Recensione Tex - Ombre Rosse

Il leggendario ranger del Texas che si batte per la pace e la giustizia.

Recensione Tex - Ombre Rosse
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Si dice che gli indiani non avessero capi. Si dice inoltre che all'interno delle loro tribù fosse osservata una larga uguaglianza, nonché una sostanziale parità di genere. Eppure, al tempo stesso, ci sono stati tramandati innumerevoli nomi di importanti figure tra i nativi dell'America Settentrionale: questi non erano altro che guerrieri o condottieri scagliati contro gli uomini bianchi o magari uomini delle retrovie che avevano la fortuna o la sfortuna (fate vobis) di spiccicare qualche parola d'inglese.
Raccontata così la Storia scardina di gran lunga mito e leggenda, cinema e letteratura, come se fosse una novità: gran parte dell'epopea western raccontata nel secolo scorso si è basata su clichè reiterati fino all'assunzione a normalità o nel migliore dei casi all'affermazione dell'iperbole consumatasi su carta o celluloide.
Lo sapeva bene Gianluigi Bonelli, il quale in barba all'imperante concezione americanista del western, anticipò quella corrente revisionista che avrebbe fatto capolino al cinema a partire dagli anni '70: sin dalla nascita del suo eroe di punta, Tex Willer, avvenuta nel 1948, il fumettista piemontese lo volle al fianco degli indiani nella battaglia per la propria sopravvivenza fisica e culturale, una strenua lotta contro i bianchi ansiosi di "civilizzare" i pellerossa ma anche contro quelle etnie spinte da criteri egoistici nel tentativo di stravolgere lo status quo instauratosi. I Navajos, debitamente riconoscenti, lo investono a loro capo tribù (Tex n. 16 del Luglio 1961) con il celeberrimo nome di "Aquila della Notte" consci dell'aver trovato nel ranger un uomo di fiducia sempre pronto ad accorrere in loro soccorso (abnegazione dimostrata ad esempio in Sangue Navajo di Bonelli/Galleppini, 1960).

Animeye parla italiano

Da otto anni Animeye offre ogni giorno notizie, recensioni, speciali sul mondo del fumetto e dell’animazione giapponese. Da alcuni tempi la proposta ha coinvolto anche il fumetto americano, ma certo non ci sentiamo ancora appagati. Resta fuori dal calcolo un Continente, l’Europa, che ha dato origine a pubblicazioni altrettanto importanti e scuole fumettistiche di grande prestigio internazionale. E ironia della sorte? Perché tralasciare il fumetto italiano, un vecchietto arzillo di 102 anni (tanti ne sono passati dal primo numero del Corriere dei Piccoli, 27 Dicembre 1908), con le sue innumerevoli specificità e la sua viva padronanza di molteplici registri? Da questa riflessione nasce l’articolo qui proposto, cui seguiranno altre iniziative editoriali nei mesi a venire, votate ad un recupero storico della tradizione peninsulare ma anche ad un avvicinamento alle proposte odierne delle case editrici.

Indiano tra gli indiani

"Non so a voi, ma a me gli indiani che fanno più paura sono gli Apaches! Chissà, forse dipende dall'antica emozione provocata in me dal primo western al quale, ancora bambino, ebbi occasione di assistere, Ombre Rosse. [...] Cosa volete che vi dica? La scena in cui il capitano legge l'unica parola impressa sul messaggio pervenuto da Lordsburg (Geronimo!) mi fa sempre rabbrividire".

Sergio Bonelli, sceneggiatore ed editore dell'omonima casa editrice, lascia intendere implicitamente il perché ha titolato il quarto volume dei SuperMiti Mondadori dedicato a Tex Willer come il celebre film di John Ford sull'epopea di un gruppo eterogeneo di pionieri inseguiti dai temibili Apaches. Ombre Rosse raduna nelle sue quattrocento pagine ampi inserti delle avventure indiane vissute dall'amato pistolero, che di incontri con i pellerossa ne ha avuti parecchi, dai Sioux agli Apache, dai Hualpai ai Seminole, senza dimenticare l'eccezionale incursione nel territorio dei Cuma, indios che popolavano l'istmo di Panama, in Giungla Crudele del 1981. Non storie complete (se non in due casi, discorsi precisamente nei successivi paragrafi), ma citazioni, brandelli d'avventura estrapolati qua e là dalle innumerevoli pubblicazioni texiane: ognuna vanta una sempre interessante introduzione a cura di Sergio Bonelli, sempre attento a trasferire al lettore l'immenso lavoro filologico dietro ogni storia a fumetti misto a significativi aneddoti che solo uno che respira il panorama fumettistico italico da quando è nato può raccontare.

