L'impero dei cadaveri Recensione: Project Itoh rivive su Prime Video

Il secondo adattamento dai romanzi del compianto scrittore giapponese, disponibile nel catalogo di Amazon Prime Video.

L'impero dei cadaveri Recensione: Project Itoh rivive su Prime Video
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Non si può certo dire che al compianto Satoshi Ito, meglio conosciuto con lo pseudonimo Project Itoh, mancasse l'ispirazione nell'affrontare i mali della realtà odierna attraverso il mezzo del fantastico. Lo scrittore giapponese, scomparso nel 2009 per un cancro ai polmoni a soltanto trentaquattro anni, è conosciuto agli amanti dei videogiochi per aver curato l'adattamento letterario del quarto capitolo della serie Metal Gear Solid (saga che prima o poi arriverà al cinema, con già tante fan art dedicate a Oscar Isaac nei panni di Solid Snake in Metal Gear Solid). Tornando al maestro, nella sua purtroppo breve carriera ha pubblicato altri tre romanzi, trasposti poi in altrettanti film d'animazione.

L'impero dei cadaveri, oggetto di questa recensione, è il secondo tra questi ad aver visto la luce delle sale nipponiche ed è opera di quel Wit Studio che sta dietro al grande successo della versione anime de L'attacco dei giganti. Il film segue l'apripista Harmony (potete recuperare la nostra recensione di Harmony del 2015) e precede L'organo genocida (ed eccovi anche la recensione de L'organo genocida del 2016), entrambi coperti su queste pagine, ma pur facendo parte di una cosiddetta trilogia ogni storia è scollegata dalle altre, con solo punto in comune quel tema umanista accennato in apertura. E nelle due ore di visione di spunti ve ne sono in abbondanza...

Un'altra storia

La vicenda è ambientata nell'Europa del diciannovesimo secolo, pur in un contesto storico molto diverso da quello che conosciamo. Una sorta di realtà alternativa nella quale gli uomini sono riusciti a generare dei cadaveri viventi, riportando in vita corpi di persone decedute, con lo scopo di semplificare la vita ed utilizzarli come schiavi senz'anima.

Ma l'anima, come ci ha insegnato anche l'omonimo cult cinematografico di Alejandro González Iñárritu, peserebbe 21 grammi (a proposito, recuperate pure di seguito la nostra recensione di 21 grammi) e così il medico legale John Watson sta cercando di ridestare un suo vecchio amico e collaboratore. Le sue ricerche attirano le attenzioni del governo britannico, che lo assume con la forza come agente segreto alle sue dipendenze. Il ragazzo si troverà al centro di una missione disperata e pericolosa, che lo porterà in giro per il mondo alla ricerca della creatura conosciuta come l'Uno, originata dal barone Frankenstein oltre un secolo prima. Watson troverà preziosi alleati sul suo cammino ma altrettanto acerrimi rivali, in una resa dei conti che potrebbe segnare per sempre il destino dell'intera umanità.

Una fruizione costruita sull'ambizione

Le pagine del romanzo, già costruito su dinamiche complesse, si riversano in una narrazione a tratti artificiosa, che si affida nei dialoghi a continue frasi ad effetto riguardanti concetti etici e filosofici di vario tipo. Il protagonista è più volte messo davanti alla propria coscienza e le scelte da esso intraprese rischiano di modificare in maniera indelebile il cuore narrativo del racconto.

Nella sua trasposizione animata L'impero dei cadaveri ha il demerito di affidarsi troppo alla base di partenza e rischia in diverse occasioni di reiterarsi in tempi morti, con una generale lentezza che caratterizza in particolar modo la parte centrale delle due ore di visione: una lunghezza forse eccessiva per quanto vi era da raccontare, con diversi passaggi tirati eccessivamente per le lunghe e accompagnati da un costante voice-over. La voce narrante caratterizza anche il prologo e i successivi titoli di testa, con l'obiettivo di inquadrare sia il personaggio principale sia il background di questo mondo alternativo.

Vivere o morire

Una realtà estranea a quella storica che si appoggia a marcate influenze steampunk, con l'equilibrio tra passato e futuro, verosimile e fantastico, che convince solo parzialmente. Lo stesso si può dire per la gestione delle figure di supporto e dei villain, che risultano più fredde del previsto e impediscono di appassionarsi al 100% al loro destino.

L'impero dei cadaveri - disponibile nel catalogo di Amazon Prime Video, paga questa freddezza anche nella relativa animazione, con le influenze al già citato Attack of Titan che risultano plateali non solo nel character design ma anche nella tesa staticità di alcune dinamiche action, con i suddetti "morti viventi" che danno vita a situazioni tipiche dei film di zombie, pur senza suscitare mai quel giusto afflato tensivo che ci si poteva aspettare. Il regista Ryôtarô Makihara, alla sua seconda opera dopo l'inedito Haru (2013), dirige con diligenza ma senza particolare guizzi, consegnandoci un titolo sufficiente ma per nulla imprescindibile.

L'impero dei cadaveri Le mani dietro L'attacco dei giganti e la mente di Project Itoh hanno dato vita nel 2015 a questo lungometraggio animato, frutto del lavoro dello studio che ha adattato il romanzo del compianto scrittore giapponese. L'impero dei cadaveri è una trasposizione che non si prende rischi e che nel suo essere così piacevolmente banale può rischiare di annoiare in alcuni passaggi: colpa della lunghezza eccessiva, due ore spaccate, e di una voce fuori campo che troppo spesso molesta l'azione con discorsi filosofici ed etici di sorta. Scelte ambiziose, sia in forma di trasporto che nell'opera originaria - basti vedere la scelta dei nomi dei personaggi principali, richiamanti figure ben note della scienza e della letteratura - che rischiano però di appesantire questa versione più ludica, con un character design e un dinamismo anch'essi schiavi della generale freddezza dell'assunto.

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