Dragon Ball Z: la Recensione dell'anime shonen tratto dal manga di Toriyama

Dragon Ball Z torna per l'ennesima volta in TV, dandoci l'occasione di analizzare nel dettaglio una delle opere più influenti della cultura pop.

Dragon Ball Z: la Recensione dell'anime shonen tratto dal manga di Toriyama
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Impossibile parlare di Dragon Ball senza nascondere una certa riverenza: la creatura di Akira Toriyama non ha soltanto definito i canoni di un genere che oggi, pur evolvendosi costantemente, perdura seguendone gli schemi e i canoni narrativi principali, ma ha anche segnato l'intrattenimento di numerose generazioni affermandosi come un dei prodotti più pop di sempre. Il successo stratosferico del manga, perdurato e sfociato in una quantità di forme multimediali diverse (dal cinema ai videogiochi, passando per ogni forma possibile e immaginale di merchandise), è dovuto soprattutto alla serie televisiva animata, che dai confini della terra nipponica non ci ha messo troppo tempo a raggiungere gli schermi in ogni angolo del mondo. L'ennesimo ritorno di Dragon Ball Z in TV, grazie alle repliche di Mediaset che ci propongono l'anime su Italia 2, ci dà l'occasione per analizzare il prodotto più importante, segnante e fulgido dell'opera cult di Akira Toriyama: perché, in fondo, non è mai troppo tardi ed è sempre giusto tornare a parlare dei Super Saiyan.

Chi sei, Goku non lo sai...

Sappiamo tutti che l'adattamento anime della Toei Animation, nei confronti del manga originale, si pone nella forma di due diverse serie: la classica Dragon Ball, che narra la prima parte delle avventure di Goku dalla sua infanzia fino alla gioventù e all'età adulta culminante nello scontro con Piccolo durante la finale del 23° Torneo Tenkaichi. In seguito, a determinare quella "rottura" ideologica, narrativa e stilistica tra l'adolescenza del protagonista e la sua maturità, debuttò nel 1989 Dragon Ball Z, un prodotto destinato a lasciare il segno nel suo genere di riferimento. Se la prima serie, infatti, viaggiava sui binari di un'avventura fantasy incentrata sui temi del viaggio e della scoperta piuttosto che su quelli di uno shonen puro, Dragon Ball Z si affermò in tutto e per tutto come l'anime che fece delle battaglie il suo marchio di fabbrica, creando un filone che ancora oggi - in prodotti essenzialmente derivativi come i vari Naruto, ONE PIECE, Hunter x Hunter, My Hero Academia e così via - sopravvive nello schema e nei dogmi che pongono un protagonista (alle volte un po' tonto e ingordo) votato al migliorarsi sempre di più nel combattimento e animato da un profondo senso di giustizia e bontà. DBZ, a sua volta, trasse ispirazione da altri cult del genere: è indubbia sul maestro Toriyama, ad esempio, l'influenza dei lavori del leggendario Go Nagai, ma l'immaginario imbastito dal Nostro (e, di rimando, dall'adattamento animato ispirato all'opera cartacea) resta un pioniere fondamentale del genere.

La trama di Dragon Ball Z inizia indubbiamente nel migliore dei modi, esplorando finalmente le misteriose origini di Goku e attribuendo al protagonista un background à la Superman: una parabola che senza dubbio i due eroi, pur diversi nello stile e nell'immaginario, condividono nell'ottica di una concezione divina e salvifica del superuomo nei confronti dell'umanità. Il successivo sviluppo degli eventi, saga dopo saga ed episodio dopo episodio, non procede in realtà nella più originale delle strutture: le tre macro-saghe dell'opera - Freezer, Androidi, Majin Bu - si ripropongono secondo i topoi della narrazione classica, infarcendo il racconto di nuovi personaggi o elementi che hanno contribuito nel tempo ad arricchirne il pittoresco immaginario.

