Recensione City Hunter Complete Edition

Uno dei più grandi classici degli anni '90 ritorna in una nuova e sfavillante edizione!

Recensione City Hunter Complete Edition
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Casual e hardcore

Nel corso degli anni, in Italia, la fruizione degli anime ha avuto un netto arresto, se escludiamo le produzioni 100% shonen come Naruto, One Piece e Dragon Ball. Inevitabilmente nell'immaginario della massa sono rimaste impresse serie televisive più "antiche". City Hunter è forse uno degli ultimi rappresentanti di quei cartoni giapponesi noti anche al pubblico prettamente "casual".
Per quanto riguarda il manga (la prima edizione italiana la dobbiamo a Star Comics), esso è arrivato prima della versione animata (1996), ma com'era prevedibile, le vendite aumentarono sensibilmente grazie al passaggio televisivo (1997); mostrando una totale sudditanza del mezzo stampato (che tra l'altro all'epoca era davvero in mano alle produzioni Bonelli).

Struttura classica degli anni '80 e '90

Ora, va pur detto che lo stile giapponese è andato radicalizzandosi e differenziandosi dai prodotti occidentali; tuttavia negli anni '80 e '90, sia per personaggi, che per storia, disegni e struttura degli episodi, troviamo ancora molti punti di contatto con le produzione americane di quel periodo.
A nostro modesto parere, Ryo Saeba è uno dei personaggi migliori dell'intero panorama del fumetto giapponese. In realtà, al di là delle apparenze, non ha troppi avversari; se intendiamo un personaggio scevro da una qualunque caratteristica ferina o demoniaca. Nel passaggio dal manga all'anime, Saeba, e in parte la compagna Kaori, subiscono un leggere restyling, che possiamo sintetizzare in "occidentalizzazione". Forse chi ha superficialmente seguito il manga non ci ha fatto caso, ma il design originale di Ryo Saeba fa emergere lati del carattere poco presenti nella controparte animata. Fermo restando lo stesso fisico scultoreo e le "caratteristiche erotiche" da vero priapo, il Saeba originario ha un viso più dolce e "nipponico" (a nostro avviso anche un leggero strabismo, non si sa se voluto); e generalmente presenta anche un volto più affabile, meno da "eroe poliziesco".
A pensarci bene, dal dopoguerra alla fine del secolo, non ci sono grossi sconvolgimenti nella struttura di base del fumetto. Tutto ruota intorno a uno o due protagonisti, con una natura strettamente episodica, magari riservandosi un exploit finale. Gli stessi episodi (parlando di animazione, ma la cosa si ben adatta anche ai fumetti) hanno una struttura abbastanza precisa (antefatto, avvenimento motore, svolgimento, azione di culmine, epilogo rasserenante e/o pedagogico)
La cosa è ben più accentuata in un manga poliziesco, che per sua natura segue dei casi precisi e in genere slegati l'uno dagli altri. Questo procedere ben si adatta a una fruizione "casual", non continua. I personaggi inoltre raramente evolvono, e tutto il piacere sostanzialmente poggia sulle capacità dei protagonisti e del loro appeal.
Seguire City Hunter è un po' come leggere un diabolik o vedere una puntata di Colombo, fermo restando che i polizieschi per loro natura hanno struttura che mal si adatta alla canonica mezz'ora televisiva e infatti le storie quasi sempre hanno bisogno di un paio di episodi per esser portate a compimento.

