Kabaneri of Iron Fortress: l'anime dai creatori de L'Attacco dei Giganti

Dopo il successo di Attack on Titan, Wit Studio ci riprova con un nuovo e sorprendente anime: Kabaneri of the Iron Fortress.

Kabaneri of Iron Fortress: l'anime dai creatori de L'Attacco dei Giganti
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Dopo il successo della prima stagione de L'Attacco dei Giganti, Wit Studio ha iniziato a lavorare ad una nuova produzione: Kabaneri of the Iron Fortress. Il titolo non vede la collaborazione di Production I.G, ma è stato comunque affidato al regista Tetsuro Araki, che ha diretto l'adattamento del manga di Hajime Isayama. Potrebbe la nuova produzione eguagliare L'Attacco dei Giganti?

L'impresa non è certo facile, ma sembra che Wit Studio abbia nuovamente conquistato il pubblico, tanto da produrre tre pellicole: le prime due sono riassuntive; la terza, invece, dovrebbe chiudere la storia. Mentre i primi film sono inediti in Italia, il terzo ha debuttato lo scorso settembre su Netflix, doppiato in italiano. Prima di vedere The Battle of Unato, abbiamo recuperato Kabaneri of the Iron Fortress, già disponibile su Prime Video e da novembre anche su Crunchyroll.

Rokkon Shojo!

Kabaneri of the Iron Fortress segue gli schemi di alcune opere di ambientazione post-apocalittica.

Circa 20 anni prima degli eventi narrati, nel mondo si diffonde la minaccia dei kabane: simil-zombie che possono infettare le persone con un morso; l'unico modo per ucciderli è perforare il cuore, protetto da una gabbia toracica solida come una placca d'acciaio. In Giappone, i cittadini hanno fortificato le stazioni, rendendole delle roccaforti dove poter continuare a vivere, collegate solo dai treni corazzati Hayajiro.
Ikoma, saldatore della stazione di Aragane, ha perso la sorella per colpa degli zombie; questa tragedia lo ha portato a provare odio per le creature. Mentre di giorno Ikoma si occupa della manutenzione dei treni, di sera progetta un'arma più efficace contro i kabane. Un giorno, alla stazione di Aragane arriva il treno Kotetsujyo, tra i cui passeggeri vi è Mumei, diretta alla fortezza di Kongokaku.
La sera stessa arriva un secondo Hayajiro, ma in prossimità dell'ingresso deraglia: ne fuoriesce un'orda di kabane, che semina il panico in città. Ikoma vuole sfruttare l'occasione per testare la nuova arma, attirando un non morto a casa: il risultato è sorprendente, ma durante la colluttazione, viene morso; il giovane, per non trasformarsi, improvvisa un'imbracatura di metallo e cuoio che rallenta la diffusione del virus.

Nel frattempo i cittadini, tra cui Ayame Yomokawa, figlia del signore di Aragane, si fanno strada per raggiungere il Kotetsujyo; Mumei, che si dimostra essere un'abile cacciatrice, li aiuta nell'avanzata.

Ikoma, Mumei, Ayame, ed uno sparuto gruppo di sopravvissuti riescono a lasciare la città a bordo del treno corazzato, diretti a Kongokaku, dove sperano di poter trovare la pace.
Il viaggio sarà impervio: tra kabane che cercheranno di assaltare la locomotiva, fermate inaspettate, e la paura di alcuni passeggeri per la presenza di Ikoma e Mumei. I due non sono né esseri umani, né kabane: sono kabaneri. Benché grazie alle loro capacità possano aiutare in battaglia, cosa accadrebbe se desiderassero del sangue?

I forti sopravvivono...

La premessa di Kabaneri of the Iron Fortress - la fine del mondo per mano di non morti - non è certo originale.

