Sword Art Online: recensione dell'anime che diede inizio al fenomeno di SAO

A otto anni di distanza dall'esordio televisivo, tiriamo le somme su uno degli anime più chiacchierati e divisivi dell'ultimo decennio.

Sword Art Online: recensione dell'anime che diede inizio al fenomeno di SAO
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Negli ultimi otto anni ne abbiamo dette e sentite di tutti i colori sul franchise di Sword Art Online. Questo perché la prima stagione di SAO, trasmessa nel non troppo lontano 2012, ha letteralmente spaccato in due il pubblico, generando altrettanti schieramenti ben distinti e un tantino esagerati. Da una parte vi è tuttora chi, sorvolando sui suoi molteplici difetti, sostiene che Sword Art Online sia un capolavoro incompreso; dall'altra vi è invece chi denigra con assoluta convinzione la serie, rifiutandosi di riconoscerne il benché minimo pregio. In un'epoca in cui i termini "capolavoro" e "immondizia" vengono disgraziatamente utilizzati con estrema leggerezza, anche a causa di una percezione della scala dei valori sempre più maldestra e inflazionata, la verità va troppo spesso cercata nel mezzo, scavando in profondità tra gli elogi sperticati e le critiche sollevate per puro partito preso.

A poche settimane dall'attesissima conclusione di Sword Art Online: Alicization War of Underworld (per maggiori informazioni vi suggeriamo di leggere le nostre impressioni sulla midseason premiere di Sword Art Online: Alicization War of Underworld), abbiamo posto sotto esame anche le precedenti stagioni di SAO, allo scopo di tirare le somme su un franchise tanto chiacchierato e valutare i progressi compiuti dalla penna del romanziere nipponico Reki Kawahara, che negli anni ha sempre cercato di alternare momenti di squisita ilarità a situazioni dalla travolgente carica emotiva.

Il mondo della spada

Tratto da una serie di light novel, Sword Art Online è ambientato nell'anno 2022, in un universo alternativo in cui il progresso in ambito tecnologico ha permesso al geniale scienziato Akihiko Kayaba di creare un avanzatissimo mondo in realtà virtuale e l'apparecchiatura necessaria per collegarvisi: per mezzo del NerveGear, un casco che stimola i cinque sensi dell'utilizzatore grazie alla diretta manipolazione del cervello umano, i giocatori sono effettivamente in grado di controllare con la mente i propri avatar e quindi di sentirsi all'interno dei cosiddetti VRMMORPG. Il giovane Kazuto Kirigaya, alter ego dello spadaccino Kirito, nonché protagonista assoluto della vicenda, è uno dei 10.000 fortunati ad accaparrarsi una copia di SAO e a tuffarsi nel mondo immaginato dal brillante Kayaba durante il giorno della sua inaugurazione ufficiale. Lo stupore e la meraviglia iniziale, dovuti all'impareggiabile livello di realismo che caratterizza la suddetta reale virtuale, lasciano però il posto alla disperazione più totale e disarmante quando i partecipanti realizzano di non potersi disconnettere in alcun modo.

La già preoccupante situazione d'allarme precipita quando l'amministratore, utilizzando un inquietante avatar, raduna tutti i giocatori nella piazza centrale della Città degli Inizi e comunica loro che l'assenza della funzione di logout non è uno spiacevole e imprevisto bug, ma un preciso requisito di SAO.

Divenuti prigionieri a tutti gli effetti della realtà virtuale da lui creata, agli utenti viene infatti spiegato che potranno "tornare" nel mondo reale solo dopo aver raggiunto e sconfitto il boss situato al centesimo piano del meraviglioso castello fluttuante di Aincrad.

Come se non bastasse, dal momento che il NerveGear è in grado di emettere microonde capaci di friggere il cervello umano, chiunque morirà all'interno del gioco andrà incontro ad un infausto destino anche nel mondo reale. E se anche qualcuno, all'esterno, provasse a disconnettere forzatamente un giocatore collegato a SAO, magari rimuovendogli il casco posto sul capo, ne provocherebbe immediatamente la morte.

