Soul Eater: recensione dell'anime Netflix e VVVVID tratto dal manga di Ohkubo

Sulla piattaforma streaming è presente una serie esplosiva, spassosa e ricca di citazioni e easter eggs: Soul Eater.

Soul Eater: recensione dell'anime Netflix e VVVVID tratto dal manga di Ohkubo
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Negli anni siamo stati abituati a varie storie incentrate sulla fine del mondo e sulle conseguenze che ne deriverebbero, immaginando cosa potrebbe accadere in seguito. Anche Atsushi Ohkubo si è cimentato in questa impresa con il suo lavoro più famoso: Soul Eater. L'autore, infatti, immagina un mondo dilaniato dal caos e un'umanità sopraffatta dalla follia; colpevoli della rovina sono demoni chiamati Kishin. Per evitare che le terrificanti creature possano fare ritorno e minacciare il genere umano, è stata fondata da Shinigami, nella città di Death City, la Scuola di specializzazione per Armi e Maestri d'Armi di Shinigami, nota semplicemente con il nome di Shibusen, considerata dal preside più come un'organizzazione che addestri giovani guerrieri. Queste sono le fondamenta su cui si sorregge l'universo di Ohkubo. L'opera, terminata nel 2013, vanta anche uno spin-off prequel scritto dall'autore stesso di soli 5 volumi: Soul Eater Not!. Dopo essere passata su VVVVID, è disponibile anche su Netflix la trasposizione della serie principale, realizzata dallo studio Bones, che ci trasporta in un mondo fantastico dominato da dèi della morte, armi dalle sembianze umane, streghe, minacciosi demoni e risate assicurate.

Cacciatori di anime

Una delle studentesse più diligenti della Shibusen è Maka Albarn, che forse dedica troppo tempo all'apprendimento e poco al divertimento; non si può dire lo stesso della sua falce, Soul Eater, che si considera un vero "figo". Soul è esuberante e determinato, non si arrende mai in combattimento, ed è disposto a difendere la compagna, anche a costo della propria vita. Come si suol dire, gli opposti si attraggono: nonostante abbiano caratteri completamente diversi, i due sono molto legati e tra un litigio e un altro riescono a trovare un compromesso, così che le loro anime siano in perfetta armonia. Le anime di un Maestro e di un'Arma, infatti, devono viaggiare sulla stessa lunghezza d'onda per essere pienamente funzionali in battaglia. I nostri protagonisti sono affiancati da altri studenti con cui condividono problemi e battaglie: Black Star, con Tsubaki Nakatsuka, e Death the Kid, con le sorelle Patty e Liz Thompson. La prima coppia è forse l'esatto opposto di Maka e Soul: il Maestro, Black Star, crede di essere un assassino esperto, ma il suo carattere irruento e il desiderio di essere perennemente al centro della scena lo portano a fallire il più delle volte; ciò si ripercuote anche sul campo di battaglia (almeno finché il gioco non si fa serio...); ad aiutarlo e sostenerlo c'è Tsubaki, un'arma ninja in grado di cambiare forma, dal carattere più docile e pacato. Il secondo gruppo è composto da Kid, figlio dello Shinigami, ossessionato dalla simmetria e dall'ordine, tanto da farsi distrarre anche durante gli scontri; ben poco possono fare le sue due pistole, l'ingenua Patty e Liz, intelligente ma più timorosa; quando riescono a far rinsavire il Maestro, il trio si scatena, diventando inarrestabile.

Tra corsi di studio, professori fuori dal comune, e combattimenti che coniugano magia e violenza, gli amici non dimenticano lo scopo primario di tutti gli studenti: trasformare le armi in Falce della Morte, lo strumento definitivo usato dal Sommo Shinigami. Per far sì che ciò avvenga, l'Arma deve divorare 99 uova di Kishin (differendo così dal manga, in cui divorano anime malvagie) e un'anima di strega, uno degli esseri più potenti al mondo. Sarebbe normale pensare di assistere ad una gara a chi accumula più uova, ma in realtà non c'è alcuna rivalità nell'affiatato gruppo, soltanto rispetto reciproco. Nel racimolare le anime necessarie devono anche evitare la resurrezione di un Kishin, che possa seminare nuovamente il panico. Qualcuno, però, si sta muovendo nell'ombra per riportare scompiglio sulla Terra.

