Resident Evil Infinite Darkness recensione: l'orrore approda su Netflix

Resident Evil: Infinite Darkness è la prima serie TV in CGI basata sul celebre franchise di Capcom e disponibile su Netflix. Ecco la nostra recensione.

Resident Evil Infinite Darkness recensione: l'orrore approda su Netflix
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Sono passati più di venticinque anni da quel fatidico 22 marzo 1996 in cui Capcom rilasciava in Giappone su PlayStation il primo Resident Evil (in lingua originale Biohazard), capitolo inaugurale di una serie di grandissimo successo che ha rivoluzionato il mercato videoludico introducendo il concetto di "survival horror". All'epoca nessuno, forse nemmeno Capcom stessa, poteva immaginarsi che nel corso dei decenni successivi Resident Evil si sarebbe evoluto in un franchise multimediale capace di abbracciare, oltre ai videogiochi, anche manga, romanzi e soprattutto pellicole cinematografiche, persino di matrice hollywoodiana. Come risultato, il mosaico narrativo della saga è diventato abbastanza esteso e complicato: se avete bisogno di rinfrescarvi la memoria sulla trama completa dei capitoli principali fino al settimo, recuperate il nostro speciale sulla storia di Resident Evil.

L'ultimo arrivato nel canone narrativo è Resident Evil: Infinite Darkness, miniserie televisiva di 4 episodi nata come co-produzione tra Capcom e Netflix e realizzata in CGI dagli studi d'animazione TMS Entertainment e Quebico. Disponibile in esclusiva sulla piattaforma streaming a partire dall'8 luglio 2021, Infinite Darkness è senza dubbio una delle novità più attese dell'anno e ha generato elevate aspettative nei fan della serie. Sono state ripagate? Scopritelo assieme nella nostra recensione.

Il debutto nella serialità

Annunciato alla fine di settembre 2020, Resident Evil: Infinite Darkness è prodotto da Hiroyuki Kobayashi e diretto dal regista Eichiro Hasumi presso Quebico, studio di animazione fondato nel 2017 dal co-produttore di Resident Evil: Vendetta Kei Miyamoto, mentre TMS Entertainment si è occupato della supervisione del progetto. Un altro membro dello staff degno di menzione è il compositore Yugo Kanno, autore delle musiche dei recenti adattamenti animati de Le Bizzarre Avventure di JoJo, da Stardust Crusaders in poi. Infinite Darkness, con l'adozione della CGI, segue dunque la scia del trittico Degeneration, Damnation e Vendetta, lungometraggi canonici che si inseriscono nel già menzionato intreccio principale della saga, espandendolo e arricchendolo. La serie infatti si colloca temporalmente tra gli eventi di Resident Evil 4 e Resident Evil 5, per la precisione nel 2006 (secondo la timeline della saga), poco dopo il salvataggio della figlia del presidente degli Stati Uniti, Ashley Graham, da parte di Leon S. Kennedy.

E proprio Leon, personaggio molto amato dai fan, è uno dei protagonisti della serie in questione. Infinite Darkness inizia con il celebre ex-poliziotto, sopravvissuto agli inferni di Raccoon City ed El Pueblo, in volo verso la Casa Bianca. Il suo arrivo però si rivela ancora una volta presagio di sfortuna: l'edificio presidenziale viene colpito da un misterioso attacco informatico e attaccato da un'orda di famelici zombi. Dopo aver risolto la situazione, Leon viene incaricato dal presidente di fare luce sull'accaduto, collaborando con gli agenti Jason e Shen Mei, due figure che sembrano nascondere qualcosa.

Al tempo stesso la serie segue anche le vicende di una vecchia conoscenza del franchise: Claire Redfield, sorella di Chris e compagna d'avventure dello stesso Leon in Resident Evil 2. Claire è adesso un membro dell'organizzazione umanitaria TerraSave, che sta offrendo aiuti alla popolazione del Penamstan, immaginario paese al confine con la Cina dilaniato da una tremenda guerra civile.

Dopo aver visto la testimonianza del conflitto sottoforma del disegno di un giovane profugo, che sembra riportarle alla memoria gli orrori di Raccoon City, la ragazza decide di indagare per conto proprio sui retroscena della guerra, ritrovandosi presto invischiata in un nuovo incubo legato alle armi biologiche.

Resident Evil: Infinite Darkness è ambientato dunque nel canone principale del franchise, ma è strutturato in modo tale da essere fruibile da chi non conosce bene, o non conosce affatto, gli eventi collocati nel periodo in esame. Se si eccettua la presenza dei due storici protagonisti e di alcuni riferimenti (non rilevanti ai fini della trama) all'inizio e alla fine della serie, il debutto televisivo dell'opera di Capcom propone una storia autocontenuta che non va a impattare troppo sulla continuity.

Complici gli inevitabili paletti a cui gli scrittori hanno dovuto sottostare per via dell'inserimento in uno spazio narrativo limitato da opere antecedenti, è evidente la scelta di Capcom e Netflix di voler puntare a un pubblico più ampio e di far conoscere il brand anche ai neofiti, una decisione sensata e condivisibile ma che a nostro parere è stata fin troppo accentuata. Vediamo di capire perché.

