Recensione Ken il Guerriero - La leggenda di Hokuto

Le sette stelle dell'Orsa Maggiore splendono più che mai al cinema

Recensione Ken il Guerriero - La leggenda di Hokuto
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Un mito del piccolo schermo, finalmente su quello cinematografico

Nel suo piccolo, il 4 Luglio 2008 rimarrà una data memorabile per l'animazione giapponese in Italia: è difatti il giorno d'uscita nei cinema di Ken il Guerriero - La Leggenda di Hokuto, primo di una pentalogia di film dedicati ad un eroe che, a distanza di vent'anni dalla prima trasmissione, conta ancora decine di migliaia di fan nel nostro paese. Una data memorabile, dicevamo, e non solo per i fan dell'opera di Buronson e Hara, perchè possiamo assistere finalmente ad uno sdoganamento "generalizzato" dei lungometraggi giapponesi di animazione che va al di là delle opere di autori universalmente apprezzati, come Miyazaki o Kon, dando finalmente dignità ad un'animazione che, per quanto di massa, non è solo "sesso, violenza e stupidaggini", come spesso l'opinione pubblica e certa critica hanno voluto far credere. Dopo l'ottima iniziativa di portare "Il Castello di Cagliostro" nelle sale (pur 'appoggiandosi' sempre al nome di Miyazaki, ma sulla qualità del suddetto film di Lupin III° non si discute), Yamato Video e Mikado Film propongono, non senza una certa dose di coraggio viste le tematiche dell'opera, quel "Capitolo dei Martiri dell'Amore" che tanto successo ha riscosso in Giappone e che, con una cura certosina per l'adattamento e il doppiaggio, possiamo ora gustarci sul grande schermo.

Le origini della leggenda

Siamo alla fine del ventesimo secolo. Il mondo intero è sconvolto dalle esplosioni atomiche. Sulla faccia della Terra, tutti gli oceani erano scomparsi, e le pianure avevano l'aspetto di desolati deserti. Tuttavia, la razza umana era sopravvissuta...

Qualunque anime fan di sesso maschile (ma verrebbe da dire "qualunque maschio di età compresa tra i 16 e i 30 anni") ben conosce questo incipit: è l'introduzione a ogni puntata della prima serie di Hokuto no Ken, in Italia Ken il Guerriero. Vera e propria pietra miliare del genere shonen, Hokuto no Ken ha incontrato un grandissimo successo negli anni '80 in Giappone, per venire poi esportato in Occidente e incontrare tantissimi fan soprattutto negli Stati Uniti, in Francia e in Italia. Il brand, dopo una lunga serie a fumetti, due animate e un primo lungometraggio cinematografico, durante gli anni '90 ha vissuto in patria un lungo periodo di oblio, spezzato solo dal - pessimo, nonostante parte del cast e le premesse iniziali - live action, "Fist of the North Star". Finalmente, il nuovo millennio ci ha portato buone nuove sul fronte di questa serie, di nuovo sulla cresta dell'onda grazie ai videogiochi Konami e Sega Sammy, a nuove serie a fumetti e a una buona serie di OAV in tre episodi. Il rinnovato interesse per le gesta di Ken e compagni ha portato infine al progetto di una pentalogia che rinarri la prima, mitica serie sotto nuovi punti di vista, approfondendo ancor più l'introspezione sui carismatici personaggi della serie. Gli autori, il poliedrico Buronson e il pittorico Tetsuo Hara, nel tinteggiare un mondo in preda alla violenza e alla legge del più forte, affidano il destino dell'umanità ad un pugno di veri eroi che, portando avanti i propri ideali, affrontano coraggiosamente il proprio destino, e con esso le sofferenze che comporta l'essere fedeli ai propri sogni. Senza arrendersi mai, anche a costo di scelte dolorose. Che poi questi eroi siano omaccioni pompatissimi maestri di arti marziali è un doveroso artifizio del genere, e costituisce certamente il primo motivo per cui, da ragazzi, ci siamo appassionati alle vicende di questo mondo post atomico. Quello che realmente a lungo andare cattura, tuttavia, nel mondo di Ken il Guerriero - un mondo pieno di ricche citazioni iconografiche e cinematografiche, spesso ancora oggi riconoscibilissime -, sono le ambizioni e le convinzioni dei protagonisti, sempre in lotta. Con i propri nemici, ma soprattutto con il destino (qui forza quasi ineluttabile) e con sè stessi e la propria debolezza umana.

