventando a conti fatti una vera e propria macchina da guerra capace di affrontare (quasi) qualsiasi avversario.

L'avvelenamento di Baki è un aspetto che comunque poteva essere gestito in maniera molto più approfondita, così da rendere ogni scontro realmente imprevedibile proprio per la situazione sicuramente non ottimale del guerriero.
Purtroppo però gli autori hanno deciso, in una maniera davvero troppo sbrigativa, di far tornare Baki a pieno regime in una manciata di episodi, focalizzandosi ancora una volta sulla sua natura semi divina in grado di fargli ignorare praticamente qualsiasi tipo di danno.

La struttura narrativa prosegue così senza regalare picchi, con i vari lottatori sempre più intenzionati a sfoderare numerose tecniche segrete per primeggiare sui propri avversari per ottenere la tanto agognata vittoria. Nonostante quindi una progressione degli eventi assolutamente lineare, i momenti in cui i numerosi combattenti si sfidano per ottenere il titolo di Kaioh dei Kaioh risultano i più riusciti dell'anime, grazie a sequenze di lotta a cavallo tra superpoteri e digressioni tecniche in linea generale avvincenti.

L'anime, pur basandosi di fatto su una sequela di combattimenti continuativi, riesce a intrattenere grazie a una buona gestione del ritmo, intervallando ai momenti maggiormente concitati alcune spiegazioni tecniche su quanto sta avvenendo. Questo particolare aspetto probabilmente spaccherà in due gli amanti degli anime di genere action; molto spesso si avrà infatti la sensazione di trovarsi di fronte a combattimenti eccessivamente frammentati, dove l'azione verrà interrotta spesso e volentieri.

Allo stesso modo però, il dare una maggiore importanza anche ai contesti più tecnici delle lotte (ovviamente attraverso un contesto lontano da ogni tipo di realismo) riuscirà sicuramente a far felici gli amanti delle strategie.

Pugili e demoni

Seppur quindi la parte dedicata al torneo Raitai sia di fatto ben realizzata, a non convincerci pienamente è stata proprio la seconda metà dell'anime, eccessivamente fuori focus e priva del giusto mordente.
La stessa scelta di focalizzarsi sempre di più sul personaggio di Mohammad Alai Jr., gestito oltretutto in maniera davvero approssimativa (basti pensare alla proposta di matrimonio fatta alla ragazza di Baki), ha inevitabilmente portato l'intera produzione ad accartocciarsi su se stessa, perdendo definitivamente la bussola proprio verso il finale.

La stessa caratterizzazione di Baki ha perso colpi subito dopo il torneo, per via di alcune scelte discutibili che l'hanno portato in un certo senso a rinnegare i propri obiettivi e le proprie convinzioni, dato che gli autori hanno praticamente deciso di traslarle al personaggio di Mohammad Alai Jr.
Gli stessi combattimenti presenti dalla seconda metà in poi, privi del pathos di quelli del torneo Raitai, risultano come dei semplici riempitivi atti ad allungare eccessivamente la progressione degli eventi, privi però di una reale utilità soprattutto a livello di trama.

Nemmeno il confronto tra Baki e Mohammad Alai Jr. è riuscito a risollevare l'intero anime da una piattezza contenutistica davvero difficile da digerire, soprattutto in funzione di quanto visto in precedenza.
Purtroppo quindi, se l'anime continuerà a riproporre stancamente la medesima struttura narrativa anche in futuro, nemmeno i fan più accaniti dell'opera riusciranno a soprassedere sulle numerose mancanze dell'opera.
Buono il comparto tecnico, capace di confermare quanto visto in precedenza senza però eccellere in nessun aspetto.

Baki - Stagione 2 La grande saga del torneo Raitai risulta in sostanza una grande occasione sprecata per l'anime di Baki, incapace purtroppo di puntare sui propri punti di forza per riproporre la stessa identica formula dall'inizio alla fine. Se l'anime in futuro deciderà di proseguire su questa via, purtroppo neanche i fan più accaniti del franchise riusciranno a passarci sopra.

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