Il ritorno del mitico duo

Questa nuova iterazione racconta una storia semplice e lineare che scorre piacevolmente nel corso dei suoi quattro episodi, per una durata totale di poco meno di due ore. Inizialmente si pensava che Resident Evil: Infinite Darkness fosse un film, impressione che a posteriori non possiamo che confermare. La sensazione che abbiamo avuto, infatti, è stata quella di assistere a un lungometraggio spezzato in quattro parti piuttosto che a una produzione concepita per sfruttare al meglio i tempi e i modi della serialità televisiva, un po' come accaduto nella serie animata Eden (recuperate la nostra recensione di Eden). Abbiamo infatti un primo episodio che rappresenta una lunga introduzione, i due centrali dove si sviluppa la storia e si raggiunge il climax, e quello finale interamente dominato dall'azione. La trama, tutto sommato abbastanza godibile grazie al carisma dei due protagonisti e a una buona caratterizzazione dei comprimari Jason e Shen Mei, gioca però troppo sul sicuro proponendo un racconto che sa di già visto e tutt'altro che originale, che evolve in maniera prevedibile senza particolari guizzi e con la presenza di molti clichés del caso, per esempio la solita multinazionale farmaceutica dai loschi scopi.

In tutto questo, l'orrore e la tensione che sono da sempre l'essenza più pura della saga di Resident Evil vengono messi un po' in secondo piano. Non solo perché nella serie sono l'azione, gli intrighi e la politica a dominare, ma anche perché l'incredibile campionario di mostri viene sfruttato solo in minima parte. Se si eccettuano il "boss finale" e un'orda di animali infetti (non vi diciamo quali), abbiamo infatti solo i classici zombi, per giunta anonimi e poco ispirati.

Un altro difetto evidente della narrazione di Resident Evil: Infinite Darkness risiede nella disparità di trattamento dei due protagonisti nell'economia della trama. Se a Leon viene dedicato sufficiente spazio e la sua presenza su schermo rende giustizia all'importanza del personaggio, la storyline di Claire ci è parsa invece abbastanza trascurata e priva di mordente, con la celebre eroina imprigionata in un ruolo scialbo, non all'altezza del suo carisma e per giunta inutile ai fini della storia.

L'impressione, in questo caso, è quella dell'aggiunta a posteriori della sorella minore di Chris per pure ragioni di fan service, anche se i momenti in cui Leon e Claire interagiscono sono pochi e per nulla memorabili. E questo è davvero un peccato.

Orrore e zombi in CGI

La CGI è una costante di quasi tutte le ultime produzioni animate originali di Netflix, e anche Resident Evil: Infinite Darkness non fa eccezione, proponendosi come una sorta di seguito spirituale del sopra menzionato trio Degeneration-Damnation-Vendetta. Il primo impatto grafico con la serie è senza dubbio notevole e ci troviamo di fronte a una qualità superiore alla media degli anime televisivi contemporanei per quanto concerne l'utilizzo del 3D, ravvisabile soprattutto nei modelli poligonali e nelle animazioni dei personaggi principali.

Sfortunatamente, anche sotto questo punto di vista Infinite Darkness presta però il fianco a molte critiche. A causa di una regia poco incisiva e spesso confusionaria, di animazioni talvolta innaturali e del basso livello di dettaglio di numerosi elementi in secondo piano, l'intera serie sembra una lunga cutscene tratta da uno degli ultimi videogiochi usciti.

Insomma, ancora una volta la qualità delle produzioni occidentali sembra un lontano traguardo e non vengono sfruttate pienamente le potenzialità del medium televisivo. Viene inoltre inevitabilmente da chiedersi se con un'animazione 2D, sulla scia di Castlevania, il risultato finale avrebbe potuto essere superiore.

Efficace, ma certamente non indimenticabile, l'accompagnamento musicale di Yugo Kanno, mentre non abbiamo nulla da segnalare sul doppiaggio, ottimo e godibile in tutte le lingue da noi esaminate: italiano, inglese e giapponese. Per quanto riguarda il primo, nei panni di Leon e Claire abbiamo rispettivamente Alessandro Rigotti ed Emanuela Pacotto, che hanno già prestato le voci a entrambi i personaggi in alcuni capitoli del franchise tra cui Resident Evil 2. Le loro performance sono convincenti, così come quelle del resto del cast.

Resident Evil - Infinite Darkness Resident Evil: Infinite Darkness è una gradevole miniserie che scorre leggera e veloce, senza alcun momento particolarmente memorabile, e che saprà accontentare i fan più accaniti del celebre franchise e tutti quelli che sono alla ricerca, senza troppe aspettative, di due ore di contenuto a tema zombi. Proprio questo però rappresenta il più grande limite del debutto di Resident Evil nella serialità televisiva. La co-produzione Capcom e Netflix si rivela un compitino senza infamia e senza lode che sa troppo di già visto, incapace di sfruttare le potenzialità della saga e, in particolare, della tanto amata coppia Leon-Claire. Mancanze su cui grava ulteriormente la CGI non proprio sopraffina, che fa assomigliare la serie più a una lunga cutscene videoludica che a una produzione per il piccolo schermo vera e propria. Piacevole, ma era lecito aspettarsi di più.

6.5