Nel 2009 il lungometraggio d'animazione White Snake diede inizio alla dilogia incentrata sulle vicende delle sorelle guerriere Blanca e Verta, che Il serpente verde porta avanti con una storia che può prescindere dalla visione del primo capitolo (seppure renda la fruizione incompleta), che non è mai stato distribuito nel nostro paese, ma che prescinde forse fin troppo da spiegazioni soddisfacenti e ritmi utilmente allentati. Disponibile su Netflix (non perdete le ultime uscite anime Netflix di dicembre 2021), abbiamo visto la pellicola d'animazione cinese, ed ecco che cosa ne pensiamo.
Asuraville: a metà tra fantasy e cyberpunk
Il film, coproduzione cinese realizzata da Light Chaser Animation Studios, Alibaba Pictures, Tianjin Maoyan Weiying Culture Media e Bilibili, fa dello scontro iniziale tra le due sorelle Blanca (il serpente bianco, protagonista della prima pellicola) e Verta (il serpente verde) e il potente monaco Fahai la premessa e la ragione per l'entrata in un nuovo mondo da parte di Verta, catapultata ad Asuraville (in pieno stile isekai giapponese), incapace di ostacolare il potente nemico.

È una città del futuro dall'aspetto post-apocalittico ma curiosamente viva e popolata da esseri dalla svariata provenienza. Teste di toro e di cavallo, demoni, Rakshasa ed esseri umani scorrazzano tra strade in rovina e tecnologie avanzate in inseguimenti e lotte motorizzate alla Mad Max (ci sono bande che combattono per territori e risorse), in un mondo a metà tra fantasy e cyberpunk, con un fondo folkloristico cinese che impregna la futuristica Asuraville e la arricchisce di creature mitologiche e leggendarie.
Una ricchezza che finisce per accecare e stordire, in una narrazione con troppa carne al fuoco, commestibile ma forse poco digeribile per uno spettatore che si ritrova a dover assimilare una mole esagerata di informazioni che compongono il mondo presentato. Seppure la grande varietà di creature e regole interne al sistema della lore consenta un world-building articolato e fecondo, l'integrità e l'organicità stessa del mondo costruito si sfilaccia e si fa astratta, con elementi uniti fra loro per sovrapposizione forzata e mai ben amalgamati.
Un ritmo troppo serrato
Insomma, una grande varietà di elementi e situazioni che è sia pregio che difetto per il film diretto da Amp Wong, che stuzzica e stimola la fantasia di un fruitore non abituato alle tematiche trattate e al contesto inscenato (con una materia inusuale per uno spettatore occidentale contaminato quasi esclusivamente dall'animazione nipponica) ma lo confonde causa quantità e velocità della somministrazione.
Non si tratta solo di una dose sterminata di concetti e nozioni ma di un ritmo incalzante che non consente tregue o pause riflessive, fin troppo serrato nella sua successione di scene di azione e rivelazioni, spiegazioni monche e ancora azione e fughe perpetue. Fughe che costituiscono poi una porzione importante della pellicola, monopolizzano i primi 2 atti e concedono poco spazio alla ricerca attiva e all'iniziativa, rendendo persino ripetitivi i primi 70-80 minuti di film. Verta e i suoi accompagnatori (Simon e il ragazzo mascherato) sfuggono a pericoli e minacce che emergono in continuazione, tra mostri ed esseri più simili a calamità (i kalpa). Minacce e pericoli così frequenti da risultare sterili, privi di una pericolosità effettiva, quasi di carattere dimostrativo, pretesti per l'esposizione di quella ricchezza in termini di specie e varietà di esseri popolanti Asuraville.
Insomma troppo ripetuta e ripetitiva la formula "arrivo del nemico-fuga per la salvezza", ribadito a mo' di passerella per personaggi e soggetti pericolosi, spesso inutilmente espositivo, una rassegna innecessaria ed enciclopedica delle entità e dei mostri stessi.
Un comparto visivo eccelso
Tutta questa sovrabbondanza viene però supportata da un comparto visivo così eccelso da rendere quasi gradevole la sovraesposizione e irresistibile ogni elemento di Asuraville. È ottima sia la regia di Amp Wong, sempre coinvolgente ed immersiva, con "movimenti di macchina" quasi comparabili ad uno stile registico videoludico nell'inseguire i personaggi alle spalle nelle fasi più concitate, adeguati in ogni occasione a cogliere nel migliore nei modi e dalla prospettiva più spettacolare combattimenti (chiari, pulitissimi in ogni frame) e scene d'azione che sprizzano dinamicità.

Ottima la CGI, impressionante la composizione delle inquadrature, sempre impattanti e magnetiche, ipnotiche anche grazie a colori vivi e buona gestione della luce. Un comparto tecnico, insomma, superiore alla maggior parte dei prodotti animati dell'ultimo periodo, con un'attenzione maniacale ai dettagli e una capacità spiccata nel proporre espedienti registici che sono calchi del grande cinema d'azione hollywoodiano e dei videogame più ispirati.