Una mente forte

La dicotomia tra bene e male e il valore dell'amicizia sono topoi sfruttati da molti shonen, e Soul Eater non è da meno: in tal senso è forse colpevole il periodo di pubblicazione, in cui la scena era dominata da ONE PIECE e da Naruto, che facevano di queste tematiche il loro motore principale macinando consensi e vendite in tutto il mondo. Infatti, al termine di tre prologhi che presentano il mondo e gli eroi in maniera molto esaustiva, veniamo messi dinanzi ad un climax d'eventi, con scontri sempre più carichi d'adrenalina e incalzanti. In nome dell'amicizia, il gruppo riesce ad affrontare e a superare ogni difficoltà, seguendo un percorso che va di pari passo con la loro graduale evoluzione: messi di fronte a innumerevoli ostacoli, matureranno prendendo coscienza di sé e dei propri limiti, e allo stesso tempo il loro rapporto si rinsalderà. Immancabili i colpi di scena, che mettono in discussione quanto appena avvenuto, e che invogliano a continuare la visione. A livello narrativo, Soul Eater non può essere considerato un media originale; forse l'unica ventata di novità è il background di partenza su cui si sorregge la sceneggiatura. Eppure è possibile trovare altrove il fattore che potrebbe allontanare il manga di Ohkubo da altri simili: il perfetto mix tra diverse culture. È infatti difficile unire in un unico prodotto tradizioni lontane tra loro, senza che l'una domini sull'altra, e Soul Eater ne è un esempio. Siamo letteralmente inondati dalle molteplici citazioni di media di vario stampo, come film, musica, letteratura e altri ancora: questi sono solo un semplice contorno e non inficiano la visione, ma invogliano gli appassionati del citazionismo a riconoscere tutti gli easter eggs. Forse tra gli innumerevoli presenti, quello più iconico è l'omaggio alla serie tv Twin Peaks di David Lynch: in momenti chiave dei primi episodi è presente la celebre e onirica red room lynchiana, in cui il nostro Soul viene messo alla prova. Questo è solo uno dei tanti richiami disseminati per tutta la serie. Al fianco di questi piacevoli rimandi mediatici, ce ne sono anche alcuni sui simbolismi di culture di tutto il mondo: tra le minacce più potenti vi sono, come detto, le streghe, i cui nomi e fattezze rievocano gli animali utilizzati durante rituali esoterici (serpenti, ragni, rane, topi, etc.); inoltre, vediamo affiancata la figura dello shinigami, tipica delle tradizioni nipponiche, a quella del Cupo Mietitore occidentale, qui rappresentato dalla falce della morte, la stessa entrata di diritto nell'immaginario comune.Il citazionismo, benché gradevole, è un mero abbellimento e non risolve appieno il problema di una mancanza di creatività nel plot imbastito dagli autori.

Notevole è però il contributo apportato da Ohkubo nel creare un universo alternativo in cui folklori differenti coesistono alla perfezione, senza sfociare nell'eccesso e nel banale. All'interno di questo immaginario riescono a trovare il proprio spazio una gran varietà di attori originali e ben delineati, anche sotto l'aspetto psicologico. L'intera serie è atipica, come se affetta da "bipolarismo", mostrando due differenti lati del suo essere: quello allegro e quello più serioso, alternandosi dall'uno all'altro, senza confondere e senza essere troppo incisiva. Nei momenti più seri e maturi, misurati flashback e analisi introspettive aiutano a strutturare meglio il mondo e l'aspetto psicologico del cast, mostrando una maturazione ben congegnata e non raffazzonata, sebbene l'attenzione sia focalizzata prevalentemente sull'evoluzione di Maka e della sua arma, rendendo così Soul Eater meno corale. Si passa poi a momenti più ilari, ricchi di una comicità fatta di esilaranti battute e situazioni assurde, in grado di trasformare anche i protagonisti più seri e rigidi. Proprio quest'aria scanzonata, d'altro canto, a volte ci è sembrata sin troppo eccessiva, spezzando drasticamente il ritmo carico di suspense e frenesia che si era lentamente creato con il susseguirsi degli eventi.

Un corpo forte

In questo mondo fantastico, giocano un ruolo chiave i disegni. In alcune inquadrature forse possono sembrare troppo semplici e banali, ma non si può non rimanere stupefatti nell'ammirare la singolarità del sole e della luna, resi in modo da essere vivi e senzienti, con un design esagerato e parodistico: il primo ha aculei/raggi che fuoriescono dal corpo e con un sorriso a 32 denti, ed assume un'espressione assonnata quando sta per tramontare; la luna crescente, invece, è ben più intrigante, anch'essa sorridente, ma guardandola attentamente trasmette inquietudine, come se stesse tramando qualcosa di subdolo, soprattutto quando sgorga sangue dalla bocca. Allo stesso modo la Shibusen costituisce una vera complessità architettonica, fatta di guglie, teschi e gigantesche candele, resa ancora più appariscente dal CGI che riesce a confondersi con il disegno di alcuni ambienti, e a rendere impercettibile la differenza tra i due differenti tratti. La modernità della scuola si contrappone alla semplice e meno dettagliata Death City, che rievoca i villaggi medievali europei. A tratti, grazie ad inquadrature suggestive e a immagini con illuminazioni più tenebrose, le scene assumono le tipiche sfumature ansiogene dell'horror.

Sul versante del character design possiamo dire che è molto variegato: si passa da un tratto più genuino, come le sorelle Thompson o Maka, a qualcosa di ben più complesso e elaborato, come l'aspetto di Soul (anche in forma di falce) o di Kid. Il design dei personaggi ne esprime anche l'età: un tratto più tondeggiante è utilizzato per la giovinezza e l'innocenza; mentre, un disegno leggermente più spigoloso, per gli adulti, rimarcandone l'età avanzata] In entrambi i casi si assiste, comunque, ad una totale deformazione della mimica facciale, diventando più caricaturale quando si passa agli intermezzi più ilari, arricchendone l'impatto visivo ed emotivo. Il comparto artistico non è del tutto esente da difetti: questi si presentano soprattutto quando la telecamera tende ad allontanarsi e cerca di "catturare" più figure, purtroppo a scapito della qualità e dei dettagli. La situazione si risolleva durante gli scontri, con musiche pop e rap che ne acuiscono l'azione, e con riprese che tengono testa ad un'animazione movimentata nelle sequenze più concitate.

Soul Eater (Anime) Non spiccando molto in originalità nella narrazione e offrendo tematiche sfruttate da altri simili, Soul Eater cerca di redimersi con una buona base di partenza, con un cospicuo numero di omaggi a media e a tradizioni di tutto il mondo, e con duelli adrenalinici. A questo vanno aggiunti un moderato ed esauriente sviluppo degli eventi e dei protagonisti, risate fragorose, anche se spesso eccessive e che rovinano il pathos, e una buona direzione artistica che, sebbene non raggiunga quasi mai vette elevatissime, riesce ad essere soddisfacente. Il risultato finale strappa più di qualche sorriso e tiene con il fiato sospeso.

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