Avendo partecipato alla beta di SAO e conoscendo i luoghi migliori in cui accumulare velocemente dei preziosi punti esperienza, il "Solo Player" Kirito inizia dunque il proprio viaggio, deciso a sopravvivere in quel mortale mondo fittizio governato unicamente dalla spada.

Due racconti agli antipodi

A lungo considerata il miglior arco narrativo di Sword Art Online, la saga di Aincrad è invero uno dei più avvincenti "capitoli" di SAO, anche grazie alle tematiche affrontate e al pericolo di morte imminente che incombe costantemente sui suoi sciagurati protagonisti. Ciononostante, proprio il racconto relativo alla disavventura su Aincrad appare incredibilmente "frammentato", poiché la vicenda narrata nel primissimo romanzo di SAO non parte dal primo piano dell'ormai celebre castello fluttuante, per poi raccontare tutti i progressi compiuti dai nostri beniamini, bensì dal 74° piano; di conseguenza, sebbene lo staff della serie abbia dato fondo alle side story scritte da Reki Kawahara per ricostruire gli eventi più importanti della lunga prigionia di Kirito e compagni, i salti temporali risultano comunque eccessivi e assai frequenti, tant'è che fra il secondo ed il quarto episodio vi è addirittura un buco di oltre un anno.

A pagare il prezzo dello sminuzzamento narrativo sono stati, come intuibile, i molteplici personaggi introdotti di volta in volta dalle puntate autoconclusive, che quindi non hanno potuto ricevere il giusto screen time: la caratterizzazione di Silica, Lisbeth o dello stesso Klein, che in seguito diverranno personaggi ricorrenti, è stata infatti appena abbozzata, dando allo spettatore la fastidiosa sensazione di aver visionato dei filler di dubbia utilità e che forse avrebbero meritato un peso maggiore nell'economia del racconto.

Anche perché buona parte delle side story sono servite per esplorare alcune meccaniche fondamentali del gioco creato da Kayaba, come ad esempio i duelli, la differenza tra giocatori in possesso del cursore verde o arancione (colore tipico dei Player Killer), le regole delle aree sicure, e così via.

Avendo trascorso molto più tempo al centro della scena, Kirito e Asuna sono quindi gli unici personaggi che la prima parte di SAO ha esplorato a dovere, non senza qualche inciampo: il rapporto tra i due protagonisti si evolve in maniera troppo veloce e repentina, tant'è che alcuni passaggi risultano alquanto forzati e irritanti.

Il secondo arco narrativo della prima serie di Sword Art Online, invece, è strutturato in maniera diametralmente opposta, in quanto l'intera vicenda si dipana nell'arco di pochi giorni ed è illustrata con la continuità tipica che contraddistingue i racconti dei viaggi on the road. Per di più l'insistente alternanza tra realtà e virtualità, unita ai toni angosciosi delle vicissitudini vissute da Kirito, agevola non poco l'immedesimazione dello spettatore e contribuisce a trasmettergli un'opprimente sensazione di impazienza, quasi come se fosse proprio questo a dover compiere una faticosa e disperata corsa contro il tempo.

Peccato solo che il capitolo di Fairy Dance non disponga di un antagonista affascinante ed enigmatico quanto Kayaba: al contrario, il malvagio di turno è un pusillanime privo di carisma e moralità, la cui natura profondamente perversa, invidiosa e a tratti patetica lo rende del tutto incapace di adempiere al ruolo affidatogli.

Un prezioso gioiello

Dal punto di vista artistico, Sword Art Online era e rimane ancora oggi un prodotto di qualità indiscutibile, soprattutto se consideriamo l'età della serie classe 2012 e la resa visiva non sempre soddisfacente delle altre opere targate A-1 Pictures. I capitoli di Aincrad e Fairy Dance vantano invece delle animazioni molto fluide e armoniose, che puntualmente privilegiano i momenti più concitati del racconto, come ad esempio i duelli tra giocatori e i raid contro i boss di fine livello. Le spettacolari scene di azione sono poi coadiuvate da paesaggi ricchi di dettagli e traboccanti di luci e colori, che contribuisco a plasmare una realtà virtuale di stampo fantasy evocativa, variopinta e sempre originale, persino agli occhi di chi bazzica quotidianamente il sempre più vasto universo degli MMORPG.

