Seven Days War Recensione: un film di formazione su Prime Video

Grazie a Dynit è disponibile a tutti gli abbonati di Prime Video il film Seven Days War: un racconto di formazione, ma non è come ce lo saremmo aspettati.

Seven Days War Recensione: un film di formazione su Prime Video
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Il trailer di Seven Days War ci ha lasciati alquanto indifferenti dinanzi a quella che si presentava come l'avventura di un gruppo di studenti che si rivoltano contro i loro genitori. Tuttavia, non ci siamo voluti soffermare solo su un video della durata di circa un minuto e ci siamo informati sul titolo dello studio Aijia-Do, per capire meglio cosa ci saremmo dovuti aspettare: è la trasposizione in chiave moderna di una light novel del 1985 di Osamu Soda, che si presenta come un racconto di formazione.

Recentemente, Dynit ha pubblicato la pellicola su Amazon Prime Video anche con doppiaggio italiano: a tal proposito, si passa da alcune voci celebri, come Laura Cherubelli (Nezuko di Demon Slayer e Michiru di Brand New Animal), ad altre meno note nel mondo dell'animazione giapponese, come Giuseppe Palasciano (Wakiya in Beyblade Burst), ma che nel complesso si adattano bene ai singoli personaggi. In alternativa, a partire dal 24 febbraio saranno in vendita sia il formato home video della pellicola (Blu-Ray e DVD) che il romanzo da cui è liberamente tratta. Dopo aver recuperato Seven Days War, possiamo dirvi che il prodotto risulta discreto, ma ci saremmo aspettati qualcosa in più.

Hai rotto papà

"Nessuno si interessa a me." Con queste semplici parole possiamo avere ben chiaro il carattere di Mamoru: un ragazzo timido e intelligente, che ha la passione per i conflitti della storia, di cui spesso parla in una chat a tema.

L'unica amica che ha è la vicina di casa Aya Chiyono, che conosce sin da quando andavano all'asilo; con il tempo, i sentimenti per lei sono maturati, ma non è mai riuscito a rivelarle il suo amore. Temporeggiando, però, rischia di perdere l'occasione giusta: Aya è costretta a trasferirsi a Tokyo, per motivi lavorativi del padre, dovendo rinunciare alla sua vita. Il padre è severo e privo di sentimenti, tanto che quando ha scoperto che potrebbe ottenere un importante promozione, non si è preoccupato di stravolgere la vita della figlia. Siccome il giorno della partenza coincide anche con il 17esimo compleanno della compagna, il protagonista le propone di scappare di casa per sette giorni e di fingere di fare un campeggio di compleanno, in realtà un grido di ribellione nei confronti di un padre sin troppo opprimente. Questa sarebbe stata l'occasione giusta per Mamoru per dichiararsi, ma non aveva programmato che si sarebbero aggiunte altre persone: Kaori e Saki, amiche di Aya; Soma, il belloccio del gruppo; e infine Hiro, uno studioso incallito, che è stato trascinato a forza da Saki. Il luogo trovato da Mamoru dove campeggiare è una fabbrica di carbone abbandonata ormai da anni.

Dopo un incipit in cui ci vengono presentati i vari compagni di questa bizzarra avventura, si dipana una storia che si sviluppa nell'arco dei sette giorni, ma che non sarà priva di imprevisti che porteranno i protagonisti ad una crescita emotiva. Sin dal primo giorno, i sei si rendono conto di non essere gli unici ad occupare l'edificio: trovano il piccolo Mallet, un immigrato clandestino Thailandese, che si è rifugiato nella struttura, con la speranza di potersi riunire con i suoi genitori; ma è ricercato dagli agenti dell'immigrazione, che vogliono arrestarlo per degli accertamenti.

La comitiva, allora, prende la decisione di proteggerlo, anche per evitare di essere scoperta, e di aiutarlo a ritrovare i genitori, e allo stesso modo vuole impedire che il padre di Aya riporti a casa la figlia. Ben presto, quella che doveva essere una semplice fuga d'amore diventa una ribellione di adolescenti stanchi di obbedire ai genitori e ai grandi.

