The Deer King recensione: un'ambiziosa epopea fantasy

The Deer King - Il Re dei Cervi, l'ambiziosa pellicola fantasy di Masashi Ando, arriva nelle sale cinematografiche italiane. Ecco la nostra recensione.

The Deer King recensione: un'ambiziosa epopea fantasy
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È disponibile nelle sale cinematografiche italiane selezionate a partire da oggi, lunedì 27 giugno 2022, il film The Deer King - Il Re dei Cervi, debutto alla regia dell'animatore ex-Ghibli Masashi Ando, coadiuvato dal collega Masayuki Miyaji. Nei giorni scorsi vi abbiamo guidato alla scoperta di Production I.G, lo studio che ha realizzato il lungometraggio, e abbiamo ripercorso la carriera di un nome importante dell'animazione giapponese degli ultimi trent'anni. Abbiamo inoltre analizzato i numerosi rimandi e omaggi di The Deer King allo Studio Ghibli, indimenticabile fabbrica di sogni della cui poetica sembra volersi proporre come erede.

Ma adesso è arrivato il momento di dare un verdetto. Abbiamo visto The Deer King in anteprima e vi proponiamo la recensione di una pellicola fantasy molto intima e originale, nelle tematiche trattate, che farà subito sentire a casa chi sente la mancanza dei capolavori di Hayao Miyazaki. E che speriamo possa essere solamente la prima di una lunga serie nella carriera di Masashi Ando come regista.

Padri, figli e piaghe misteriose

The Deer King nasce come adattamento dell'omonima saga di romanzi di grande successo della scrittrice giapponese Nahoko Uehashi, ed è ambientato in un mondo fantastico dove il popolo di Aquafa, dopo una lunga guerra, è stato sconfitto e assoggettato dall'Impero di Zol.

Tra i soldati che hanno combattuto per Aquafa c'è Van, l'ultimo sopravvissuto della leggendaria tribù dei Corni Spezzati, che dopo essere stato fatto prigioniero è costretto a lavorare in una miniera di sale degli Zoliani. Una notte, la miniera viene attaccata da un branco di lupi portatori di una terribile malattia, il Mittsal o Febbre dei Lupi Neri, che infetta e uccide chiunque venga morso da queste creature. Gli unici a sopravvivere sono Van e Yuna: il primo sfugge al contagio per ragioni sconosciute, anzi acquisisce un misterioso potere al braccio destro; la seconda è una bambina orfana che si affeziona al protagonista iniziando a chiamarlo papà. Sfuggiti alla morte, i due iniziano a vagare per il regno arrivando a stabilirsi in un pacifico villaggio dedito all'allevamento di cervi. Il sangue dei due sopravvissuti potrebbe però rappresentare la chiave di volta per la tanto agognata cura per il Mittsal, e per questo motivo Van e Yuna si ritrovano braccati dall'Impero di Zol e da un'abile inseguitrice. Ad aiutarli ci sarà un alleato inaspettato: Hossal, il medico della corte imperiale e colui che più di tutti vuole sconfiggere la malattia.

Lunga poco meno di due ore e scritta dallo sceneggiatore veterano Taku Kishimoto (Haikyuu!!, Fruits Basket, Ranking of Kings), l'opera prima di Masashi Ando rende omaggio ai grandi maestri del passato grazie agli evidenti rimandi alla filmografia ghibliana che abbiamo già avuto modo di approfondire, ma al tempo stesso acquisisce una sua precisa identità.

Il merito è ovviamente del materiale di partenza, un'epopea letteraria che ha conquistato il pubblico giapponese grazie a una fusione magistrale di tematiche come guerra, politica, medicina, credenze religiose e superstizioni, legami familiari e sovrannaturale.

Ed è proprio questo a rendere speciale The Deer King e a differenziarlo da gran parte dei lungometraggi animati di genere fantasy, inclusi i suoi genitori spirituali. Il primo grande pregio di questa pellicola è che il setting in cui sono ambientate le vicende è sì fittizio ma molto credibile e ben sviluppato nelle sue dinamiche, e viene presentato allo spettatore attraverso i dialoghi dei personaggi, senza ricorrere troppo all'esposizione e a spiegoni che finirebbero solamente per appesantire la visione.

Una promessa in parte mantenuta

Ma prima che dei suoi intrighi, The Deer King è il racconto del viaggio dei suoi due protagonisti, Van e Yuna. Il sottotitolo originale del film è Yuna to Yakusoku no Tabi, che è traducibile come "Il viaggio di Yuna e della promessa".

La promessa a cui si fa riferimento rappresenta il filo conduttore dell'intera pellicola, la motivazione che spinge il taciturno ma possente Van, archetipo dell'eroe silenzioso e malinconico dal passato tragico, a intraprendere un nuovo viaggio per sfuggire al proprio destino e ritornare a vivere una vita normale con la persona a lui più cara. La giovanissima Yuna è un personaggio di ghibliana memoria - come vi abbiamo già esposto su questi lidi - che rappresenta lo spirito più puro della natura e del pacifismo tanto cari ai maestri di Masashi Ando, e giocherà un ruolo fondamentale nel corso della storia. Il trio di personaggi principali viene completato dal giovane medico Hossal, a nostro avviso la figura più riuscita dell'intera opera in quanto veicolo di una tematica abbastanza rara in questo genere: la medicina. Proprio come Van e Yuna, anche Hossal intraprende un viaggio durante il film, in senso sia letterale che figurato: quello per la ricerca della tanto agognata cura per la piaga del Mittsal, un male che sembra di origine extra-terrena (e quindi potenzialmente inguaribile) e che sembra colpire solo una parte della popolazione. La caratterizzazione di Hossal è molto convincente e la pellicola descrive bene la sua tenacia e la sua forza d'animo, dando così un tocco di originalità a un prodotto che, sotto quasi ogni altro aspetto, risulta abbastanza derivativo, ma senza che questo termine assuma per forza una connotazione negativa.