What's My Destiny

Dragon Ball Z, soprattutto, è una storia di evoluzioni: che sia con le trasformazioni o il superamento dei propri limiti, o in senso molto più sublime attraverso una profonda introspezione dei suoi protagonisti e una serie di valori positivi che animano persino i personaggi più ambigui, l'epopea di Goku e dei suoi amici resta un'indimenticabile storia di formazione.

Una costante messa alla prova fisica e psicologica, un racconto di eroi, guerrieri, alieni e superuomini il cui sogno rimane (e rimarrà sempre) quello di superare sé stessi ma anche di proteggere, vegliare sugli altri, mettere da parte il proprio orgoglio o tornaconto personale in difesa di chi si ama e, soprattutto, che anche i più malvagi sono in grado di cambiare e di trovare nella vita ciò che pensavano li appagasse seminando la morte.

Tenshinhan, Piccolo, C-17 e C-18 o persino Majin Bu incarnano appieno questi valori, che trovano una summa perfetta, toccante e profonda soprattutto nel personaggio di Vegeta: il principe dei Saiyan resterà probabilmente uno dei comprimari (o co-protagonisti, a seconda di come la si guardi) più riusciti nel panorama dell'intrattenimento. Testa calda, guerriero orgoglioso, amico-rivale, egli rappresenta la perfetta antitesi a un eroe leggendario e immortale come Goku: oltre alla parabola quasi divina che regola la storia di Kakaroth, il protagonista dell'opera ha tracciato - come già evidenziato - un percorso specifico per tanti suoi successori perlopiù ideologici, viaggiando su un filo costantemente in bilico tra la figura mitizzata e intoccabile di un eroe imperfetto, semplice e genuino, capace di empatizzare con il suo pubblico tanto nelle sue abbondanti ed esagerate scorpacciate quanto nelle sue battaglie più drammatiche ed estreme al punto da averci fatto desiderare, mille e mille volte, di alzare le mani al cielo per fingere di donargli la nostra energia, o anche imitando la sua iconica Kamehameha oppure la trasformazione nel leggendario Super Saiyan, senza contare la profonda sofferenza di fronte alla doppia dipartita del protagonista nella Saga dei Saiyan e durante il Cell Game: la prima un tentativo di creare un profondo pathos e di scuotere il pubblico, quasi a voler affermare prepotentemente i toni decisamente più maturi di DBZ rispetto alla prima serie, la seconda una scelta profondamente coraggiosa da parte dell'autore nel voler accantonare il suo eterno eroe per focalizzare la storia sul giovane Gohan.

Un azzardo, però, che Dragon Ball Z non compie fino in fondo, non sviluppando eccessivamente la figura di Son Gohan come dovrebbe (nonostante le premesse eccezionali intraviste nella Saga degli Androidi e, a tratti, in quella di Bu) e preparando il terreno per il ritorno del buon Kakaroth. Forse ciò che è mancato davvero all'opera, per raggiungere una piena maturità drammatica e narrativa, è proprio il giusto focus sul pathos derivato da una perdita, spezzato eccessivamente dalla presenza delle rassicuranti Sfere del Drago, inclusa l'eccessiva sicurezza che Toriyama infuse nelle trasformazioni che - parafrasando il nostro Vegeta, in un commento che resta quanto mai attuale e meta-narrativo - diedero vita a una vera e propria 'svendita di Super Saiyan', facendo perdere quella sensazione mitica e leggendaria che infuse il Super Saiyan alla sua prima comparsa. E d'altronde non è un caso che la Saga di Freezer, per carisma del proprio villain e climax degli eventi, sia considerata quella più avvincente, originale e amata dalla fanbase.

Cha-La Head-Cha-La

Insomma, nonostante qualche evidente tentennamento nella narrazione e nei ritmi, Dragon Ball è composto da un immaginario che imbastisce personaggi e trame destinati a lasciare un segno indelebile attraverso le generazioni, ma che meriterebbe di essere anche letto oltre che guardato in TV. A conti fatti, guardandosi indietro e analizzando il prodotto nella sua totalità, Dragon Ball Z forse non restituisce appieno la scrittura che nel manga è figlia di Toriyama, così come (per quanto sia stato eccelso il tentativo di trasposizione) l'utilizzo dei campi e delle matite del maestro resta inimitabile e immortale grazie alle pagine dell'opera cartacea, e ad essa soltanto.

