Prison School: Recensione dell'anime ecchi su Netflix

Ammessi in una prestigiosa accademia femminile, Kiyoshi e i suoi amici sprofonderanno negli abissi della disperazione.

Prison School: Recensione dell'anime ecchi su Netflix
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La parola "umorismo" trae la propria origine dal termine latino "humor" che indica l'umidità o un qualunque fluido, come ad esempio gli umori corporei al centro della celebre Teoria umorale del medico greco Ippocrate di Coo (sangue, bile gialla, bile nera e flegma) e da lui identificati come l'essenza stessa della vita. In questo senso l'umorismo sarebbe un qualcosa di profondamente intimo, istintuale e connaturato all'essere umano. Il filosofo Henri Bergson, nel suo fondamentale saggio Il riso notò che "Non vi è nulla di comico al di fuori di ciò che è propriamente umano", mentre in tempi più recenti il linguista Victor Raskin affermò che l'umorismo generi piacere a partire da un'incongruenza fra due copioni semantici che vadano in conflitto o, per dirla con Pirandello, dalla percezione del contrario, dell'inatteso. L'umorismo dunque nasce da un'incongruenza, e cosa c'è di più incongruente di una commedia scolastica erotica ambientata in una prigione? Lo sa bene il mangaka Akira Hiramoto che nel 2011 ha ideato una serie intitolata Prison School serializzata sulla rivista seinen Young Magazine di Kodansha e conclusasi il 25 dicembre del 2017 con l'uscita del capitolo numero 277. La serie anime di Prison School (12 episodi più un OAV) è stata sceneggiata da Michiko Yokote (nome di un collettivo di scrittori autori fra gli altri della sceneggiatura di Cowboy Bebop e della serie di romanzi di Patlabor), diretta dal regista di Another, Tsutomu Mizushima e realizzata dallo studio J.C. Staff. Prison School è andato in onda nel 2015 in Giappone e contemporaneamente in Italia tramite VVVVID ed è attualmente disponibile per lo streaming sulla piattaforma Netflix, a eccezione dell'episodio OAV intitolato Mad Wax.

Seviziare e punire

L'accademia femminile Hachimitsu è una delle scuole più prestigiose di Tokyo, anzi dell'intero Giappone. Si tratta naturalmente di un ambiente chiuso, esclusivo e riservato alle ragazze, finché una legge non obbliga l'accademia ad ammettere al proprio interno anche studenti di genere maschile. Kiyoshi Fujino, Takehito Morokuzu detto Gakuto, il teppista Shingo Wakamoto, l'inquietante Joji Nezu detto Joe e Reiji Ando detto André sono i primi cinque studenti maschi nella storia della Hachimitsu. Frustrati dalla propria incapacità d'interagire con le studentesse, che li ignorano come conseguenza di un diktat dell'Associazione Studentesca Segreta, i nostri cinque eroi decideranno di macchiarsi di un orrendo crimine: spiare le ragazze più carine della scuola nell'atto di fare il bagno. Kiyoshi, Gakuto, Shingo, Joe e Andrè saranno ovviamente beccati e, dopo un lacunoso processo sommario, condannati ai lavori forzati nella cosiddetta "Prigione scolastica", luogo infernale approntato per acquietare internamente i conflitti fra gli studenti. Avrà così inizio il loro surreale periodo di prigionia, dietro il violento controllo delle tre bellissime carceriere: la Presidentessa Mari Kurihara, sorella del love interest di Kiyoshi (la timida appassionata di sumo Chiyo Kurihara), stupenda e ammirata da tutte le studentesse della scuola; la giunonica vice Presidentessa Meiko Shiraki, donna enorme dotata di prestanza fisica sovrumana e di una incrollabile abnegazione nei confronti di Mari; e infine Hana Midorikawa, esperta di karate che nasconde la propria fragilità sotto un comportamento a dir poco dispotico. Sottoposti a brutali torture da parte del terzetto di fanciulle, e consapevoli di dover disinnescare un crudele piano dell'Associazione che mira a farli espellere (evento che toglierebbe loro la possibilità di assistere al contest di Miss Maglietta Bagnata), i cinque giovani dovranno cementare il proprio sodalizio e affrontare tradimenti, vessazioni, infamanti infortuni e dispetti privi di senso per ritrovare l'agognata libertà. Questa è, in poche parole, l'essenza narrativa di Prison School, un concept che per quanto inedito non rende giustizia alla meravigliosa assurdità del prodotto compiuto, fatta di sangue e disperazione, tute in pelle, seni dalle proporzioni non umane, inquadrature birichine, corpi sudati, pissing, cameltoe, sadomasochismo e risate incontenibili. L'antipatia della Presidentessa e delle sue due compagne per gli uomini nasce da una considerazione molto semplice: tutti gli uomini sono dei maiali. Dal canto loro, i protagonisti maschili non paiono in grado di sovvertire questa convinzione, visto che all'interno del micromondo della serie l'unico altro uomo presente è il Preside (e padre di Mari e Chiyo), un buffo uomo brizzolato ossessionato dai sederi, e questo genera una autentica spirale di odio e violenza. La serietà con cui Kiyoshi e compagni affronteranno la propria bizzarra sorte aumenta ulteriormente l'umorismo alla base di Prison School grazie al sapiente utilizzo del paradosso, vero trait-d'union fra le varie anime della serie.