Eppure, la forza della sceneggiatura risiede in ciò che gli autori sono riusciti a confezionare in 12 episodi: un'opera in grado di indagare la psicologia dell'uomo, in un universo ben delineato. Il mondo, a causa del virus, si è fermato alla rivoluzione industriale, da cui le tipiche sfumature steampunk che si mescolano alla cultura giapponese. Unica pecca è l'assenza di una spiegazione delle origini dei kabane, ma come spesso accade negli zombie-movie non è necessario approfondire il virus: i non morti esistono e bisogna evitarli o sterminarli.
Probabilmente, quando gli autori hanno iniziato la stesura dell'anime si sono chiesti se fosse possibile conservare l'umanità anche in momenti di crisi. Sin dalla prime battute possiamo avere un assaggio dell'intento degli sceneggiatori di rispondere al quesito: durante la fuga, gli anziani di Aragane chiedono ad Ayame se possono fermarsi per commemorare i morti. La signora acconsente alla richiesta, ed i passeggeri si organizzano per la cerimonia. Sebbene possa sembrare un gesto imprudente che potrebbe attirare i mostri, in realtà il restare ancorati alle proprie tradizioni permette di conservare l'umanità.

Nell'arco delle 12 puntate, i sopravvissuti compiono gesti quotidiani per non perdere il senno, tentando di distrarsi dalla paura che i kabane possano porre fine al viaggio. Nelle situazioni più complesse c'è bisogno di una figura di cui potersi fidare: Ayame.

Dopo un primo momento d'incertezza, essendosi ritrovata improvvisamente al comando di uno sparuto gruppo di superstiti, Ayame comprende come in questa situazione tutti debbano aiutarsi a vicenda. Proprio queste caratteristiche rendono Ayame l'incarnazione dell'umanità: sebbene possa sembrare debole, riesce a tenere tutti uniti. Il senso di altruismo si contrappone all'odio che scaturisce dalla paura.

Kabaneri of the Iron Fortress è una serie molto cruda, non solo per l'eccessiva violenza, ma per situazioni che mettono a dura prova l'intero cast. Il passato traumatico di Ikoma e Mumei li porta ad approcciare la vita in maniera differente: non vogliamo cadere in spoiler, ma possiamo dirvi che quando la sorella minore di Ikoma venne morsa, lui, per evitare di farla soffrire, decise di ucciderla.

Sebbene questa sia una formula frequente in opere simili, gli autori di Kabaneri of the Iron Fortress hanno voluto osare di più, cercando di coinvolgere emotivamente lo spettatore. Questo evento ha segnato la vita di Ikoma, portandolo ad odiare i kabane, ma cercando di essere comunque razionale e di non considerare una minaccia chi non conosce, anche se si tratta di un presunto infetto; anzi, il suo istinto lo spinge ad aiutare chiunque ne abbia bisogno. Più volte assistiamo a momenti che lasciano un forte senso di disagio e rabbia per ciò che accade, facendoci riflettere sui limiti morali dell'uomo quando la sua stessa sopravvivenza sia a rischio, e su quanto il fine di salvare il prossimo giustifichi certi mezzi. Ikoma e Mumei per certi versi sono un simbolo di ciò di cui l'uomo ha più paura e di come debba comunque conservare il senno: entrambi hanno vissuto esperienze simili, ma hanno seguito strade differenti.

Un background quasi identico crea alchimia tra i due, anche se stereotipata: il giovane vede in Mumei la sorella che non è riuscito a salvare, e cerca di aiutarla ad aprirsi con gli altri. Dal canto suo, Mumei, grazie ad Ikoma, abbandona il suo carattere distaccato e lega con i vari membri del treno.

La scelta degli autori di rendere i protagonisti dei kabaneri non è casuale, come una rappresentazione della doppia natura dell'uomo: continuano a conservare la ragione e a combattere le creature, ma da un momento all'altro potrebbero mutarsi in mostri, proprio come l'uomo che può sia porgere una mano, che uccidere senza indugio.

Purtroppo, benché l'intento di presentare un dualismo nella natura degli eroi principali sia apprezzabile, abbiamo avuto la sensazione che non sia sfruttato a dovere: Ikoma, a differenza di Mumei, non riesce a controllare bene i suoi impulsi, ma la paura che possa trasformarsi è circoscritta solo nei primi episodi, poiché in poche battute viene ben accolto dalla comunità.