Kiowas

Su testi di Claudio Nizzi e disegni di Giovanni Ticci, Kiowas non è per nulla uno dei classici di Tex Willer: la abbiamo già letta per intero sui numeri 521 e 522 della Primavera 2004, ma la scelta di riproporla per intero a così breve distanza si può spiegare con i caratteri paradigmatici della tribù in esame. I Kiowas, infatti, popolavano le grandi pianure centrali, tra il Texas e l'Oklahoma, dove vennero infine confinati dal Generale Custer lungo il fiume Washita (1868). E' lecito intravedere nella loro eroica convivenza con le mandrie di bisonti tanto il loro rispetto verso questi animali quanto la doverosa attività cacciatrice; spiriti liberi e leali tanto con l'alleato, quanto con il nemico, Tex e il compagno Carson non esitano a venire in loro soccorso non appena un gruppo di bianchi si appropinqua verso le loro terre in caccia di bisonti. Nizzi dimostra qui di saper raccogliere il testamento spirituale di Gianluigi Bonelli, asservendo la cristallina idea del sostegno alla causa indiana qualora violata dai "conquistatori" con una sceneggiatura fitta di attori (indiani, fuorilegge, federali, cacciatori, pionieri) e situazioni, una trama capace di mantenere il ritmo sempre elevato tra notturne sparatorie, "amichevoli" scazzottate e nitidi scambi d'opinione.

Mescalero Station

Contenuto inizialmente nell'Almanacco del West, per questa avventura ambientata tra le aride montagne della Monument Valley Nizzi vuole con sé il disegnatore spagnolo Josè Ortiz, coinvolto dalla Bonelli quasi per scherzo nel 1993 per La Grande Rapina e poi entrato a far parte dello staff come membro fisso. L'artista è senza dubbio di grande talento e lo dimostra la sua caparbia nel ricercare l'asciuttezza in ciascuna vignetta nel costante tentativo di non calcare eccessivamente il tratto con sfumature e dettagli. Lo coglie un particolare minimalismo, volto precipuamente all'essenzialità, lasciando appena possibile ampi inserti bianchi, i limpidi cieli ad esempio in Mescalero Station.
Claudio Nizzi in questa avventura si confronta con i temibili Apaches, già rievocati in precedenza nella citazione di Sergio Bonelli. Una certa soggezione tali uomini rossi la dimostravano sempre e comunque, vuoi per i modi spartani, vuoi per l'improvvisato nomadismo, vuoi per il "vizietto di sparire silenziosamente oltre i confini delle varie riserve dove i conquistatori bianchi li avevano confinati", cosa che accade esattamente in Mescalero Station. Una famiglia di fattori viene assalita nel loro ranch da guerrieri di questa tribù, brutalmente decimata se non fosse stato per l'intervento di Tex Willer che riesce a mettere in fuga il manipolo indiano. L'isolazionismo cui tale gente è costretta non giova alla persecuzione che gli Apaches scatenano di lì a poco, tant'è che il ranger e i pochi superstiti sono costretti a cercare rifugio all'interno di un misero fortino, gestito da un grassoccio messicano. Un successivo inseguimento tra solitari tronconi di roccia mette Ortiz alla prova con una notevole dose di violenza, solo minimamente infastidito dall'ingenuità di Nizzi, qui eccessivamente melodrammatico e ingarbugliato nella retorica fordiana.

Tex Ombre Rosse Il quarto dei SuperMiti dedicati al ranger Tex Willer, individua nella tematica indiana un valido argomento per narrare inedite gesta dell'eroe del fumetto italiano. Tra storie vecchie e nuove, autori e disegnatori assortiti, l'occasione viene una volta di più colta per fare il punto sull'evoluzione negli anni del personaggio: la stazza del duo Bonelli/Galleppini non viene affatto sminuita dalle leve attuali (Nizzi, Ticci, Ortiz, Nolitta), a cui si deve il traghettamento di Tex nel nuovo millennio dopo la dipartita dell'illustre genitore nel 2001. Testardo, ma altruista, di buone maniere eppure risoluto, Gianluigi Bonelli e quanti altri dopo di lui ritrassero il ranger sempre in bilico tra Storia e Leggenda, per un futuro di pacifica convivenza tra bianchi e pellerossa.