Era il lontano 2000 quando approdò per la prima volta sulle reti Mediaset una nuova e misteriosa serie. Molti erano ancora all'oscuro di cosa si trattasse, mentre i più fortunati possessori di un Game Boy ne avevano solo un sentore: in quell'anno fece il suo debutto in Italia l'anime Pokémon, facendo compagnia nelle ore pomeridiane a milioni di giovani telespettatori, conquistandoli sin da subito. La serie arrivò per la prima volta sulle reti televisive giapponesi nel 1997, diretta da Kunihiko Yuyama (regista anche di tutte le successive incarnazioni), per pubblicizzare il videogioco da cui è tratta, realizzato da Satoshi Tajiri, uscito sul mercato nipponico un anno prima. Infatti, le vicende narrate nella versione animata sono ambientate nella regione di Kanto, la stessa del gioco. Originariamente il sottotitolo Indigo League non era presente, ma è stato aggiunto in seguito per poterla distinguere dalle altre serie: di fatti in Italia era nota semplicemente con il titolo di Pokémon. Nel 2010 su Disney XD, e in chiaro su K2 , è stata riproposta la prima serie con un nuovo doppiaggio, simile alle versioni più recenti, lasciando comunque inalterati buona parte dei doppiatori; è stata inoltre sostituita la sigla d'apertura, scegliendo Pokémon Theme, invece della storica Gotta catch'em all!, cantata da Giorgio Vanni. Gli appassionati e i nostalgici possono recuperare la "nuova" versione su Netflix.
L'inizio di un lungo viaggio
Rivedere il primo episodio, e come tutto ha avuto inizio, riporta a galla bellissimi ricordi: Ash Ketchum ha finalmente compiuto 10 anni ed è pronto a ricevere il suo primo Pokémon dal professor Oak, per iniziare un'avventura che lo porterà ad apprendere i segreti dell'allenamento e a diventare Maestro Pokémon. Ash è forse lo stereotipo degli adolescenti degli anni ‘90: guanti senza dita, jeans con i risvolti, scarpe da ginnastica, uno zaino sulle spalle e un berretto con visiera, che gira all'indietro quando entra in azione; è vispo e non vede l'ora di iniziare la sua carriera da allenatore. Il giorno in cui deve ricevere il suo primo animaletto, Ash è in ritardo e all'ingresso del laboratorio s'imbatte nel suo acerrimo rivale, che è sempre un passo avanti a lui e che deve riuscire a superare ad ogni costo: l'arrogante e il presuntuoso Gary, nipote di Oak. L'aspirante Maestro è entusiasta nel ricevere il suo primo Pokémon; purtroppo nessuno dei tre iniziali (Charmander, Squirtle e Bulbasaur) è più disponibile. Per fortuna lo scienziato ne ha un quarto, che però è molto problematico e a cui non piace essere abbracciato né essere rinchiuso in una Pokéball: un Pikachu. Per iniziare al meglio il viaggio, il professore dona al giovane alcune Pokéball in cui custodire i mostriciattoli catturati ed un Pokédex (nominato Dexter), un mini computer portatile con il quale identificare le creature che incontrerà. All'inizio del suo viaggio, l'allenatore non è ancora quel ragazzo sveglio, preparato, in grado di affrontare un duello in maniera inusuale e inaspettata, che conosciamo, ma è inesperto e trae esperienza dai suoi innumerevoli sbagli.

Sebbene Pikachu non sia facile da gestire, con un carattere "ribelle" ed indisponente, e non perda occasione di schernire il suo padrone, Ash si sente particolarmente legato a lui, non solo perché è il suo primo Pokémon, ma anche perché sa che in futuro assieme potranno fare grandi cose. In breve tempo i due andranno d'accordo formando una coppia inseparabile e secolare, nota in tutto il mondo e in tutte le epoche.
Nel suo cammino Ash incontrerà la dolce e determinata Misty e Brock, il dongiovanni: nasce così uno storico trio che, entrato di diritto negli annali, è rimasto nel cuore di tutti. I tre saranno spesso rallentati da un altro affiatato gruppo, anch'esso diventato un'icona della serie, formato da Jessie, James e Meowth: il Team Rocket, che ha l'obiettivo di rubare i Pokémon più rari.
In questa prima traversata il protagonista imparerà a conoscere le varie creature, nuovi personaggi, e migliorerà le sue abilità.