Ad ogni modo, la punta di diamante della trasposizione animata di Sword Art Online è rappresentata dalla magnifica e pomposa colonna sonora realizzata dalla stimata compositrice e produttrice discografica Yuki Kajiura (.hack//Roots, Mobile Suit Gundam SEED, Fate/stay night: Heaven's Feel), che ancora una volta ci ha regalato un accompagnamento musicale puntuale e sempre attento a sottolineare i toni della narrazione. Se i momenti dalla prorompente carica umoristica sono infatti abbinati a motivetti allegri e rilassanti, le circostanze più dolorose o adrenaliniche sono invece rafforzate da brani potenti e da solenni canti in lingue non esistenti.

Avendo coinvolto interpreti vocali veterani e molto quotati, fra i quali spiccano Yoshitsugu Matsuoka (Soma Yukihira in Food Wars! - Shokugeki no Soma), Haruka Tomatsu (Zero Two in DARLING in the FRANXX) e l'inconfondibile Ayana Taketatsu (Kirino Kosaka in Ore no imouto ga konna ni kawaii wake ga nai), il doppiaggio originale in lingua giapponese è contraddistinto da un livello di recitazione inattaccabile e da accostamenti azzeccatissimi. Ottima anche la traccia italiana, che grazie al giovanile timbro vocale di Alessio De Filippis (Matt Ishida in Digimon) ci ha regalato un Kirito fresco e convincente.

Peccato solo per qualche accostamento vocale meno riuscito di altri (ad esempio, il tono serioso di Ivo De Palma non si avvicina minimamente alla gracchiante voce originale dello psicopatico Kuradeel) e per un adattamento non sempre soddisfacente. Per qualche ragione che fatichiamo a comprendere, l'editore ha infatti preferito tradurre in italiano persino quei termini che, facendo ormai parte del gergo utilizzato comunemente dai videogiocatori, erano stati lasciati in inglese anche nella traccia giapponese.

Espressioni come "solo player", "dual wield" o addirittura "controller", di conseguenza, sono stati sostituiti dai corrispettivi vocaboli italiani, che purtroppo non rendono altrettanto bene, soprattutto se teniamo presente che l'intera vicenda si svolge all'interno di un MMORPG.

Sword Art Online Al netto di qualche abusatissimo cliché del genere harem e dello sfrenato fanservice - soprattutto nella seconda metà - che accomuna la maggior parte delle serie d’animazione prodotte dallo studio A-1 Pictures, la prima serie di Sword Art Online presenta un racconto coinvolgente e tutto sommato attuale. Anche perché, sebbene il tema del giocatore intrappolato all’interno di un MMORPG sia già stato ampiamente utilizzato in passato dal franchise di .hack, a SAO va riconosciuto il merito di aver esplorato la delicata condizione di prigionia dei suoi molteplici protagonisti, trascinando sui nostri schermi delle reazioni molto diverse e addirittura contrastanti, ma sempre credibili ed estremamente umane. Il tutto è infine incorniciato da un comparto artistico sublime e un accompagnamento sonoro maestoso, che a distanza di qualche anno reggono ancora il confronto con produzioni più recenti. Qualora non vi siate mai avvicinati al franchise, il nostro spassionato consiglio è quello di ignorare sia le lodi sperticate tessute dai fan più irriducibili che le critiche altisonanti sollevate dagli haters: così facendo potrete tuffarvi nell'imperfetto e al contempo affascinante universo partorito dalla mente di Reki Kawahara e scoprire le origini di un fenomeno che, a distanza di quasi un decennio, non accenna minimamente ad affievolirsi.

7.7