La fortuna di Nikuko recensione: Watanabe ci racconta la delicatezza

Dal regista dei film di Doraemon arriva uno dei film d'animazione più toccanti di quest'anno, un'esaltazione alla delicatezza e al rapporto madre-figlia

La fortuna di Nikuko recensione: Watanabe ci racconta la delicatezza
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Mentre il mondo dell'animazione attende Suzume no Tojimari, il nuovo film di Makoto Shinkai, pronto a mantenere la promessa di sconvolgere ancora una volta il pubblico a lui fedele come fatto con Your Name (se volete scoprire altri anime da recuperare assolutamente ecco la nostra selezione dei cinque anime da recuperare su Netflix), Nexo Digital, in collaborazione con Dynit, continua il suo progetto della Stagione degli Anime al Cinema con Dynit e Nexo Digital in collaborazione con Lucca Comics & Games, VVVVID e MyMovies.it, proponendoci per tre giorni al cinema La fortuna di Nikuko, che arriva dopo il film di Demon Slayer pubblicato a gennaio e di Sword Art Online distribuito ad aprile.

Siamo tutti figli del mare

Prodotto da Studio 4°C e diretto da Ayumu Watanabe - dietro la macchina da presa, in senso figurato, di due dei film di Doraemon e Children of the Sea - La fortuna di Nikuko è un adattamento del romanzo omonimo scritto da Kanako Nishi nel 2014.

Per chiudere la sequela di nomi di chi ha partecipato alla realizzazione del film d'animazione più interessante dell'anno troviamo Kenichi Konishi, autore del character design con già all'attivo l'esperienza più che soddisfacente in La storia della principessa splendente. Con un roster del genere sbagliare era a dir poco impossibile, soprattutto partendo dalla base che il romanzo che ha ispirato l'intera storia è stato un successo in Giappone: oltre all'adattamento cinematografico, infatti, ne esiste una versione manga pubblicata nel gennaio dello scorso anno sul sito di Gentosha, editore del libro, e successivamente distribuito in un singolo tankobon. Ingredienti di un successo commerciale già annunciato, ai quali va ad aggiungersi una storia delicata e toccante. Nikuko ha 38 anni e la sua vita è stata frantumata da scelte sbagliate e da vicende amorose che le hanno regalato solo insoddisfazioni e dispiaceri. L'unica gioia che porta con sé è sua figlia, Kikuko, con la quale condivide le sue giornate cercando di trasmetterle quello che è il suo mantra: l'ordinarietà. Appassionata cuoca, è legata molto alla carne, al piacere che le dà mangiarla, creando anche un sottile gioco di parole col proprio nome e il proprio cognome (Niku vuol dire carne in giapponese, mentre il suo cognome, Misuji, è un taglio del manzo).

Sua figlia Kikuko condivide con lei solo questa passione, nient'altro. Il desiderio di evadere da quella che potrebbe essere una somiglianza di sangue è talmente forte che porta la ragazzina anche a una sorta di imbarazzo nei confronti di sua madre: una sensazione e un sentimento che la spingono a compiere quel salto che dall'infanzia conduce all'adolescenza, tra i problemi di scuola e i primi amori tra i banchi delle aule, ripercorrendo passo dopo passo una vita fatta di difficoltà.

L'ordinario va compreso e appreso

La famiglia composta da Nikuko e Kikuko ci viene mostrata sempre alle prese con le difficoltà di sbarcare il lunario: non ci sono lussi per loro, tant'è che vivono in una barca, quella di Sassan, l'uomo proprietario del ristorante dove lavora Nikuko per guadagnarsi da vivere, per sé e per sua figlia.

Nonostante questo scenario lasci immaginare una condizione infelice, a 38 anni quella madre energica ne ha di forze per fare casino. Si crea così una dicotomia che diventa un'equazione inversamente proporzionale, perché tanto più diventerà ingombrante Nikuko tanto si chiuderà a riccio, in sé stessa e nella sua riservatezza Kikuko.

Sarà solo la crescita e la necessità di approcciare le prime problematiche della vita che permetterà effettivamente alla ragazza di comprendere meglio ciò che prova la madre e da dove arriva quel morboso fascino per la carne e per il cibo in generale. Perché La fortuna di Nikuko è principalmente questo: un film che racconta la maternità sfruttando gli occhi dei figli.La scelta del character design ci permette di comprendere ancora di più il lavoro che La fortuna di Nikuko vuole svolgere. La protagonista, infatti, viene disegnata sempre in maniera atipica, quasi caricaturale, risaltando in un mondo che tende al realistico, alla verosomiglianza. Tondeggiante, pregna di energia, con quella mimica facciale molto genuina tende ad aggirarsi nel ristorante, con la sua cuffia bianca a coprire i capelli e il suo grembiule verde, come un essere estraneo al mondo in cui vive.

In una particolare scena scorgerete persino un omaggio al maestro Miyazaki, in cui vediamo Kikuko e Nikuko attendere l'autobus sotto la pioggia. Un chiaro rimando, visto anche l'aspetto buffo della protagonista, al mitico Totoro. Un duplice significato, per esaltare anche quell'idea che la donna non sia altro che un alieno in un mondo che la guarda sorpresa, mentre lei danza tra i problemi quotidiani e cerca l'approvazione della figlia.

Un ritorno ai dolori del passato

Dall'altro lato c'è Kikuko, che è chiamata ad affrontare l'adolescenza. La ragazzina diventa una finestra su un mondo che non ci appartiene più, ma che è ben sedimentato nei nostri ricordi e nella nostra nostalgia: tutti quei problemi che nascevano tra i banchi di scuola, quando pensavamo che quelli potessero essere i problemi della vita, prima di incappare nelle difficoltà di quella adulta; la curiosità nei confronti di un compagno di classe che potrebbe essere destinatario di una infatuazione, le scaramucce tipiche tra amiche che sembrano quasi anelare un rapporto altalenante, per dimostrare a sé stesse di non avere bisogno di nessuno, salvo poi ritrovare nella comunione d'intenti una maggior forza.

Watanabe continua sul suo stile anche in La fortuna di Nikuko, recuperando la cifra stilistica che aveva già funzionato ne I figli del mare (recupera qui la nostra recensione di Children of the Sea), il suo ultimo lungometraggio prima di questa favola madre-figlia: linee morbide, soprattutto quando arriva il bisogno di caratterizzare la giovane madre, e colori nitidi, accesi, che danno grande spazio, ancora una volta, all'elemento dell'acqua. Stavolta tocca a un acquario essere il feticcio dell'intero lungometraggio, per trasmetterci ancora una volta un legame col mare che ci rende suoi figli.

La fortuna di Nikuko Ne La fortuna di Nikuko c'è il desiderio di raccontare la crescita, il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, ma allo stesso tempo di mettere a confronto il mondo di una ragazzina con quello di una madre caciarona, ma non per questo non apprezzabile. La sua genuinità è esaltata dalle movenze sempre molto energetiche, per un carattere energico, caratterizzata anche da un disegno che la aliena dal resto dello scenario. Un film che, in attesa di Shinkai in autunno, si lancia verso la palma di miglior prodotto d'animazione giapponese dell'anno.

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