Scontro fra generi

Nella sua apparente semplicità, Prison School è basato su un misto di tre generi, dei quali riprende e rimescola gli elementi fondamentali per ottenere un prodotto superiore alla somma delle singole parti: commedia scolastica, prison-movie e commedia erotica. L'ultimo elemento è forse quello preponderante, data l'abbondanza di dettagli anatomici mostrati e di gag fisiche legate ai genitali e all'apparato gastrointestinale dei protagonisti. D'altra parte l'ecchi (genere il cui nome deriva dalla lettura giapponese della lettera H) si situa più o meno un gradino sotto l'hentai. La possibilità di mostrare ciò che in genere si preferisce tenere celato consente però ad Akira Hiramoto di portare la sua storia su sentieri difficilmente immaginabili, come ad esempio la rocambolesca sottotrama legata al pissing. L'elemento della commedia scolastica è legato non solo al contesto generale (la prigione è contenuta all'interno della scuola, i prigionieri continuano a seguire le lezioni tra un lavoro pesante e l'altro) ma anche alla macrotrama portante che è quella legata ai sentimenti che legano il protagonista Kiyoshi alla dolce Chiyo, costantemente frustrati dalla goffaggine di entrambi, dalla particolare situazione di Kiyoshi e dall'invadenza della senpai Hana Midorikawa. Le situazioni tipiche di questo genere risultano amplificate dalla vivace (e piccante) fantasia dell'autore, vero e proprio Machiavelli dell'equivoco, in tutti i sensi. All'interno di questo micromondo, Akira Hiramoto inserisce la prigione, elemento da sempre utilizzato per veicolare messaggi sociali potentissimi e perturbanti. In prigione le alleanze effimere e i tradimenti sono all'ordine del giorno: tutti i personaggi, per uscire dalla spinosa situazione in cui si trovano, dovranno imparare a conoscersi e a collaborare. Kiyoshi è un uomo privo di volontà, non particolarmente brillante pur senza essere sciocco, la cui principale qualità consiste nel riuscire a tener duro in una situazione tanto grottesca quanto inquietante. Se questo accade è soprattutto grazie all'alleanza con Gakuto, protagonista morale dell'anime. Con la sua inspiegabile passione per le Cronache dei Tre regni, il suo eloquio arcaico e la sua etica da samurai, Gakuto riuscirà a creare con Kiyoshi un sodalizio commovente che darà vita ai momenti migliori della serie. Assieme agli altri prigionieri, il malaticcio Joe con la sua ossessione per le formiche, Shingo il prepotente e il masochista André, che per qualche ragione è rappresentato graficamente come una specie di Buddha, Kiyoshi e Gakuto andranno incontro a innumerevoli disavventure per riuscire a raggiungere finalmente l'agognata libertà.

Dal manga all'anime

Il successo di Prison School è un dato di fatto. Vincitore nel 2013 del prestigioso premio Kodansha per la categoria generale, il manga ha dato vita a uno spin-off e a un adattamento live action. Tuttavia, nonostante il successo planetario e una tiratura da oltre 13 milioni di copie (ad esempio, nel 2015 è risultato essere la nona serie in termini di vendite, superando prodotti come Tokyo Ghoul:Re) l'anime di J.C. Staff si è limitato a coprirne solo il primo arco. Sostenuta da una regia adeguata, buone animazioni, una grafica soddisfacente soprattutto nei primi piani (poco accurati, invece, i fondali) e una colonna sonora incalzante, la serie anime ha avuto a sua volta un discreto riscontro di critica e di pubblico. Come si spiega dunque che ad oggi le altre saghe del manga non abbiano goduto di una trasposizione animata? È possibile che questo dipenda dal lento e purtroppo costante declino della controparte cartacea che, pur mantenendo quasi fino alla fine un dignitoso livello narrativo e umoristico, ha perduto col tempo quella verve esplosiva che rende il primo blocco di capitoli davvero superiore. Intendiamoci: il manga Prison School resta spassoso e non mancano i momenti memorabili, tuttavia col passare del tempo le dinamiche cominciano a farsi ripetitive e le situazioni risultano dilatate in maniera spropositata. Il declino qualitativo della serie ha coinciso con un crollo verticale delle vendite e lo scontento dei lettori ha raggiunto il proprio massimo in corrispondenza della pubblicazione di un affrettato e odioso capitolo conclusivo, che può essere descritto solo come una gratuita provocazione. D'altra parte il finale dell'anime, epico e commovente al tempo stesso, risulta ben più soddisfacente anche se inevitabilmente lascia aperti spiragli narrativi che nel manga hanno condotto alle saghe successive. Nonostante (o grazie a) la sua brevità, l'anime di J.C. Staff mantiene sempre elevati il ritmo e la tensione e seduce lo spettatore con una storia entusiasmante povera di fronzoli, ma ricca di inquadrature maliziose e divertimento.

Prison School "Bizzarro" è uno dei primi termini che vengono in mente approcciandosi a un'opera come Prison School, prima di cominciare a ridere o ad ansimare. L'anime di J.C. Staff mette in scena una caleidoscopica galleria di personaggi grotteschi e divertentissimi e conduce lo spettatore attraverso una selva di situazioni drammatiche, spassose e piccanti ai limiti del lecito. Prison School è un'esperienza forse non per tutti, che non mette in campo temi di particolare complessità, ma che riesce a farsi apprezzare per i suoi personaggi fuori dagli schemi e per una narrazione calibrata alla perfezione, in cui l'umorismo demenziale si stempera con disinvoltura nell'erotismo e nel dramma. Prison School è un prodotto eccessivo, debordante, epico, sensuale, convincente, amabile.

7.7