Guerra tra generazioni

È evidente come Seven Days War voglia essere un racconto di formazione ambientato ai giorni nostri, ma il risultato non è certo riuscito. I protagonisti hanno a disposizione smartphone che usano sia per illuminare gli anfratti più oscuri della fabbrica, sia per comunicare tra di loro, che come "arma": dopo aver tenuto testa agli agenti governativi utilizzando tutto ciò che la fabbrica ha da offrire, gli studenti riescono a scongiurare il secondo attacco pubblicando un video su internet, in modo da attirare le attenzioni dei media. Trascorrendo del tempo insieme, il gruppo impara a conoscersi, al punto da creare un forte rapporto, ma per l'intera durata della pellicola non viene mai approfondito. Inoltre, il lungometraggio cerca di affrontare anche il tema dell'inclusione, attraverso il personaggio di Mallet: questi ha raggiunto il Giappone con i suoi genitori, con la speranza di trovare una vita diversa, ma una volta arrivati sono stati separati e non sono riusciti a trovare un lavoro. Per questo motivo, il piccolo è convinto che gli adulti mentano costantemente, e in un primo momento dubita anche dei sei, ma poco alla volta impara a fidarsi di loro. A discapito di presupposti interessanti, il film non riesce a sviluppare a sufficienza ciò che ha da offrire: ci sono troppe situazioni incentrate sulla difesa di Mamoru e degli altri nei confronti di Mallet e di Aya, e non si sofferma sulle varie tematiche trattate.

Le esperienze che i giovani vivono in qualche modo li uniscono più del previsto, ma non viene centralizzata la maturazione psicologica ed emotiva: sono studenti stanchi di dover dare sempre retta ai genitori e che non vorrebbero mai crescere, con il rischio di diventare come loro.

Abbiamo avuto però la sensazione che questo concetto venisse messo costantemente da parte, in quanto non è sfruttato a dovere a causa dell'assenza di momenti in cui vengono esposte le emozioni dei ragazzi. La sceneggiatura avrebbe potuto indagare di più sugli stati d'animo dei sei compagni costretti ad accettare sempre le condizioni di chi ha più anni ed esperienza di loro, in modo da rendere più credibile la loro protesta.

Allo stesso modo non abbiamo apprezzato come i creatori abbiano affrontato il tema dell'accettazione: con estrema superficialità, senza soffermarsi sulle varie problematiche, salvo poche eccezioni, e senza proporre effettivamente qualcosa di nuovo. Ad aggravare il tutto vi è una scrittura degli interpreti incerta, alcuni dei quali risultano essere piatti e stereotipati: ad esempio, Mamoru ci viene presentato con un carattere introverso, che ha la passione per la guerra, ed utilizza tutte le sue conoscenze per mettere in difficoltà sia le forze dell'ordine che il padre di Aya, e con il tempo impara ad aprirsi e a trovare amici di cui fidarsi.

Oppure, Aya è dolce e gentile, ma anche fragile, disposta a socializzare con tutti, ed odia il padre per aver preso una decisione che le cambierà la vita senza consultarla. Kaori, invece, viene raffigurata come la classica grintosa, che vuole difendere l'amica e non vuole vederla soffrire.

Anche se dobbiamo ammettere che questi risultino privi di originalità, possono vantare comunque un approfondimento che ne delinea il carattere, anche se appena accennato; gli altri sono ridotti a semplici secondari che risultano essere poco influenti nella storia. Diversamente, gli adulti sono poco apprezzabili, eccezion fatta per il padre della co-protagonista, il classico uomo potente che ricatta e minaccia pur di raggiungere i suoi obiettivi.

