Recensione Blame!

Maybe on earth, maybe in the future...

Recensione Blame!
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Blame!

Blame! lo scoprii per caso: passando davanti ad un'edicola rimasi attratto dalla splendida copertina del numeo 1, tanto che non potei fare a meno di sfogliarlo. Una rapida occhiata mi portò a vedere strane strutture, paesaggi cibernetici e combattimenti a fuoco dall'atmosfera decisamente dark, che mi convinsero a fare l'acqusito.
Di sicuro il primo impatto di Blame! è dei migliori: originale in tutto, dallo stile grafico all'ambientazione.
Oggi, dopo anni di pubblicazione, la serie si è conclusa con il decimo tankobon, dopo un ritmo di uscita semestrale in contemporanea con il Giappone. Mi sarebbe piaciuto poter leggere l'ultimo numero con lo stesso entusiasmo del primo, ma purtroppo le cose non sono andate così.

Storia?

A questo punto dovrei raccontare qualcosa della trama. Tagliamo la testa al toro: non sarà così dato che fondamentalmente Blame! non può vantare nessunissima storia degna di questo nome, almeno per come la intendiamo noi. Infatti l'unica cosa certa è il protagonista, tale Killy, ed il fatto che deve cercare "la rete dei geni terminali". Sua compagna fino alla fine sarà la dottoressa Tsubo, sulla cui identità niente è certo. Ma del resto niente sappiamo neppure dello stranissimo mondo fatto di migliaia di livelli dalla quantomai bizzarra architettura, un'intrecciarsi di viadotti e cuniculi, scale interminabili ed edifici dalla dubbia funzione. La prima cosa che salta all'occhio è infatti proprio il "paesaggio" del mondo di Blame!, vero e proprio capolavoro di disegno che non nasconde l'ex professione di architetto svolta dall'autore prima di diventare mangaka. Prospettive e assonometrie d'ogni genere per creare strutture originali e incredibili che in più di qualche tavola riescono a sbalordire. Peccato che lo stesso non si possa dire dei personaggi dato che sono realizzati in maniera minimalista, con pochi tratti essenziali, tanto che si assomigliano tutti e li si distingue a fatica.
Altro particolare di Blame! che passerà sicuramente alla storia è l'arma di Killy: una pistolina squadrata dall'aspetto quasi ridicolo che però spara dei colpi dalla potenza micidiale in grado di perforare praticamente qualsiasi cosa per centinaia di metri. La potenza devastante di quest'arma (dalla cui onomatopea deriva il titolo del manga) sarà il biglietto da visita di Killy nel suo vagabondare, quando si tratterà di difendersi da safeguard e governatori.

Artbook

Killy infatti non sarà solo (quasi però...) nel suo viaggio: nonostante gli immensi livelli appaiano per lo più desolati, ci saranno delle fastidiose presenze nemiche il cui fine appare incerto. Si tratta principalmente delle safeguard, delle sorte di automi dalle più varie forme che dovrebbero ripulire le strutture da intrusi. A fianco a loro ci sono anche altri personaggi di più alto livello, sia per grado che per facoltà intellettive, come i Governatori e i Mancyborg, i cui ruoli rimangono ancora tutt'altro che chiari.
Infatti Blame! risulta sostanzialmente questo: un continuo vagabondare del protagonista per luoghi misteriosi, con una meta tutta da definire e combattendo di tanto in tanto con i nemici di turno. Certo tutto questo è anche bello da vedere ed alcuni momenti sono veramente memorabili, ma mi secca ammettere che non c'è nulla di più. Non c'è una storia, non viene spiegato niente, non si capisce niente. I dialoghi sono pochissimi, si contano sulle punte delle dita e ci sono numeri quasi interamente pervasi dal silenzio: certo crea atmosfera, ma a tutto c'è un limite dato che sembra piuttosto nascondere l'incapacità dell'autore di dare un senso alla sua opera. A peggiorare il tutto il pessimo adattamento della Planet Manga i cui errori grossolani nella traduzione ("rete dei geni" invece che "geni della rete") hanno reso ancor più difficile la comprensione. A onor di cronaca va comunque detto che in ogni caso difficilmente si sarebbe ottenuto qualcosa di sensato...

Blame! Blame! si presentava bene, aveva un grande potenziale, ma è proseguito per 10 numeri senza dire nulla, ripetendo continuamente l'alternarsi di palazzi assurdi a combattimenti caleidoscopici, rivelandosi alla fine per quello che veramente è: un semplice esercizio di stile.