Dopo la pioggia: Recensione finale dell'anime disponibile su Amazon Prime Video

Si è da poco conclusa la serie anime rivelazione dell'anno: andiamo ad analizzare Dopo la pioggia, felice adattamento del popolare manga di Jun Mayuzuki

Dopo la pioggia: Recensione finale dell'anime disponibile su Amazon Prime Video
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È un fatto ormai storicamente accettato che la grande rivoluzione della serialità televisiva occidentale abbia avuto inizio tra la fine degli anni ‘90 e gli inizi del nuovo secolo, e poco importa se spetti a The Shield o piuttosto a Breaking Bad la palma del "prodotto di rottura" che ha innescato la rivoluzione formale e contenutistica che è oggi sotto gli occhi di tutti. Ciò che conta è che oggi la serialità televisiva gode di una considerazione critica che non lascia spazio a dubbi di sorta: quelli che una volta chiamavamo "telefilm" sono una forma d'arte di livello potenzialmente pari, ad esempio, al cinema o al cinema d'animazione (sdoganato artisticamente grazie anche all'attività di maestri orientali come Hayao Miyazaki, Lee Sung-gang, Satoshi Kon). Difficile dire se ci stiamo avvicinando a una svolta analoga anche per quanto concerne quei prodotti televisivi che una volta chiamavamo semplicemente "cartoni animati", ma una cosa possiamo dirla sin da ora: Dopo la pioggia, l'adattamento anime realizzato da Wit studio dal manga bestseller "Come dopo la pioggia" (Koi ha Ameagari no You ni, letteralmente: L'Amore è come dopo la pioggia) di Jun Mayuzuki, che proprio in questi mesi si avvia alla propria conclusione sulle pagine della rivista seinen Big Comic Spirits, è un gioiello col quale in futuro le serie d'animazione, specie quelle di genere slice of life, dovranno inevitabilmente confrontarsi. Trasmesso su Fuji TV e in simulcast su Amazon Prime Video a partire dal gennaio di quest'anno, Dopo la pioggia si è recentemente concluso. Cerchiamo di capire insieme che cos'ha di tanto speciale.

La passione secondo Tachibana-san

Lei si chiama Akira Tachibana, ha diciassette anni ed è la tipica liceale bishojo alta, slanciata, con enormi occhi viola e lunghi capelli corvini. Una promettente carriera sportiva nella corsa, passione coltivata fin dall'infanzia assieme all'amica del cuore Haruka, è stata bruscamente interrotta da una lesione al tendine d'Achille. Di quell'incidente le resta una brutta cicatrice e la paura di ricominciare. In un pomeriggio di pioggia, dopo la scuola, si rintana in un ristorante per famiglie, il Garden, probabilmente attratta dal suo motto - It's your garden! - che sembra promettere contemplazione, pace interiore e un buon caffè. Lui si chiama Masami Kondo. Tabagista incallito, Kondo ha quarantacinque anni, un divorzio alle spalle e un figlio a carico ed è il Direttore del Garden. Ha occhiaie profonde, è goffo e qualcuno insinua che al lavoro non si cambi le camicie con la dovuta frequenza. Teoricamente non potrebbero esserci due individui più diversi sulla faccia della Terra: dietro un'apparenza fredda e distaccata, che usa perlopiù per allontanare le persone che non le vanno a genio, Tachibana nasconde un'incontenibile voglia di vivere, di correre a perdifiato sotto un cielo azzurro rigato di nuvole, d'innamorarsi.