Sfortunatamente, The Deer King finisce per essere schiacciato dalle proprie ambizioni. Nel precedente paragrafo abbiamo detto che il debutto alla regia di Ando riesce a ritagliarsi una propria identità, e questo è assolutamente vero per quanto riguarda le premesse e gli argomenti affrontati. Un po' meno, invece, dal punto di vista dell'esecuzione.

Il minutaggio a disposizione, infatti, non risulta sufficiente per sviluppare in modo adeguato tutti i risvolti della trama, e la sceneggiatura di Taku Kishimoto non riesce a dare il giusto spazio alle molteplici anime del film, finendo per penalizzare alcune di queste. L'esempio più evidente è dato dal sottotesto politico-bellico legato allo scontro tra Aquafesi e Zoliani, che all'atto pratico risulta un pretesto abbastanza debole per dare il via al racconto.

The Deer King, nel corso della sua durata, cambia spesso sotto-genere, passando da fantasy rurale e bucolico nel primo atto a viaggio on the road del gruppo di eroi nel secondo, per poi concludersi con un finale movimentato ma anche molto poetico, senza però che queste transizioni avvengano con la giusta continuità. Ed è proprio per tale ragione se la seconda parte, quella centrale, rappresenta la più lenta e priva di mordente dell'intera produzione.

Anche i personaggi risentono di questa sceneggiatura sconnessa e poco amalgamata e, se si eccettuano Van e Hossal, risultano tutti non pienamente sviluppati. Il più deludente in assoluto è Sae, l'abile cacciatrice (inseguitrice, nell'adattamento italiano) messa sulle tracce di Van e Yuna, le cui azioni risultano parecchio forzate in quanto manca un adeguato approfondimento del suo background che le giustifichi in maniera soddisfacente. Peccato, perché aveva tutte le carte in regola per rivelarsi una delle figure più interessanti della pellicola.

Un mondo maestoso

Masashi Ando è un'artista fenomenale che ha sempre lasciato la sua impronta in qualunque lavoro a cui abbia partecipato, e adesso che finalmente si trova al vertice del processo creativo siamo certi che ci regalerà spettacoli ancora più incredibili.

Il comparto tecnico di The Deer King, seppur non straordinario come i capolavori ghibliani a cui si ispira, ne è già un ottimo esempio. Lo staff di artisti e animatori di Production I.G, sotto la guida di Ando, dà vita a un mondo fantasy vivido, pulsante, credibile e realistico, grazie anche a una palette cromatica lievemente smorta e poco satura che sottolinea l'atmosfera più cupa della narrazione, in modo non dissimile da quanto avveniva in Principessa Mononoke. I disegni e le animazioni, che vedono una netta predominanza delle tecniche più tradizionali (l'impiego di CGI ed effetti digitali è ridotto al minimo), sono di ottima qualità ed enfatizzano ogni momento della narrazione, sia esso un combattimento o una semplice scena di vita quotidiana, grazie all'attenzione su tanti piccoli dettagli che fa la differenza tra un lavoro scadente e un lavoro sopraffino. The Deer King è uno dei pochissimi film animati dell'epoca recente dove si respira davvero la magia dello Studio Ghibli, e già solo per questo merita di essere visto, se possibile in una sala cinematografica.

Anche le musiche, realizzate dalla compositrice Harumi Fuuki, si ispirano in modo evidente ai lavori del leggendario Joe Hisaishi presentando un accompagnamento sontuoso e di grande impatto, dominato da sonorità che esaltano il tono epico della narrazione e che al tempo stesso si adattano ai momenti più tranquilli, delicati e introspettivi.

Ci troviamo di fronte a uno degli aspetti più riusciti del film, che tocca il suo apice nella splendida sigla di chiusura One Reason di Milet. Una ballata struggente ed emozionante, malinconica e ricca di speranza, che fa da sottofondo ai titoli di coda e dove la giovane cantante dà sfoggio della sua voce calda e potente.

Infine, spendiamo qualche parola sull'edizione nostrana. The Deer King vede Francesca Bertuccioli alla direzione del doppiaggio e Olivia Costantini ai dialoghi italiani, mentre fanno parte del cast di voci Dario Oppido (Van), Emma Puccio (Yuna), Manuel Meli (Hossal) e altri nomi importanti del settore come Gianni Giuliano e Paolo Buglioni. Nel complesso, si tratta di un lavoro di adattamento di buonissima fattura e i doppiatori si confermano azzeccati per i rispettivi personaggi, in particolar modo Meli nei panni di Hossal.

Shika no Ou - The Deer King The Deer King è un interessante e sontuoso racconto fantasy che mescola medicina, politica, azione, legami familiari, introspezione e sovrannaturale ispirandosi ai classici dello Studio Ghibli (Principessa Mononoke su tutti). Purtroppo però il minutaggio a disposizione non è sufficiente per trasporre su schermo la complessità del materiale di partenza, e il risultato finale viene penalizzato da una parte centrale lenta e poco coinvolgente e da un cast che non riesce a rimanere impresso nella memoria dello spettatore. Buona la prima, ma si poteva fare molto di più.

7.5