Su questo fronte, avremmo preferito che l'ordito si soffermasse maggiormente sull'analisi introspettiva dei vari ruoli e sui rapporti tra giovani e adulti, in modo da apprezzare ancora di più quella che potremmo definire una "guerra tra generazioni": da un lato gli adolescenti che vogliono opporsi agli adulti; dall'altro, i grandi che vogliono rispetto dai giovani.

Nonostante gli evidenti problemi di scrittura, nell'ultima mezz'ora la trama si riprende e mostra tutto ciò che avremmo voluto vedere in una pellicola che affronta il tema della formazione; facilitata anche da alcuni colpi di scena, che non stravolgono troppo la storia, ma che ci permettono ad ogni modo di conoscere meglio gli studenti. Saltano comunque all'occhio alcune scelte narrative scontate e non innovative. Non vogliamo svelare che cosa accade nei minimi dettagli, ma vi basti sapere che Mamoru, Aya, Kaori, Saki e Hiro vivono un'esperienza che li costringe a mostrare la loro vera natura: questo porta ad uno squilibrio nella compagnia, tanto che alcuni vengono visti diversamente. Solo conoscendosi per chi sono veramente ed accettando se stessi, gli studenti riescono ad essere ancora più uniti e a raggiungere una maturazione.

Dalle battute conclusive, abbiamo capito come ci fosse l'intento degli autori di dare a Seven Days War sfumature tipiche di un racconto di formazione, ma la durata complessiva non ha certo aiutato a raggiungere tale obiettivo: l'ideale sarebbe stato gestire diversamente la storia oppure di allungarla per affrontare in maniera diversa le problematiche legate alla crescita.

Soprattutto perché l'epilogo è piacevole e mette in evidenza persino una morale che a conti fatti non ci saremmo certo aspettati di trovare: anche gli adulti sono stati adolescenti, ma spesso se ne dimenticano e cercano di costringere i giovani a fare ciò che non vogliono.

Uno stile semplice

Il comparto artistico di Seven Days War è ben curato, anche se non è certo all'altezza di un lungometraggio. I difetti che spesso si riscontrano con i disegni sono veramente pochi, però il tratto è molto semplice, poco elaborato e calcato, tanto che ci ha trasmesso la sensazione di star vedendo uno special di una serie animata e non un film.

Diversamente, la resa degli ambienti è più gradevole e certosina, e non entra in contrasto con il tratto dei personaggi. Allo stesso tempo, viene fatto utilizzo di una CGI non troppo invadente, essendo ridotta solo ad alcuni elementi che fanno parte della scenografia.

Per quanto riguarda il character design, è semplice e contemporaneo, e calza a pennello ai vari interpreti, rispecchiando persino il carattere di alcuni: ad esempio, l'innocente Aya viene rappresentata con vesti candide; o Soma, il "figo" della compagnia, caratterizzato da abiti sportivi.

Tutto sommato il comparto artistico è piacevole e senza troppe pretese: certo non raggiunge i livelli di produzioni ad alto budget, ma riesce comunque a creare alcune situazioni affascinanti. Parte della qualità tecnica è dovuta anche ai brani eseguiti da Sano Ibuki, che spiccano sul resto della colonna sonora e che riescono a dare il giusto rilievo a quei pochi momenti suggestivi di Seven Days War, come quando Mamoru, Aya, Kaori, Saki, Hiro e Mallet lasciano volare lanterne cinesi, per liberarsi delle loro preoccupazioni.

Seven Days War Seven Days War vuole essere un racconto sulla crescita dei giovani e sull’accettazione, ma non si sofferma sui temi trattati e sul difficile rapporto tra adulti e ragazzi, salvo poche circostanze; questo è dovuto anche a personaggi che non risaltano particolarmente. Si notano anche problemi legati ad un disegno non proprio ideale per un film e ad una colonna sonora non sempre memorabile. Eppure, le battute finali riescono ad appianare i difetti, mostrando tutto ciò che avrebbe dovuto essere sin da subito: una storia di sviluppo e di protesta, con una morale inaspettata sul diventare adulti.

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