Ricapitoliamo: l'ultimo capitolo di Berserk scritto e disegnato dal compianto Kentaro Miura, è uscito il 10 settembre. A furia di inchiostrazioni e tocchi di maestro, Miura ci ha trascinato dentro la sua storia fino all'ultimo, sconvolgendoci con quella rivelazione finale, dissolta sotto la luce di una luna calante. Stavolta, a un anno di distanza, assistiamo a un'altra dissolvenza. L'Isola degli Elfi sta scomparendo, insieme ai suoi abitanti. Anche assieme alle nostre speranze. Per la prima volta da quando il manga ha ripreso la serializzazione, è capitato un vero e proprio declino. Sotto molti punti di vista.
Studio GAGA e Kouji Mori, lo sappiamo, l'hanno più e più volte dichiarato, sottolineato ed evidenziato: non avevano intenzione alcuna di imitare il tratto di Miura sensei. Volevano ereditarne lo spirito e di conseguenza la responsabilità di ultimare la sua storia. Una scelta (sicuramente travagliata) che ha diviso i fan dell'opera in tutto il mondo, con chi li sosteneva e chi no. I motivi principali per cui alcuni non erano contenti della ripresa di Berserk erano, senza giri di parole, una sfiducia parziale nelle capacità del team e del caro amico del Maestro, ovvero Mori. Senza Miura, temevano, non sarebbe mai stata la stessa cosa. Stavolta vi spieghiamo perché dobbiamo (parzialmente) dargli ragione.
L'oscurità che divora tutto
Avevamo notato sin da subito il cambio di registro, ancora coi capitoli 365 e 366 di Berserk, i primi pubblicati dal team di Studio GAGA sotto la supervisione di Kouji Mori. La differenza di stile, di tratti, di inquadrature e di velocità nella narrazione si vedeva, si toccava. Inutile negarlo. Ma, come già dicevamo, dovevamo metterci il cuore in pace per questo e rispettare l'onorevolissima scelta di produttori e disegnatori. Allora ci siamo concentrati sullo sviluppo della storia, che era fondamentalmente tutto ciò che contava, tutto ciò che bene o male ci soddisfaceva: poter vedere la scritta "fine" a un'opera meravigliosa che è stata procrastinata per più di trent'anni.

Tutto sommato, prima del capitolo 369, l'evoluzione della trama ha seguito una sua logica, lo abbiamo persino elogiato con la nostra recensione al capitolo 368 di Berserk. Qui abbiamo visto quell'intreccio, quella complessità e quell'adorabile, cinica fatalità che hanno sempre caratterizzato lo stile complessivo dell'opera. Insomma, avevamo iniziato ad abituarci e anche un po' a crederci. Poi è uscito l'8 settembre il capitolo 369. Chi scrive è consapevole che deve dosare con attenzione le prossime parole. Ma abbiamo il dovere di dire le cose come stanno: questo capitolo è stato un passo indietro. In un momento di transizione così importante, non ci aspettavamo alcuni scivoloni come quelli che abbiamo notato. In questo capitolo l'oscurità ha divorato davvero tutto.
Dissolvenza vs Disillusione
Partiamo dagli aspetti positivi: ciò che ha funzionato e continua a funzionare in questa "versione" di Berserk, è di sicuro la periodizzazione, il ritmo narrativo, che non risulta mai statico (come, purtroppo, poteva capitare in qualche capitolo con Miura) e la panoramica sui personaggi. Per assurdo, proprio nel capitolo 369 di Berserk ciò che funziona di più sono i momenti dedicati ai compagni di Gatsu: la scena tra Isidoro e Isma è estremamente spiazzante. E sempre per assurdo, proprio loro vengono caratterizzati al meglio, sia nello stile grafico sia nella resa espressiva.

Cosa non ci ha convinto, invece? Sebbene l'inchiostrazione e il tratto siano sempre di ottima qualità, stavolta il Guerriero Nero non riesce a trasmetterci le giuste sensazioni che sappiamo sta provando. Il suo viso, le angolazioni e le posizioni del corpo continuano a sembrarci un "riciclo delle precedenti puntate". Sembra come se Gatsu sia stato pietrificato nel momento in cui ha capito che lui e la sua Ammazzadraghi non potevano neppure scalfire Grifis. E per quanto sia plausibile una staticità simile data dall'incredulità, non lo è nel tratto distintivo di Berserk: con un solo sguardo, i personaggi hanno sempre saputo esprimerci il vortice nero dei loro pensieri. Con un solo riquadro, Gatsu è sempre stato in grado di fendere la carta. Qui Gatsu è mono-tono, in cinque capitoli sembra incapace di esprimere più di tre espressioni per volta, le stesse che continuano a rimbalzarsi da una sequenza all'altra. E per quanto la sua situazione sia estraniante e scioccante, non è una motivazione adeguata per giocare su poche mimiche, anche perché la poca cura dei dettagli grafici si riflette nella pochezza della caratterizzazione e di conseguenza della perdita del pathos da parte del lettore.
Noi riusciamo a capirlo, riusciamo a comprendere il suo dolore e ci appoggiamo anche noi sofferenti alla sua spada, l'unico appiglio che il nostro Spadaccino ha sempre avuto. Ma non riusciamo ad andare oltre, a empatizzare, non sentiamo la rabbia, non viviamo la disperazione che tanto dovrebbe trasmettere la scena. Con questa mancanza di precisione, viene a mancare anche la nostra partecipazione.

Altro tasto dolente sono le ambientazioni, anche queste un aspetto sempre molto poco curato dal "Berserk post-Miura". Stavolta, però, la poca accortezza nel tratto fa risultare l'intera sequenza della sparizione dell'Isola decisamente confusionaria. Ci sono sequenze in cui i cambi delle inquadrature e delle ambientazioni sono davvero troppo veloci e poco chiare: passiamo alla terra ferma, poi al mare, poi di nuovo all'Isola, vediamo cadaveri, botti, creature fantastiche, tutto scorre così in fretta e in modo poco preciso che non capiamo chi è chi e dove.
Quell'aspetto positivo da poco tanto acclamato come il ritmo narrativo qui si trasforma in difetto: la velocità d'esecuzione non è sempre la scelta migliore. La sparizione delle sirene e degli abitanti dell'Isola degli Elfi è un momento straziante, importantissimo anche per l'evoluzione della storia, eppure "in un attimo tutto si è dissolto". Così viene descritto e così è avvenuto. Peccato che su questo "attimo" si poteva spendere qualche tavola in più, se non per sottolineare la drammaticità, perlomeno per spiegarla accuratamente.

Le tavole sono poco efficaci dal punto di vista di effetto drammatico nel lettore. Esclusa la scena di Isma, si poteva spendere qualche ultima battuta per Danann? Qualche ulteriore dettaglio su Elfi, sirene e altre creature incantate? Qualche momento toccante di un ultimo gesto, prima che venisse dissolto? Perché abbiamo tre inquadrature dove vediamo le creature avvolte da una sorta di polvere magica, questo e i dialoghi dovrebbero bastarci per capire che tutto sta svanendo. E così è, lo capiamo. Ma non lo viviamo. Abbiamo persino avuto il dubbio che qualcuno sia rimasto. Pak dov'è, ha seguito i suoi simili? Il dubbio è lecito: poca spiegazione, molte domande. Berserk riprenderà il 14 ottobre, vedremo se in quell'occasione riusciremo a dissolvere anche tutte le nostre preoccupazioni.