Dragon Ball Z resta un adattamento di grande e meritato successo grazie alla qualità del suo comparto visivo, coadiuvato dall'enorme respiro e dalla lore pittoresca creata dall'autore e impreziosito da animazioni eccezionalmente riuscite e fluide, che ancora oggi tornano in TV senza far sentire troppo il loro peso ormai trentennale. Ciò è stato coadiuvato certamente da numerose riedizioni, restauri e rifiniture effettuate sul datato prodotto originale, che forse oggi andrebbe visto nella sua forma più smagliante che porta il nome di Dragon Ball Kai: si tratta, per chi non lo sapesse, di una particolare riedizione di DBZ che elimina totalmente ogni episodio filler e rifinisce la grafica degli episodi principali, ridisegnando e animando da capo e in alta definizione personaggi e combattimenti al fine di dare all'adattamento un aspetto più moderno, svecchiato e quanto mai fede alla sua versione manga.

Il discorso su Kai ci rimanda quelli che, di fatto, sono i difetti principali che possiamo imputare ai 291 episodi che compongono la serie Z: una certa quantità di saghe o puntate filler, volte ad allungare eccessivamente dei tempi narrativi già di per sé piuttosto saturi. La messa in scena operata dallo staff della Toei Animation, infatti, fu in origine estremamente lenta, condita da dialoghi piuttosto lunghi e da combattimenti portati avanti per una quantità di episodi decisamente superiore a quanto effettivamente richiesto. Piccoli nei che rendono Dragon Ball Z un prodotto mastodontico, colossale e imponente, di facile fruizione soprattutto grazie alla serialità televisiva e un po' meno con una visione più libera in formato home video. Infine, la qualità delle animazioni e dei disegni, complice questa oltremodo lunga serialità, non è purtroppo sempre al top, proponendo in alcuni archi narrativi o episodi minori un character design molto meno dettagliato e possente rispetto alle chine presenti nelle tavole di Akira Toriyama.
Nonostante l'opera di animazione resti inferiore a quella cartacea per i motivi fin qui delineati, la trasposizione audiovisiva resta un prodotto incredibilmente importante sia per la televisione che per il cinema pop degli ultimi cinquant'anni: la direzione artistica, il cast di personaggi (e dei doppiatori che, nel caso della lingua italiana, hanno lasciato un profondo segno nei confronti del pubblico), le musiche e i disegni negli episodi migliori non fanno che tuonare a gran voce l'imponenza di Dragon Ball Z nel panorama dell'animazione giapponese e nell'Olimpo dell'intrattenimento mondiale. Impossibile non averlo mai visto per i cultori del battle shonen, imprescindibile per i neofiti che troveranno nella creatura di Toriyama i principali stilemi del genere che, oggi, è rappresentato da eredi diretti e spirituali del nostro Goku.

Dragon Ball Z Pur non rappresentando, in tutto e per tutto, una creatura perfetta negli schemi e nei ritmi narrativi, Dragon Ball Z resta un cult immortale e fondamentale nel panorama dell'intrattenimento: capostipite indiscusso del genere battle shonen moderno, il suo racconto si stacca sin da subito dai toni leggeri e avventurosi della prima serie focalizzandosi su un'atmosfera più mitica e ricca di pathos, proponendo combattimenti al limite dell'impossibile e conditi da animazioni estremamente fluide che hanno permesso al prodotto di invecchiare piuttosto bene. L'epopea di Goku fissa degli standard fondamentali per i suoi successori ideologici e spirituali ma pone anche dei valori fondamentali scolpiti a fondi nei dogmi della narrazione classica: giustizia e spensieratezza, formazione e redenzione, amicizia, amore e coraggio.

8.9