Recensione Il grande sogno di Maya

Maya Kitajima sogna di diventare una grande attrice...

Recensione Il grande sogno di Maya
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  • Il grande sogno di Maya

    Maya Kitajima non é una ragazza baciata dalla fortuna: orfana di padre, lavora assieme alla madre malata in un ristorante dove si effettuano consegne a domicilio. Maya non é particolarmente bella, né intelligente, ma ha una grande passione, la recitazione: per questo si incanta per ore davanti alla televisione quando trasmettono uno sceneggiato ed é in grado di imparare a memoria le battute di uno spettacolo anche guardandolo una volta sola.
    La sua vita cambia quando conosce la signora Tsukikage, una ex grande stella del teatro giapponese, costretta a ritirarsi molti anni prima dopo essere rimasta sfigurata per un incidente di scena, anche lei gravemente malata (Maya non porta particolarmente bene a chi le sta intorno) e detentrice dei diritti di quella che viene considerato la più bella opera teatrale di sempre, "La Dea Scarlatta".
    Maya litiga ed abbandona la madre che non riesce a capire la sua passione per il teatro ed entra nella Compagnia Tsukikage che però (la sfiga di Maya colpisce ancora) risulta una delle più bistrattate del paese: la sua titolare, infatti, non ha molti soldi ed in più si é inimicata l'intero establishment del mondo dello spettacolo per la sua ostinazione a non voler cedere i diritti della Dea Scarlatta, di cui la signora Tsukikage é stata la prima e l'unica interprete, non avendo mai più ritenuto nessun'altra attrice degna di prendere il suo posto. In particolare é la potente Daito Art Production dello spietato (e giovane, e bello, e troppo figo) presidente Masumi Hayami a mettere sempre i bastoni tra le ruote alla compagnia, nel tentativo di farla fallire ed impossessarsi dei diritti di rappresentazione...

    Una storia iniziata 30 anni fa...

    Quando nel 1976 Suzue Miuchi disegnò il primo episodio del suo Glass no Kamen (La maschera di vetro) nessuno poteva immaginare che stava nascendo una delle opere più longeve del fumetto giapponese: a quasi trent'anni di distanza, infatti, la serie non si è ancora conclusa! Un simile lasso di tempo, d'altronde, è dovuto più che altro alla lentezza dell'autrice, visto che i volumetti totali superano appena la quarantina.
    Comunque sia il fumetto in questione è diventato una sorta di cult e generazioni di lettori giapponesi attendono con ansia di leggerne l'agognata conclusione, nella speranza che non succeda qualcosa all'autrice (speriamo non sia sfortunata come i suoi personaggi): dal 2001, grazie alla Orion, anche i lettori italiani hanno potuto appassionarsi alla saga della giovane attrice anche se oggi, con l'approssimarsi del 42mo volumetto, la produzione giapponese é stata pressoché raggiunta e toccherà anche a noi aspettare che la Miuchi disegni il prossimo...
    Il tratto dell'autrice ripropone davvero tutti gli stereotipi propri degli shojo manga: fiori ovunque, sentimenti, grandi occhioni, protagonisti bellissimi a parte la scialba protagonista (ma anche questo è un cliché). Naturalmente il tratto varia molto tra i primi e gli ultimi numeri, trent'anni non sono pochi, ma in generale si attesta su un buon livello. Apprezzabile, invece, l'approfondimento psicologico dei personaggi principali: l'autrice cura molto aspetto e personalità dei suoi protagonisti, tratteggiando degli efficaci interpreti in gradi di conquistare il lettore.