'Hokuto è immortale'

"La Leggenda di Hokuto" riprende una delle parti centrali della prima serie del manga, quella della cosiddetta "Piramide del Sacro Imperatore". In un mondo senza più legge - se non quella della sopraffazione -, privo di ordine civile e di riserve combustibili e alimentari, i deboli soccombono sotto le spire del potere dei nuovi grandi condottieri. Sauzer, detto "Il Sacro Imperatore" è uno di questi: depositario dei segreti della Scuola della Fenice di Nanto (tecnica di kempo tra le più micidiali della storia) è deciso a diventare il nuovo Re del Mondo, e sulla sua strada trova ben pochi ostacoli alla sua altezza.
Tuttavia, "quando Nanto perde la sua lucentezza, Hokuto arriva per ricondurla sulla retta via". Ecco quindi entrare in scena i tre fratelli di Hokuto: Kenshiro, Raoul e Toki, coloro che portano avanti la bimillenaria storia della tecnica di arti marziali più leggendaria di sempre. Ognuno con le proprie convinzioni, ognuno fedele al proprio fato. Quello di Kenshiro è, naturalmente, quello di combattere contro Sauzer, in nome della libertà, dello spirito di sacrificio e di quell'amore che, secondo il titolo originale dell'opera, finisce per martirizzare un pò tutti i protagonisti della vicenda. Interessante rivisitazione di una delle saghe più belle e commoventi del manga originale, stupisce per come la vicenda venga ben narrata dal punto di vista di Raoul, che nella saga originale è presente ma di certo non è figura chiave. Qui invece la figura del Re di Hokuto acquista nuova luce, e tramite i suoi ricordi e la presenza di nuove rivelazioni (e del personaggio di Reina, realizzato appositamente per questo film da Tsukasa Hojo e perfettamente integrato nella continuity della serie) riesce nel duplice intento di rievocare nello spettatore molti ricordi, ma anche di chiarire alcuni punti "oscuri" della vicenda. Certo, la durata contenuta del film (appena un'ora e mezza) ha costretto gli sceneggiatori a sacrificare alcuni personaggi o a presentarne altri giusto il tempo di vederli immolare, ma gli spettatori a digiuno della serie originale non si troveranno mai particolarmente spaesati. Vengono infatti fornite loro tutte le coordinate essenziali per la comprensione degli eventi, e sebbene le vicende e le sofferenze che i tre fratelli affrontano in gioventù vengano appena accennate, le loro conseguenze sono palesi nell'indole che i tre dimostrano, senza remore, per tutta la durata del film.

Tecnica di prim'ordine, sebbene in forma inaspettata...

Tecnicamente, il film è realizzato in maniera magistrale, sebbene pecchi di eccessiva "pacatezza" narrativa nella prima parte, soprattutto per essere un film tratto da un manga tradizionalmente pieno di azione e combattimento. Questa "lentezza" si avverte in verità anche nelle animazioni, difatti sebbene i disegni siano per lo più splendidi (tranne qualche piccola caduta di stile nel chara design in alcuni momenti) danno molte volte un'impressione di staticità piuttosto accentuata. Attenzione, non stiamo lamentandoci di un'animazione fatta male o a scatti, quanto di poca dinamicità nella maggior parte delle scene che non siano di combattimento. Questa è stata tuttavia una (combattuta, probabilmente) scelta degli animatori, per meglio seguire e sottolineare la riflessività dei dialoghi. Per il resto, il character design (a cui hanno collaborato autori del calibro di Shingo Araki e Tsukasa Hojo) svolge ottimamente il suo compito, senza stravolgere i personaggi ma interpretandoli in maniera più "realistica" (vedasi la figura più umanizzata, anche nei tratti somatici, di Raoul).
Sul fronte sonoro, le BGM sottolineano, senza tuttavia risultare mai invadenti, i momenti salienti dell'opera, e la nuova versione della classica "YOU ha SHOCK" - storica sigla della prima serie - è una graditissima chicca per tutti gli appassionati, sebbene non raggiunga i livelli di integrazione e coinvolgimento raggiunti dall'altrettanto mitica "Heart of Madness" nel film dell'86.