Lui è un individuo alquanto grigio, che pare vivere solo per mandare avanti il suo locale appartenente a una grande catena di ristoranti giapponesi, ma è in realtà divorato da una grande passione per la "letteratura pura" o junbungaku (l'espressione si riferisce a un celebre dibattito fra gli scrittori Tanizaki e Akutagawa in cui la letteratura "seria" veniva contrapposta a quella "popolare", detta invece taishubungaku) che nasconde a stento - o non nasconde affatto, specie quando gli capita qualche buona occasione fra gli scaffali di una polverosa libreria di quartiere. Il loro incontro nasce a causa dell'atavica incapacità dei giapponesi di bere il caffè amaro: Kondo non si limita a versare alla sua giovane cliente del latte nella tazza, ma lo fa con un sorriso e un abile gioco di prestigio. L'immotivato gesto di gentilezza di Kondo scatena qualcosa di imprevedibile. La bellissima e giovanissima Tachibana s'innamora di lui, al punto da farsi assumere nello stesso ristorante per stargli vicino. Sebbene il loro complicato rapporto, fatto di lentissimi inseguimenti, brevi scatti in avanti e lunghi passi indietro sia la pietra angolare attorno a cui gli autori della serie hanno costruito la narrazione di Dopo la pioggia, i personaggi di contorno (l'affezionata amica Haruka, l'esuberante Yui, Takashi Yoshizawa, Ryosuke Kase, lo scrittore di successo Chihiro), mai stereotipati e tratteggiati con la medesima delicatezza, sono le pennellate che aggiungono grazia a un prodotto già raffinatissimo di suo.

Il Giardino delle parole, Akira, Rashomon, la stagione delle piogge

La simbologia alla base della serie è estremamente semplice da districare, tra le altre cose perché si avvicina molto a quella che si trova alla base di un (giustamente) celebrato mediometraggio del 2013, Il Giardino delle parole di Makoto Shinkai. Tanto per cominciare abbiamo la pioggia, motore stesso della narrazione; il clima giapponese è caratterizzato dalla tsuyu, una lunga stagione delle piogge durante la quale è vitale girare con un ombrello (in giapponese kasa). Nei tempi antichi era considerato immorale per una ragazza nubile mostrarsi in pubblico con un uomo, mentre era socialmente accettato ripararsi assieme dalla pioggia sotto lo stesso ombrello. Nella cultura giapponese l'ai ai gasa, cioè "condividere l'ombrello" divenne così il simbolo degli innamorati. Altra immagine molto importante in entrambe le opere è il giardino, che nel film di Shinkai è un giardino vero e proprio mentre qui l'oasi di tranquillità è rappresentata da un ristorante. Un altro simbolo molto importante è quello rappresentato dalle scarpe: importanti anche ai fini della trama, qui il loro ruolo è coperto soprattutto dai piedi, frequentemente inquadrati - specie quelli di Tachibana. I piedi sono un simbolo di concretezza, di realtà, sono ciò che ci tiene ancorati a terra, anche se per la giovane atleta avevano sempre rappresentato la corsa, la velocità, la libertà. Sono inoltre - concetto forse mutuato dalla vicina Cina - simbolo di bellezza. Anche se le affinità non si fermano qui (pure alla base del Giardino delle parole c'è una storia d'amore resa impossibile da una differenza anagrafica) è probabile che questi elementi di contatto nascano da una comune radice culturale. Dopo la pioggia è insomma un prodotto innovativo ma al tempo stesso profondamente radicato nell'immaginario giapponese come dimostra anche un altro elemento cruciale, che la eleva sopra ogni altro prodotto realizzato negli ultimi anni: la cultura, rappresentata dai frequenti riferimenti alla raccolta Rashomon e altri racconti dello scrittore Ryunosuke Akutagawa, proprio quello che abbiamo citato prima a proposito del dibattito fra letteratura e narrativa popolare. Rashomon è una parola che non vi giungerà nuova se siete appassionati della settima arte, dato che così si intitola uno dei film più celebri del grande regista Akira (una coincidenza? difficile a dirsi) Kurosawa. Il racconto di Akutagawa è citato in numerosissime occasioni nella serie ed è fondamentale nell'ottavo episodio, in cui Kondo ne fa una lettura critica ad Akira, che è stata rimandata proprio in letteratura. Ambientato a Kyoto intorno all'anno 1000, ha per protagonista un servo che nella città devastata dalla miseria, per ripararsi dalla pioggia battente si ripara sotto la Rashomon, la vecchia porta difensiva della città, simbolo di rovina ma soprattutto di cambiamento. Kondo e Akira ne discutono a lungo e da questi loro ragionamenti scaturiscono alcuni eventi centrali della trama.

Gioia e rivoluzione

Pur senza raggiungere la maturità grafica di un Violet Evergarden, Dopo la pioggia è senz'altro una gioia da guardare, sia in termini di disegno che di animazioni - straordinaria, infatti, l'ultima sequenza di corsa, momento clou dell'episodio conclusivo.

