Pluto Recensione: la serie su Netflix è l'anime fantascientifico dell'anno

L'Astro Boy secondo Naoki Urasawa arriva su Netflix con un anime che rende onore al manga e ci regala una pietra miliare della fantascienza animata.

Pluto Recensione: la serie su Netflix è l'anime fantascientifico dell'anno
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"La cosa di cui ho più paura sono io ora che ho imparato ad odiare".

In Pluto, nuovo anime Netflix tratto dall'omonimo manga di Naoki Urasawa, i robot temono, odiano, sentono. Non l'hanno sempre fatto, spesso non ne sono stati consapevoli, ma col tempo si sono avvicinati agli umani, hanno mangiato per replicarne le azioni, riso per simularne la felicità, pianto per imitarli. Parlano di fortuna, apprezzano la natura, concepiscono l'arte, di sicuro sognano pecore elettriche.

Gesicht è un detective robot dell'Europol, è un modello avanzato, è fatto di una speciale lega metallica (lo Zeronium), il suo braccio si trasforma in un'arma, ma il suo volto è umano.
Qualcosa di estremamente malvagio sta cacciando e distruggendo i suoi simili; figure politiche di spicco e scienziati eminenti, convinti sostenitori dei diritti dei robot, sono fragili bersagli di un male che si nasconde nell'ombra e lascia tracce diaboliche.

Da Astro Boy a Pluto

Urasawa si approccia alla creatura più celebre di Osamu Tezuka, eternamente impressa nell'immaginario robotico-fantascientifico, rimaneggiandola e rinarrandone gli esiti; ne omette l'esordio per aprirne gli orizzonti, gli infonde i temi e le ossessioni che hanno caratterizzato la sua produzione precedente avviando una metamorfosi che ne modifica i toni e il target di riferimento. Astro boy diventa spunto per una riflessione profonda sulla natura dell'intelligenza artificiale, su una tecnofobia che si fa discriminazione, su intricati scenari geopolitici e conflitti internazionali tristemente attuali. Non è un caso se il titolo è dedicato al villain per eccellenza della serie capostipite dell'animazione giapponese (nei termini produttivi moderni): Pluto è opera diametralmente opposta, nei modi e nelle intenzioni, alla fantascienza essenziale ed archetipica del Tetsuwan Atom del dio del manga, al trattamento supereroistico del materiale originario.

Non è la prima volta che Urasawa prende in prestito figure emblematiche della tradizione fantascientifica giapponese: lo aveva fatto inserendo il misterioso mecha in 20th Century Boys, lo fa ancora costruendo gli intrighi di Asadora! attorno ad un altro mostro sacro dell'immaginario nipponico, il kaiju (che ricorda Godzilla). Misteri, intrighi e creature mostruose nascoste nell'ombra (rigorosamente di dimensioni titaniche): sono questi gli elementi peculiari e ricorrenti della produzione di Naoki Urasawa, che non ha mai rinunciato a un certo gusto per i complotti planetari e per le narrazioni apocalittiche, con presagi e profezie annesse.

È immergendo Astro boy in questo magma cataclismico, in una fantascienza a tratti filosofica, talvolta poetica, costantemente concentrata sulle implicazioni e sulle possibilità di un'AI ultra-avanzata, che Pluto può nascere.

Con Urasawa, Astro boy diventa, insomma, una storia mystery in cui la detection, per mezzo di un protagonista investigatore, si fa modalità narrativa prioritaria. Pluto trova la propria vitalità nella capacità del suo scrittore di realizzare un puzzle che si compone episodio dopo episodio, che si svela gradualmente tra indizi e rimandi e sta ben attento ad introdurre tessere dal valore rivelatorio ogni volta maggiore.

L'autore infarcisce Pluto di cliffhanger e colpi di scena, di scoperte, di confessioni, gioca con le caratteristiche dei robot, con la loro memoria digitale, algoritmica, sabotabile. Poggia poi tutto su una base favorevole a una cronaca tanto intricata, ricca di segreti e retroscena, di materiali riservati e accadimenti insabbiati: un conflitto bellico (la 39esima Guerra dell'Asia centrale) in cui i robot hanno giocato un ruolo fondamentale e di cui tutte le vicende narrate sono l'infausto e inevitabile risultato.

Morte alla macchine! Viva le macchine!

Una base che contribuisce ad alimentare uno sfondo politico che eleva ed amplia la narrazione, tra Leggi per la protezione dei diritti dei robot, sistemi di adozione dedicati agli automi e sette simil-ku klux klan che ne auspicano l'abrogazione.
L'anime di Netflix si consegna alla grande fantascienza indagando l'impatto dell'introduzione delle "macchine" nella società, dandone una rappresentazione pessimistica, semi-distopica, ma verosimile.

Rincara la dose costruendo personaggi vivi nonostante l'essenza artificiale, robot dai dubbi amletici, dalle scelte mai banali e dalla personalità definite: pacifisti, belligeranti, coraggiosi, sensibili, tenaci. Si concede poi qualche digressione romantica e più di un passaggio contorto fine a sé stesso, e se nel primo caso la trovata ripaga accrescendo la drammaticità di alcuni avvenimenti e regalando situazioni commoventi (è così in occasione del primo episodio della serie), nel secondo si ha la sensazione di assistere ad una sottile incoerenza narrativa che si fa manifesta nel momento della resa dei conti, in una risoluzione che, visto quanto orchestrato e seminato in precedenza, risulta forse semplicistica seppur significativa e molto intensa, tutta improntata su una toccante meditazione sull'odio, sui suoi effetti nefasti e sulla possibilità di reprimerlo per far spazio al non-odio, all'amore, alla coesistenza.

Un piccolo passo falso per un anime che è comunque destinato a costituire una pietra miliare (così come il manga) della fantascienza animata e che esce in un periodo in cui i discorsi sull'intelligenza artificiale sono prepotentemente tornati alla ribalta e che potrebbero favorire un'accoglienza entusiastica. Ricezione che dovrebbe comunque essere positiva anche grazie ad un lato tecnico che si distingue per una colonna sonora sempre incisiva: le musiche di Yugo Kanno (già compositore per JoJo e Psycho Pass) danno il meglio nei momenti di tensione, poi incalzano, tramortiscono, emozionano, addolciscono. Studio M2 fa poi un ottimo lavoro grafico con animazioni che scelgono in maniera sapiente le parti a cui dare priorità qualitativa (in cui la fluidità aumenta), raggiungendo un notevole picco negli ultimi due episodi della serie, e che integrano in maniera perfetta una CGI mai fuori posto e dall'utilizzo limitato.

Pluto Con Pluto Netflix dimostra di saper infondere nuova linfa vitale ad una pietra miliare della fantascienza animata, costruendo attorno al personaggio iconico creato da Osamu Tezuka una storia di intrighi e misteri, dando vita ad un seinen che rimaneggia con cura il materiale di partenza e lo inserisce in uno scenario fantascientifico rinnovato ed attualizzato. Pluto è la naturale evoluzione di Tetsuwa Atom, un Astro Boy concepito nel XXI secolo, coinvolto in riflessioni non rivoluzionarie ma mai banali sull'intelligenza artificiale e sulle implicazioni politico-sociali del suo sviluppo definitivo.

8.5