Più amore che morte

Quello che stupisce di più in questo lungometraggio, ad ogni modo, è la totale mancanza di compiacimento nella violenza, cosa bizzarra per uno dei manga più tacciati di essere "diseducativi" .
Le scene di combattimento sono infatti assai limitate rispetto alla durata totale del film, e sebbene non manchino momenti gore di esplosioni e fiumi di sangue, non sono mai inserite "per il semplice gusto di farlo". Nè Ken ne Raoul alzano un dito contro qualcuno se non strettamente necessario: la loro supremazia è evidente e solo chi è talmente stolto da non accorgersene perde la vita per questo. E' più la forza delle ambizioni e dell'animo umano a risaltare, che non quella fisica, per tutta la durata del film. Chi si aspetta un'ora e mezza di serrati combattimenti a suon di "uattà" vari, quindi, probabilmente resterà deluso. Le scene caratteristiche con Ken che dice "sei già morto e non lo sai" o con Raoul che calpesta i punk sotto gli zoccoli di Re Nero acquistano più il sapore di un dovuto omaggio, quindi, che una necessità nell'economia della trama.
Il film amplifica tutta la simbologia base del genere ma anche della serie in particolare, soffermandosi più sul perché delle azioni dei personaggi che sul come delle stesse. Vediamo così come ogni personaggio acquista una presenza "tridimensionale" e cosa l'Amore del titolo gli abbia dato o tolto.
Con la "scusa" di mostrarci il loro destino, gli autori ci fanno vedere cosa significa morire per un ideale di amore o come chi non è capace di tanto si volga dalla parte opposta della barricata per non ammettere la propria "debolezza", come nel caso del (fisicamente) invincibile Sauzer.
Molto interessanti le figure di Souga e Reina, che sebbene ricalchino pattern classici e in parte già visti in altre opere, risultano credibili e godibili. Particolare invece come Lynn si veda poco e niente, a dispetto di un Bart che dimostra già tutte le qualità di coraggio e altruismo che mostra da adulto nella seconda serie.
Ottimamente tratteggiati inoltre i tre fratelli di Hokuto, assolutamente complementari e rappresentanti facce diverse di una stessa medaglia: tutti e tre infatti bramano pace e ordine, ma si ritrovano a perseguirle in modo diverso. Curiosamente, il personaggio meno ciarliero e riflessivo appare essere il protagonista, ma in questo risalta la sua voglia di pace, la sua sofferenza che non conosce sosta, e che può solo esplodere in rabbia, nel momento culminante. In rabbia "giusta" e misericordiosa come non mai, però.
La stessa che gli fa esclamare "non resterà un solo capello di te, Sauzer" ma che poi lo fa colpire in modo benevolo, una volta vendicati gli oppressi.

Un cast convincente

In ultimo, è decisamente il caso di spendere due parole sull'edizione italiana di questo film, che colpisce per la qualità delle traduzioni, degli adattamenti e dei dialoghi.
La scelta di utilizzare i nomi cari agli appassionati della serie televisiva originale in versione italiana non stupisce e risulta comunque gradevole, mentre i dialoghi e gli adattamenti risultano invece fedeli all'opera originale giapponese, e piacevolissimi da ascoltare. I nomi dei colpi e delle tecniche, inoltre, sono stati ben tradotti in italiano.
Ulteriore nota positiva è rappresentata dal doppiaggio: sebbene all'annuncio dei doppiatori coinvolti nel progetto siano proliferate in rete parecchie voci di dissenso o quantomeno di perplessità da parte di molti appassionati (poiché affezionati al doppiaggio "storico" o per la semplice, presunta poca attinenza coi personaggi di taluni doppiatori) dobbiamo attestare che tutto il cast ha svolto un lavoro eccezionale, nessuno escluso. Da grandi professionisti, sono andati al di là delle voci per i quali siamo abituati a sentirli e hanno davvero interpretato le rispettive parti con attenzione.
Tra tutti spicca naturalmente Lorenzo Scattorin, nuova voce di Kenshiro, molto espressiva e il cui timbro ricorda da vicino quello di Alessio Cigliano (primo doppiatore di Ken nella serie televisiva e idolatrato da molti fan), rappresentandone a tutti gli effetti un'evoluzione, regalando alcuni momenti davvero emozionanti.

Ken il Guerriero - La leggenda di Hokuto Nonostante uno svolgimento a tratti lento e troppo "romantico" (nell'accezione originale del termine), siamo sicuri che gli appassionati di questa storica serie non rimarranno delusi da questo film, nè dalla sua curatissima versione italiana. La Leggenda di Hokuto rinarra un pezzettino di storia dei manga shonen, e lo fa con stile e fiducia negli ideali di sacrificio, bontà, perseveranza e amore verso il prossimo che intende proporre al suo pubblico. La qualità tecnica del film è notevole, e sebbene non sempre costante, è comunque meritevole di attenzione. La cura riposta da Yamato e Mikado nella versione italiana merita sicuramente un plauso, essendo a livelli "disneyani": speriamo, tuttavia, che questo non sia un punto di arrivo, quanto uno di partenza. Sia per le edizioni dei film d'animazione, quanto per il futuro degli stessi in sala.