Cowboy Bebop: Recensione dell'anime prodotto dallo Studio Sunrise

La ventennale serie anime ideata da Shinichiro Watanabe è un caposaldo del genere sci-fi: riviviamo l'avventura del Bebop.

Cowboy Bebop: Recensione dell'anime prodotto dallo Studio Sunrise
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La Bebop è un'astronave di scalmanati. Spike odia le donne, i cani e i bambini, eppure i tre quinti del suo equipaggio sono costituiti da queste categorie. Jet se la ride tra un grugnito e l'altro, Faye è una presenza evanescente e indomabile, Ed armeggia con le sue stramberie. Nel 1998 lo studio Sunrise, sotto la direzione di Shin'ichiro Watanabe, dava vita a Cowboy Bebop, capolavoro di animazione e cultura pop, caposaldo di fantascienza e scrittura episodica. Un'opera che ancora oggi resta attuale, per narrazione e tecnica, e non dovrebbe stupire la volontà da parte di Netflix di trarne un adattamento live-action. A distanza di poco più di 20 anni dal suo esordio, ripercorriamo un prodotto indelebile, prezioso, che tutti - appassionati di anime e non - dovrebbero conoscere e guardare almeno una volta nella vita.

See you, Space Cowboy

Spike Spiegel e Jet Black sono due cacciatori di taglie molto abili, entrambi con un passato oscuro e doloroso alle proprie spalle. Sono "cowboy", denominazione che indica la loro professione nonostante il setting futuristico in cui si ambienta l'opera di Watanabe. Nel 2021, infatti, la distruzione della Luna portò allo schianto di meteoriti sul pianeta Terra, un cataclisma che devastò il nostro pianeta e costrinse l'uomo a iniziare la sua lenta opera di colonizzazione dello spazio.

Il progresso tecnologico, nei decenni successivi, ha portato anche a un proliferare della criminalità, costringendo la società umana a reintrodurre le figure dei cacciatori di taglie. Ecco, se c'è un primo elemento di grandezza insito in Cowboy Bebop è proprio nel suo setting: un contesto sci-fi dall'anima western, senza tradire un'estetica noir e una direzione artistica da vero e proprio pulp.

Nell'immaginario fantascientifico di Watanabe si riflette l'epopea di frontiera spaziale assaporata in Guerre Stellari. E non ci riferiamo alla semplice estetica, ma a tutta la "lore" di fondo, alla mitologia e alla profondità dietro le molteplici narrazioni che Spike e i suoi incontrano sul proprio cammino.

Perché, quando inizia il racconto della serie composta di 26 episodi, Spike e Jet sono due cani randagi. Due lupi solitari, non troppo legati tra loro ma consapevoli di aver bisogno l'uno dell'altro. Viaggiano di pianeta in pianeta, vivendo avventure brevi che si risolvono quasi sempre in un buco nell'acqua, alla costante ricerca della taglia che gli farà incassare un bel po' di grana per arricchirsi e vivere in maniera soddisfacente. Poi incontrano Faye Valentine, una misteriosa giovane donna che a sua volta vive all'ombra dei suoi stessi ricordi perduti. Una femme fatale in tutto e per tutto: bellissima, indomabile, sensuale. Sa sempre come raggirare il suo obiettivo, sa mettere in mostra le proprie curve sinuose e, soprattutto, sa mettersi nei guai come pochi altri individui.

E poi, ancora, arriva Radical Edward, una ragazzina ambigua e iperattiva, anche lei con un trascorso avvolto nel mistero. Ciò che accomuna i protagonisti è il fatto di essere dei figli di nessuno, privi di affetti o di una casa a cui tornare. Ed è questo il fulcro di Cowboy Bebop: l'anime di Sunrise, oltre a dipingere un affresco pop incredibilmente vasto e stratificato, tratteggia finemente la psicologia di ciascun personaggio, tanto quelli principali quanto i comprimari.

Pistoleri nello spazio

Cowboy Bebop presenta una struttura fortemente episodica: tralasciando due storie, che rappresentano altrettanti momenti cruciali per l'andamento e il respiro del racconto, che vengono divise in due parti, ogni viaggio effettuato dalla Bebop racconta una trama a sé stante e pone un piccolo tassello su tutto il grande mosaico narrativo che è la creatura di Watanabe. L'opera vuol essere, in sostanza, una vera e propria antologia fantascientifica: non è importante la linearità del racconto, quanto piuttosto il suo significato all'interno di un immaginario che si fa protagonista.

Non importa, in fondo, quale sia il reale minutaggio dedicato a ciascun personaggio o a una storia: si riesce sempre a cogliere l'essenziale, a lasciare che il "non detto" esplichi il tutto, a plasmare figure iconiche e intramontabili nonostante non facciano più capolino nel corso della narrazione. Cowboy Bebop è, innanzitutto, un capolavoro di scrittura: perché riesce a farci amare degli anti-eroi di cui non sappiamo nulla, inizialmente, facendoci soffrire man mano che la trama svela il loro passato e ci pone di fronte al loro incredibile epilogo.

Ed è tutto, costantemente, un'espressione di stile purissimo, dall'evoluzione dei protagonisti ai sentimenti che li muovono, dalla regia (mai banale) e da quell'atmosfera intrisa di continue sonorità jazz: l'epopea di Spike e dei suoi compagni è un Far West spietato e malinconico, nelle intenzioni, ma si trasforma pian piano in un'esplosione atomica di cyberpunk, capace ancora oggi di fare scuola e di dettare le regole di una rappresentazione scenica ed artistica che ha pochissimi rivali. A colpire con tutto il suo impatto nell'immaginario pop collettivo non è solo lo stile, visivo e concettuale, con un character design curato nei minimi particolari o con animazioni che, a dispetto della tecnologia a disposizione in quegli anni, ancora oggi farebbero impallidire qualunque esponente medio-alto moderno.

È anche la poetica che ne anima la sceneggiatura, pervadendola con umanità e dolcezza, emozioni che si mescolano a un ritratto distopico, arido e crudele dell'avidità e della disperazione umana. Prima delle sparatorie, delle taglie, dei viaggi intergalattici e dei complotti, Cowboy Bebop è una storia d'amore, di appartenenza, di ricerca delle proprie radici e di sacrificio. E, in quanto tale, va amata e preservata per i posteri, che cercheranno nello sci-fi d'animazione una pietra miliare in cui credere.

Cowboy Bebop Forse l'unico, vero difetto che potremmo incontrare nell'opera di Shin'ichiro Watanabe è che finì troppo in fretta. Prima ancora che uno splendido anime, Cowboy Bebop è un'opera di fantascienza in cui la rappresentazione del cyberpunk trova un esponente leggendario. L'anime di Studio Sunrise ha ben 20 anni sulle proprie spalle, ma è attualissimo per scrittura, poetica e stile: un prodotto che, ancora oggi, non sfigura di fronte all'industria moderna. Un capolavoro capace di tratteggiare evoluzioni e background perfetti, condensandoli in appena 26 episodi. Piccole antologie, eppure racconti che dicono tutto a proposito dell'animo umano.

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