La regia di Ayumu Watanabe è eccellente e valorizza tutti gli elementi centrali della serie. Ma non c'è dubbio che siano lo storytelling e la caratterizzazione dei personaggi i suoi veri punto di forza. La trama avanza con un ritmo lento e costante, povera di colpi di scena ma pienamente lineare come potrebbe essere quella di un shosetsu, un romanzo giapponese che giunge ad un finale non del tutto chiuso e forse neppure del tutto soddisfacente (per certi versi persino banale) ma che in ogni caso non cancella un etto dello splendido lavoro realizzato dal Wit studio e dalla mangaka Jun Mayuzuki. Quando si tratta di serie anime capita spesso di imbattersi in protagonisti piatti, modellati su solidi e ormai ben conosciuti stereotipi caratteriali. Termini come yandere, tsundere e così via ci sono ormai noti. Nemmeno lo spartiacque rappresentato da Neon Genesis Evangelion, che a suo tempo rivoluzionò la serialità nipponica, è riuscito a cancellare questo tratto costruttivo della narrazione animata giapponese, e in effetti è molto raro che lo scarso approfondimento psicologico finisca con l'essere un difetto concreto per una serie anime ben realizzata. Questi "tipi" caratteriali sono ormai familiari e tacitamente accettati.

Detto questo, non si può non notare come la caratterizzazione psicologica in Dopo la pioggia sia di un livello superiore: Akira e Kondo sono personaggi vivi e restano impressi nella mente e nel cuore dello spettatore, che soffre e si esalta per i loro avvicinamenti, per le incomprensioni e le minuscole gioie della loro storia. Consapevole della propria età avanzata, di tutte le esperienze di vita che li separano e della spensieratezza che la giovinezza di lei porta con sé, Kondo tenta di tenersi a distanza e di resistere alla candida seduzione di Akira ma al tempo stesso non cessa mai di riflettere su sé stesso e trae forza dall'amore che lei gli dimostra innescando un processo di crescita interiore. Tachibana riversa nel lavoro e nella passione per Kondo tutta la propria incontenibile energia giovanile. Tentando di comprendersi a vicenda, i due giungeranno alla conclusione che non si è mai troppo grandi per crescere e che maturare non implica automaticamente lasciarsi tutto alle spalle. Gli altri membri del cast, pur non godendo del medesimo spazio, sono presentati e sviluppati poco per volta con grande cura e non rispondono ad alcun cliché. I loro piccoli dolori e le loro piccole felicità sono immerse in un gioioso silenzio che percorre tutta la serie, un silenzio non spezzato ma semmai esaltato dai pochi dialoghi, da un accompagnamento musicale mai invadente, dal suono della pioggia che picchia sui vetri del Garden. Pur fermandosi un passo prima del capolavoro Dopo la pioggia ha le potenzialità per piantarsi nell'immaginario collettivo e diventare il nuovo prodotto di rottura che alza l'asticella della cosiddetta "qualità". Dopo la pioggia è finito e Akira, Kondo e tutti gli altri sono proiettati con gioia verso un futuro incerto ma carico di promesse. Un futuro in cui, ne siamo certi, prodotti come questa splendida serie saranno non l'eccezione ma la regola.

Dopo la pioggia L'anime realizzato da Wit studio non è stato solo una piacevole sorpresa ma una vera e propria illuminazione. Nella nostra analisi non abbiamo lambito che alcuni degli aspetti di questa opera profondissima ricca di spunti, di emozioni, di cultura. Akira Tachibana e Masami Kondo non sono solo personaggi di una serie anime brillantemente disegnata e animata, sono personaggi vividi, perfetti nelle loro imperfezioni. La narrazione di Dopo la pioggia è piana e lenta, si prende i suoi tempi per raccontare una storia fatta di piccole cose e piccoli gesti, costruita attorno a delicati silenzi, un pizzico di rimpianto e tanta gioia di vivere. A fronte di un finale che forse non soddisfa al cento per cento e di cui preferiamo non dir nulla, Dopo la pioggia è un prodotto da guardare e da amare.

8.8