Fullmetal Alchemist: Brotherhood, Recensione del secondo anime su Netflix

Un'opera dal respiro ampissimo, dai temi maturi, dai toni emozionanti viene arricchita dalla miglior trasposizione anime possibile...

Fullmetal Alchemist: Brotherhood, Recensione del secondo anime su Netflix
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Era il 2003 quando Studio Bones diede vita a una prima trasposizione animata di Fullmetal Alchemist, vero e proprio capolavoro senza tempo del panorama manga shonen nipponico realizzato da Hiromu Arakawa: a quei tempi l'opera cartacea veniva serializzata su Monthly Shonen Gangan di Square-Enix ed era iniziata da appena due anni. Il manga della Arakawa sarebbe poi continuato fino al 2010, per un totale di 108 capitoli pubblicati e 27 tankobon - editi in italia da Planet Manga di Panini Comics - ragion per cui, nell'ormai lontano 2003, il materiale originale era fin troppo scarno e acerbo per poterne trasporre una serie animata completa, longeva e fedele senza effettuare tagli, pause e interruzioni scomode. Per questo motivo l'autrice originale e gli animatori dello studio nipponico decisero che Fullmetal Alchemist avrebbe trasposto soltanto i primi volumi dell'omonimo manga, per poi prenderne abbondantemente le distanze e proporne una storia alternativa e autonoma, una specie di ‘what if' che stupì persino la Arakawa soprattutto per quanto riguardava le origini degli antagonisti, gli inquietanti e malvagi Homunculus. Una trasposizione blanda, che oggi fa sentire il peso degli anni e che non è riuscita a colmare il gap con il materiale cartaceo originale: ma ecco che, nel 2009, arriva Fullmetal Alchemist: Brotherhood a salvare la situazione. La serie fu realizzata sempre da Studio Bones, questa volta in collaborazione con Aniplex e altre case di produzione, e si prefissò di fare ciò in cui l'originale Fullmetal Alchemist animato fallì: proporre una versione audiovisiva completa, fedele e visivamente frizzante di uno dei capisaldi del settore dell'entertainment nipponico, disponibile per lo streaming per tutti gli abbonati Netflix e che abbiamo deciso di ripercorrere in vista dell'uscita del film live action il prossimo 19 febbraio - sempre sulla piattaforma digitale.

Vecchi e nuovi amici

Al chiaro di luna, Central City è in apparenza tranquilla. Ma, tra i vicoli della città in cui risiede il governo capeggiato dal Fuhrer e sovrinteso dagli Alchimisti di Stato, si aggira l'Alchimista di Ghiaccio, pronto a seminare il panico tra le strade, inseguito dai militari dell'esercito. Dalla cima di un palazzo, due fratelli osservano la situazione e decidono il da farsi, cioè intervenire per assicurare il fuggiasco alla giustizia: dinanzi al nemico appaiono, dunque, un energumeno in armatura e il suo minuto fratello, ovvero Alphonse ed Edward Elric. I due protagonisti del racconto, i fratelli alchimisti in cerca della pietra filosofale: come molti sapranno, Edward è l'eroe della storia ed è a sua volta un Alchimista di Stato - viene chiamato, infatti, l'Alchimista d'Acciaio - e, con un paio di colpi ben assestati, mostra tutto il suo valore sfoggiando le protesi articolari che gli hanno valso l'appellativo di Hagane no renkinjutsushi (e cioè, appunto, il Fullmetal Alchemist, l'Alchimista d'Acciaio). Vi abbiamo descritto i primi minuti dell'episodio pilota di Fullmetal Alchemist: Brotherhood, e direte voi: ma è davvero fedele al manga originale? L'incipit illustrato, in effetti, attinge molto liberamente rispetto alle prime tavole del fumetto, una scelta chiaramente volta a non proporre un inizio di serie identico alla serie del 2003. La prima puntata, in effetti, si preoccupa di presentare agli spettatori sin da subito l'assetto narrativo dell'immaginario partorito dalla mente della Arakawa, con una panoramica sull'intero cast di personaggi principali.

Tra presente e passato, con dei flashback che riassumono velocemente anche la dolorosa storia che ha segnato l'infanzia dei fratelli Elric (dall'abbandono del padre, alla morte della madre, sino al giorno fatidico in cui persero i rispettivi corpi, o parte di essi, nel tentativo di utilizzare l'alchimia per trasmutare la povera Trisha) fino alla sfilza di pittoreschi comprimari dell'opera che nel manga, in teoria, sarebbero comparsi solo molto dopo. Un escamotage utile per riprender, da un punto di vista meramente ideologico, le fila di un racconto già ampiamente introdotto con la prima serie del 2003, archiviato narrativamente ma non certo dimenticato dai ricordi degli appassionati: un modo, dunque, per permettere di familiarizzare nuovamente in fretta con personaggi già noti, per poi restituirli al proprio ruolo originario e iniziare con la narrazione vera e propria della storia completa e originale di Hiromu Arakawa.