Girovagando per il mondo
Sin dalla scena introduttiva si percepisce l'intenzione degli autori di realizzare una serie al fine di promuovere un videogioco e che riuscisse a far immergere il più possibile lo spettatore nel vasto universo dei Pokémon, senza necessariamente sfruttare una narrazione lineare o una trama di fondo. Il pilot si apre con la classica schermata di combattimento visibile sui piccoli schermi del Game Boy, senza le barre della vita e delle Pokéball, per poi prendere tutto "vita"; nel corso delle puntate ci vengono forniti altri dettagli che avvalorano questa teoria, come il fatto che ad ogni duello i Pokémon guadagnino esperienza, salgano di livello e, raggiunta una certa soglia, possano anche evolversi. In sostanza, Pokémon: Indigo League ha preso a piene mani dall'opera madre, sia per far avvicinare chiunque non conoscesse ancora il titolo, sia per i videogiocatori che lo hanno apprezzato. Gli sceneggiatori, per strutturare questo universo, sono partiti dal semplice concetto che si tratti di un mondo ancora da esplorare sotto molti aspetti, e perciò seguiamo le vicende dal punto di vista di Ash, che potrebbe essere inteso come l'incarnazione di colui che conosce ciò che lo circonda, ma non ne comprende ancora il funzionamento: ad ogni episodio, e ad ogni esperienza fatta dal nostro compagno di viaggio, apprendiamo sempre più nozioni importanti sulle abitudini delle creature che popolano il pianeta, sulle loro probabili origini, e come debbano essere trattate; un passo alla volta prendiamo sempre più confidenza con loro, tanto da sentirci parte integrante di quella realtà fittizia. Il voler raccontare il più possibile in modo chiaro e completo ha permesso ai creatori di sfruttare saggiamente il tempo a disposizione e di dare libero sfogo all'immaginazione: basti pensare che, in alcuni momenti, si assistono ad evoluzioni in poche puntate, in rari casi anche in una sola, o all'episodio "sperimentale" L'isola dei Pokémon giganti, in cui le creaturine sono protagoniste e, per la prima volta, con l'aiuto di sottotitoli possiamo comprendere le loro conversazioni, che altrimenti sarebbero incomprensibili. In questi frangenti si percepisce che il desiderio di accontentare anche un pubblico che si avvicina per la prima volta ai Pokémon è veramente grande.

Questa sceneggiatura frammentaria è caratterizzata da microstorie autoconclusive in cui sono mostrati personaggi variegati ed originali, che arricchiscono notevolmente l'intero universo e sono utili ad Ash, che poco a poco matura, diventando sempre più sicuro di sé; comunque, non è necessario seguire i 52 episodi disponibili per apprezzare il prodotto, ma è consigliato farlo se si vuole scoprire interessanti informazioni sui Pokémon e legarsi a loro tanto quanto basta da provare tristezza nel vedere un Charmander abbandonato dal suo allenatore, perché ritenuto debole, o ancora nella scelta di Ash di lasciare Pikachu tra i suoi simili, perché felice, e capire che la loro amicizia è più forte di qualunque cosa. Purtroppo, gli episodi in catalogo non completano l'arco "originale", e per questo è assente uno dei momenti, forse, più commoventi di tutta l'epopea: la difficile separazione tra Ash e il suo Charizard, che ha lasciato un'indelebile cicatrice in tutti noi.
Lo stile discontinuo di narrare gli eventi è uno degli elementi che ricorrono più frequentemente anche nelle stagioni successive, ma forse con il passare degli anni quella curiosità di voler scoprire sempre più, che si provava nella prima stagione (anche per via della novità), è andata lentamente scemando, fino a scomparire del tutto; e anche gli autori sembrano aver perso tutto il loro estro creativo, riciclando spesso schemi e meccaniche oramai noti.
Pokémon: Indigo League non si può dire che sia invecchiata nel migliore dei modi, soprattutto se confrontato con le interpretazioni più recenti. Lo si nota particolarmente nei disegni utilizzati per realizzare i "mostriciattoli" e i vari personaggi: accantonando il character design degli "umani", con i tipici e marcati lineamenti squadrati, più limati per le figure femminili, i nostri sguardi si sono soffermati prevalentemente sulla realizzazione dei Pokémon, tutti con un aspetto molto animalesco, come ad esempio Pikachu che ha un design molto più tondeggiante, paffuto e meno carino, ma poco a poco inizia a cambiare, assumendo le sembianze simili alle rappresentazioni moderne; allo stesso modo, anche Meowth ha uno stile grafico che lo accosta di molto a quello di un maneki neko, o gatto della fortuna, tipico della cultura giapponese. I disegni stessi mancano della cura certosina che vantano ora: non sono infatti pochi i grossolani errori, come colori invertiti, guanti e indumenti del tutto assenti in alcune riprese, e inezie simili. Le animazioni hanno forse risentito di più del peso degli anni, e non sono molto pregevoli, se rapportate ai giorni nostri: non hanno una fluidità costante e nei momenti in cui cercano di dare il massimo di sé, mostrando più elementi su schermo, si evidenziano drastici rallentamenti delle immagini. Tutti questi sbagli superficiali, però, rendono quasi più gradevole il prodotto, ripensando a un periodo in cui si prediligeva un tratto manuale, pieno di imperfezioni, e che ha un fascino tutto rétro.
Nonostante tutto, chiunque si sia approcciato tardi a questo mondo fantastico e voglia scoprirne la genesi, o chi voglia solo ritornare per un momento bambino e ritrovare cari amici, non può certo non apprezzare le imprese di Ash, Misty e Brock, viverle attivamente e unirsi a loro nel catturare i Pokémon di prima generazione.