    Non è facile fare l'attrice

    La saga di Maya Kitajima é uno shojo caratterizzato da molti elementi che ricordano i prodotti degli anni '70 e segue le vicende della protagonista da quando, ancora ragazzina, fugge da casa fino a dopo il liceo, quando da attrice ormai affermata concorre per diventare l'interprete della nuova Dea Scarlatta. Innanzitutto appaiono un po' demodé i drammi della protagonista, una poveraccia che vive in periferia, tormentata dai problemi di salute della madre prima e della sua maestra ed amica poi, per certi versi così lontani dalla sensibilità degli shojo odierni.
    Trattandosi dell'eroina del manga, a Maya, nonostante fuori dal palcoscenico appaia scialba ed infantile, non mancano i pretendenti: nello specifico Masumi Hayami, l'affascinante e potente manager della Daito Art Production e scapolo d'oro del Giappone, conteso e desiderato praticamente da tutte le donne che incontra, e Sakurakoji, la giovane promessa del teatro nipponico, anch'egli bellissimo e ricco, quasi si trattasse di una sorta di contropartita per la sfiga che da sempre tormenta la protagonista.
    Anche lo svolgimento della trama ricorda molto le fatiche sostenute da molte eroine dei cartoni animati di un tempo. Bene o male gli eventi che costellano la carriera di attrice di Maya finiscono col ripetersi ciclicamente: in genere la ragazza viene ingaggiata per interpretare una qualche opera minore (giusto per fare un esempio una volta si trova a dover recitare all'aperto in un parco, un'altra in uno scantinato...), in competizione con rappresentazioni più ricche di star e più pubblicizzate, tra lo scetticismo di regista e colleghi. Maya si sottopone a durissimi allenamenti per entrare nella parte, visto che in genere le viene richiesto di interpretare ruoli decisamente particolari (bambole immobili, ragazze-lupo o prive della vista...), arrivando a mettere in atto comportamenti assurdi tipici dei manga giapponesi (per interpretare la ragazza-lupo si perde nel bosco e cerca di sopravvivere come un animale, per la parte della non vedente si benda gli occhi e distrugge letteralmente una casa...). Quando è il momento di salire sul palco, infine, stupisce tutti per la sua bravura e genialità, al punto che anche gli attori più rodati si sentono allo stesso tempo umiliati e trascinati da lei. Naturalmente lo spettacolo cui prende parte finisce col risultare un successo strepitoso e riesce a superare perfino la più illustre concorrenza.
    Solo pochi sembrano però accorgersi dello straordinario talento di Maya: la signora Tsukikage e i suoi allievi, Hayami, Sakurakoji e pochi altri, tra cui la rivale Ayumi Himekawa, figlia di una famosa attrice e di un regista affermato, che calca le scene fin dalla più tenera età, ricca ma non viziata e determinata ad interpretare la Dea Scarlatta. Il rapporto tra Maya ed Ayumi è di rivalità accesa, ma anche di amicizia perché accomunante dal medesimo amore per la recitazione.
    Col procedere della storia, però, risulta sempre meno credibile l'ostinazione con cui ad ogni rappresentazione tutti osteggiano Maya, sottovalutandola nonostante i successi precedentemente conseguiti: sembra proprio che l'autrice voglia per forza far passare alla sua eroina più tormenti di quanto sarebbe necessario. Basterebbe solo dire che la genialità della protagonista è così evidente che, ad un certo punto, Ayumi, frustrata perchè la rivale riesce a raggiungere apparentemente senza sforzo quello che lei ha conseguito solo dopo anni ed anni di studi e sacrifici, comincia a nutrire pensieri omicidi nei suoi confronti (il mondo dello spettacolo è spietato, si sa)...
    Questo fa sì che col procedere della storia le vicende finiscano col diventare più prevedibili e a poco giova il lento dipanarsi della storia d'amore a distanza tra Maya e Masumi, fatta di sguardi, gesti e pensieri, ma che non decolla mai.
    Inoltre c'è un altro problema che sento di dover rilevare: benché la Miuchi metta in scena per lo più famose opere teatrali, giapponesi od estere, ogni tanto si fa prendere la mano inventando di sana pianta la rappresentazioni che Maya interpreta, con risultati mai convincenti vista la banalità degli intrecci. Purtroppo lo stesso accade con la mitica Dea Scarlatta, che dopo 40 numeri di mistero viene finalmente svelata, rivelandosi una banale storia d'amore a sfondo ecologico.

    Il grande sogno di Maya "Il grande sogno di Maya" è uno dei migliori shojo attualmente pubblicati nel nostro paese, anche se questo non significa che sia perfetto: una certa ripetitività nelle situazioni ed una trama che si dipana fin troppo lentamente sono i suoi limiti. Questo tuttavia non dovrebbe scoraggiare dal leggere una serie ormai diventata di culto...