Su questo versante si nota una narrazione troppo frettolosa: la tensione sarebbe stata più tagliente se fossero stati di più gli intermezzi in cui il protagonista avrebbe potuto desiderare del sangue. Questo avrebbe potuto impreziosire ancora di più il setting claustrofobico del treno in movimento: è impossibile fuggire, e il pensiero di essere attaccati sia dall'esterno che dall'interno rende la situazione ancora più ansiogena. La scelta di non rendere i kabaneri quasi innocui non è del tutto da scartare, perché poco alla volta, dopo aver superato le prime fasi di timore, vengono considerati come umani, quasi a far capire che c'è ancora una speranza.
Se Ayame rappresenta il desiderio di restare umani, ed Ikoma e Mumei il dualismo di tale umanità, l'antagonista principale è l'incarnazione della cattiveria scaturita dal terrore. Siccome il nemico dei fuggitivi di Aragane appare nelle battute conclusive, preferiamo non rivelare in che modo influenzi la sceneggiatura, ma possiamo dirvi che per raggiungere i suoi scopi è disposto ad usare ed uccidere gli indifesi, giocando con la loro paura per i kabane. Sebbene l'antagonista sia ben delineato e carismatico, quando viene presentato, la narrazione si velocizza e cade in banali cliché.

Per dare il giusto rilievo alla figura, gli autori avrebbero dovuto dilatare la durata complessiva, in modo da avere un giusto equilibrio tra i momenti dedicati all'analisi dei passeggeri, e una costruzione più approfondita del nemico principale. In alternativa, restando sempre sui 12 episodi previsti, gli ideatori avrebbero potuto tagliare la figura del villain principale, per soffermarsi maggiormente sui superstiti del Kotetsujo e su come affrontano la minaccia dei kabane.

...i deboli soccombono

Sul lato tecnico Kabaneri of the Iron Fortress ci ha stupiti. Al netto di impercettibili errori, i dettagli dei disegni sono ben curati, in particolar modo nei primi piani: il tratto diventa più certosino, con il giusto utilizzo di ombreggiature, e con pennellate che catturano le singole emozioni dei personaggi.

Questa minuziosità si riflette anche sul variegato ed originale character design, su cui è evidente il concetto di cultura che si amalgama allo steampunk: gli abbigliamenti rispecchiano la tradizione nipponica, ma non risultano fuori luogo con l'ambientazione "simil-storica".

Il livello qualitativo del tratteggio si mantiene alto anche nei momenti più concitati. Si notano alcune sbavature quando i personaggi affrontano i kabane, ma passano in secondo piano grazie ad una telecamera che non si lascia sfuggire alcuna azione e ad animazioni fluide, che non rompono il ritmo frenetico. In alcuni frangenti, inoltre, vi sono dei brevi piani sequenza ben gestiti, che rendono l'azione ancora più travolgente.

Il tutto è impreziosito da una fotografia cupa che mette in risalto i colori accessi come il giallo del cuore degli zombie ed il rosso del sangue, e da una colonna sonora che enfatizza tanto le sequenze più movimentate, quanto quelle che ci fanno capire di essere ancora umani.

Kabaneri of the Iron Fortress Kabaneri of the Iron Fortress non ha una sceneggiatura innovativa, ma gli autori hanno cercato di proporre un’opera che indaga la natura umana, attraverso situazioni forti e crude, che fanno capire fin dove l’uomo può spingersi per disperazione. Di grande aiuto sono i personaggi principali che incarnano la psiche dell’uomo. Purtroppo, meno rimarchevole è l’antagonista che non riesce a lasciare il segno, a causa della sua fugace apparizione. Infine, un comparto grafico ben curato permette di apprezzare meglio i veloci combattimenti, che possono vantare alcune interessanti prodezze tecniche, ed è quasi impagabile l’esaltazione che si prova nel vedere qualche kabane decapitato o con il cuore trafitto.

7.3