Alchimia perfetta

ll protagonista è Ryo Saeba, appare come uno sweeper professionista, eccelle nella lotta corpo a corpo, ha sensi sviluppati e qualità da cecchino. Convive, o forse sarebbe meglio dire che condivide casa e attività, con Kaori Makimura, sua assistente e sorella del compianto Hideyuki, ammazzato dalla mafia. Il loro lavoro consiste nel risolvere problemi di varia natura, nell'ambito della sicurezza del cliente. Fin qui potrebbe essere un normale poliziesco, ma c'è la solita verve tipica del fumetto giapponese: Ryo è un manico sessuale, e accetterà solamente clienti di sesso femminile (beh, non si può non citare il bambino che per dare l'incarico promette addirittura un harem al nostro investigatore!). Ovviamente Kaori tenterà in ogni modo di bloccare le sue incursioni notturne con le clienti del momento, spesso col famosissimo "martellone da 100 tonnellate (magari 250 nelle situazioni più porcellose)", che nel corso degli anni è diventato un vero marchio di fabbrica della serie.
Gli ingredienti base sono questi: belle donne, azione e umorismo. Poteva non funzionare?
Il punto di forza sta nella credibilità di Ryo (e più avanti nel suo affascinante e tormentato background): godurioso più di Lupin e astuto più di Golgo 13. Di lui piace il suo modo di approcciarsi al genere femminile (tovaglietta annodata sulla testa secondo tradizione dei ladri giapponesi, espressioni comiche, compresa una citazione di Ken Shiro), ma allo stesso tempo è credibile l'affetto "da fratello maggiore" nei confronti di Kaori, della quale non solo ovviamente vuole tutelarne l'incolumità, ma persino l'innocenza, visto che ha modificato la pistola di lei in modo che non possa uccidere.
Kaori stessa è un bel personaggio, fuori dagli schemi della tsundere. Ha la bellezza di una delle tre sorelle di Occhi di gatto, ma i capelli corti le donano un'aria più da maschiaccio. Lo stesso Ryo non la considera all'inizio come femmina (da portare a letto), ma il sentimento da parte di entrambi sarà sempre più evidente col passare dei numeri. Fra i coprimari abbiamo Umibozu (Falcon nella versione italiana), una specie di Tuckleberry (il maniaco delle armi del film Scuola di Polizia). Rappresenta l'uomo massiccio (e ovviamente timido con le donne e pauroso dei... gatti!). Adora le armi di grosso calibro, ha avuto dei "dissapori" con Ryo, ma alla fine lo vedremo come barman nel locale Cat's Eye, che ha aperto con Miki, con cui condivide un triste passato.
Non poteva mancare una detective della polizia che copre e supporta i nostri protagonisti: anche Saeko sa del debole di Saeba per le belle donne e cerca di approfittarne, ma tra loro si cela una questione più profonda: in questo caso il fatto che Saeko era la compagna di Hideyuki, l'ex collega di Ryo.

Ricchezza dei personaggi secondari: il passato oscuro di Ryo (SPOILER)

A parte le varie clienti (comunque personaggi interessanti), il manga è pieno di altre donne. Spesso c'è una specie di liaison, ma non solo. La chiave della storia è nel passato di Ryo che riemerge. Ryo non deve le sue abilità ad estenuanti allenamenti con un padre troppo severo. Da piccolo l'aereo su cui viaggiava assieme ai genitori precipitò in Brasile e Ryo si trova da solo e orfano. Finisce per fare il mercenario in una guerra civile sudamericana (dove ad esempio conosce Umibozu, anche se stava dalla parte avversaria). Il senso tragico viene enfatizzato dal fatto che da ragazzo gli viene fatta assumere una droga, detta "polvere degli angeli", che euforizza mente e corpo, rendendo delle perfette macchine assassine. E' attorno a questo elemento che si dipanerà la parte finale della storia.
In molti manga la nemesi del protagonista è un amico o magari il padre, di fatto motore degli eventi malvagi. Nell'anime viene a mancare questo personaggio chiave che è Shin Kaibara, che per Ryo è un padre adottivo, a cui ruotano molti degli eventi sul passato oscuro di Saeba.
Menzione particolare per Mick Angel, anch'egli presente solo nel manga. Ryo e Mick presentano svariati punti di contatto con Ken e Ryu di Street Fighter: uno biondo e l'altro moro, ma alla fine c'è una base comune. Mick rappresenterebbe il "collega americano", il più bravo cecchino occidentale, contrapposto a quello orientale che sarebbe Ryo. Ovviamente anche lui è uno sciupafemmine ed è un professionista tanto "di buon cuore" che fa innamorare di se le donne del proprio bersaglio, affinché non siano troppo tristi della loro morte. A questo punto potreste immaginarlo da soli: si, magari Ryo e Mick si conoscevano, e magari ora lo deve uccidere.
Lo svolgimento delle storie di questi personaggi chiave nella parte finale del manga è abbastanza toccante e dona quella virgola di amaro ad una serie che rischiava di apparire come un semplice divertissement.

City Hunter Ha senso ancor oggi consigliare la lettura di City Hunter? Nel suo genere ero-comico, ma non troppo, d'azione ma senza freddi schemi, non ha grandi rivali. Il disegno è riconoscibilissimo di un'epoca e di un certo modo di essere negli anni '80: attenzione agli ambienti e alle auto, momenti comici abbastanza ben contestualizzati, deformed assente, se escludiamo le "imitazioni" di Saeba e gli uccelli sarcastici (corvi il cui verso ricorda il termine stupido al giapponesi e le libellule per le battute mal riuscite).