Un viaggio indimenticabile

La storia dei fratelli Elric, travagliata e sofferta, fatta di sogni e speranze, ma anche di fallimenti e drastiche cadute seguite da un percorso di profonda redenzione, bene o male la conosciamo già. Perlomeno, in caso si fosse neofiti rispetto all'opera cartacea, le origini dei due fratelli, del loro apprendistato di alchimisti, delle complicate vicende familiari che sono costretti a vivere e dei loro primi passi nel viaggio oscuro e misterioso che li attende per trovare la tanto agognata pietra filosofale, sono tutte dinamiche ben note a chi ha visto per intero (o anche soltanto le battute iniziali) la prima serie anime di Fullmetal Alchemist trasmessa tra il 2003 e il 2004.

Quello che, invece, molti profani dell'opera potrebbero non conoscere - o che i più affezionati potrebbero scegliere di rivivere, in vista del live action e data la disponibilità della serie sulla piattaforma streaming Netflix - è l'originale svilupparsi dell'avventura indimenticabile di Edward e Alphonse, un viaggio fisico e spirituale volto a scoprire verità e segreti del proprio passato, del mondo in cui vivono, di un governo dalla moralità ambigua e di un popolo oppresso ma al tempo stesso senza qualcosa in cui credere, che si aggrappa alla bramosia e alla spietatezza di pochi uomini il cui operato preclude la libertà individuale.

Non è un mistero che l'autrice, nel definire l'immaginario di Fullmetal Alchemist, si sia ispirata ad alcune dinamiche sociali e culturali proprie del nostro tempo o che hanno caratterizzato la storia recente dell'umanità: l'ambientazione e l'assetto geo-politico del mondo creato dalla Arakawa, così deliziosamente infarcito di elementi steampunk che mescolano il fantasy con la rivoluzione industriale a sfondo europeo, attingono chiaramente dalle vicende storico-culturali che hanno caratterizzato la prima metà del Novecento. Ma il tutto risulta amalgamato da una storia profondamente intima e toccante, dai valori che regolano la sfera individuale calati in un contesto molto più grande: le strutture governative e il loro rapportarsi al popolo strizzano l'occhio alle grandi dittature del Novecento, il ricordo doloroso di guerre lontane - ma ancora vivide tanto nell'immaginario collettivo quanto nella psicologia dei protagonisti - abbraccia le tante testimonianze che, ancora oggi, ci arrivano dai veterani di guerra che hanno vissuto orrori violenti e indicibili. Ma la storia dei nostri eroi, i loro drammi e il loro carisma, l'attaccamento ai valori dellala famiglia, il giungere in aiuto di chi è in difficoltà, il perseguimento della verità e l'animo nobile di chi vuole salvare il mondo rendono Fullmetal Alchemist: Brotherhood - e di rimando, chiaramente, l'opera originale - il perfetto mix tra un romanzo storico di formazione e un racconto epico, emozionante, fatto di eroi che si contrappongono a perfidi antagonisti in virtù di un bene superiore.

Perle visive

Fullmetal Alchemist, di per sé, è dunque un capolavoro senza tempo, avvalorato dall'incredibile qualità - sia tecnica che narrativa, parlando di mera trasposizione dal cartaceo all'animazione - della serie Brotherhood. A distanza di non certo pochi anni (ricordiamo che l'anime fu trasmesso tra il 2009 e il 2010, per un totale di 64 episodi) possiamo affermare che Fullmetal Alchemist: Brotherhood sia un prodotto che ancora oggi risulta di una qualità eccelsa, soprattutto a livello produttivo. Studio Bones, in collaborazione con Aniplex e altri esponenti dell'animazione nipponica, ha fatto tesoro dell'esperimento buono ma non eccezionale del 2003: agevolato dal progresso tecnologico che l'industria ha vissuto negli ultimi dieci anni, Brotherhood risulta uno spettacolo di composizioni, animazioni, cromatismi, utilizzo non invasivo di un pizzico di computer grafica e colonna sonora, finalmente calzante e in linea con gli eventi narrati nel corso di 64 puntate di livello a dir poco altissimo.

Fullmetal Alchemist Brotherhood non si limita a raccontare ottimamente la storia originale, regalando finalmente ai fan ciò che hanno sempre voluto vedere, ma lo fa con una maestra tecnica notevole, con una regia sopraffina fatta di sequenze e animazioni semplicemente deliziose, una vera e propria gioia per gli occhi di tutti gli estimatori di un comparto visivo di primissimo livello. L'opera immensa, dal respiro ampissimo, dalle mille emozioni e con la capacità di riversare (in soli 64 episodi, 108 capitoli e 27 volumi cartacei) il ritratto del lato più oscuro dell'umanità, calato in un contesto fantasy e sfruttato come sfondo per una bellissima storia di formazione personale e collettiva, trova in Brotherhood la trasposizione perfetta.

Fullmetal Alchemist: Brotherhood Fullmetal Alchemist: Brotherhood è la trasposizione perfetta dell'opera originale di Hiromu Arakawa: 64 episodi di altissimo livello, senza aggiunte particolarmente superflue, capaci di regalare quel ritmo narrativo avvincente e dinamico che caratterizza il materiale cartaceo. La serie di Bones e Aniplex datata 2009-2010 è una perla anche dal punto di vista tecnico, con animazioni realizzate in maniera sopraffina e un accompagnamento musicale finalmente calzante con l'atmosfera di fondo. Un'opera dal respiro ampissimo qual è la storia di formazione dei fratelli Elric, intrisa in un immaginario che amalgama perfettamente drammi personali, elementi fantasy e un ritratto fittizio dell'assetto politico e bellico di una delle parentesi storiche più oscure dell'umanità.

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