Weekly Shonen Jump è una delle riviste più dure da affrontare per i nuovi mangaka. È risaputo infatti che ogni serie pubblicata sul magazine di Shueisha debba dare fondo a tutte le proprie energie fin dalle prime settimane per poter ritagliarsi uno spazio tra manga che hanno fatto e stanno facendo la storia. Per questo, quando in quel fine luglio 2016 apparì sulle pagine della nota rivista l'anteprima di The Promised Neverland, non in molti rimasero colpiti.
La serie apparteneva a due autori, Kaiu Shirai alla sceneggiatura e Demizu Posuka ai disegni, che non erano affatto sconosciuti nell'industria. Entrambi avevano lavorato su un capitolo autoconclusivo pubblicato qualche mese prima su Shonen Jump+, intitolato Poppy's Wish, che fu provato per saggiare la sintonia del duo. Non ci sono poi altri lavori conosciuti per Shirai, mentre Posuka in passato si era messa al lavoro sulle illustrazioni della light novel Kirugumi e su alcuni disegni pubblicati in giro per la rete.
L'anteprima arrivata su Weekly Shonen Jump in quel luglio 2016 presentava tre bambini disegnati a tinte chiare, un titolo, "The Promised Neverland", che lasciava più immaginare a una storia fantasy alla Peter Pan, nonostante la tristezza e malinconia insita nelle espressioni dei giovanissimi protagonisti.
La realtà si ribalta
E tutto ciò si mantiene per almeno metà delle pagine del primo capitolo di The Promised Neverland, il cui debutto avvenne su Weekly Shonen Jump il primo agosto 2016. Emma, Norman e Ray sono tre ragazzini che vivono a Grace Field, un orfanotrofio dove la donna che li accudisce viene chiamata mamma. Basta poco però per comprendere che non si tratta di una storia particolarmente allegra: dopo aver scoperto la complessità del test e il livello dei giochi pomeridiani, ai protagonisti viene svelata l'amara verità, quella di essere solo del cibo per creature ignote e grottesche chiamate demoni.

E soprattutto, tanti membri della loro famiglia sono ormai morti grazie anche alla complicità di mamma Isabella. Parte così una gara di intelligenza e psicologia tra bambini e curatrice dell'orfanotrofio, con i primi alla ricerca di un luogo in cui sopravvivere senza temere più di essere mangiati.
Un manga capace di reinventarsi
The Promised Neverland risalta subito per la tipologia di dialoghi e il modo in cui i personaggi affrontano la situazione: niente onde energetiche, super mosse colorate e attacchi esplosivi, ma solo pura e semplice intelligenza. I ragazzi iniziano a combattere una battaglia psicologica che ci riporta alla mente le migliori dinamiche di Death Note. Ogni capitolo nella fase iniziale è ricco di colpi di scena, collegamenti ancora da comprendere appieno e cliffhanger ben preparati da Kaiu Shirai che riescono sempre a tenere il lettore col fiato sospeso.
Il manga riesce a mantenere quest'animo per tutta la prima saga, iniziando però poi a trasformarsi. La mutazione coincide con l'evasione da Grace Field, avvenimento che inevitabilmente fa precipitare in un mondo completamente nuovo personaggi e lettori, costringendo entrambi ad adattarsi nel nuovo ambiente. Dopotutto, l'ambientazione in cui erano immersi i bambini passa da una piccola villa di campagna a un mondo sconosciuto e sterminato ed era quindi impossibile pensare di mantenere lo stesso approccio.

Intelligentemente, Shirai riesce a far virare tutto verso una componente esplorativa e d'avventura che si mischia perfettamente alla caratterizzazione dei personaggi. Parallelamente, al lettore vengono date le risposte, centellinate, sia su alcuni enigmi che sull'intero mondo. Shirai però non si accontenta e modifica ulteriormente le componenti della sua opera, virando fortemente verso l'action. E come dimostrato a Goldy Pond, anche questa scelta risulta azzeccatissima,con i ritmi che riescono a tenere incollato il lettore alle pagine mentre continua a non mancare la componente strategica.

Contemporaneamente, il mangaka decide di rispondere a parecchie domande in un paio di capitoli, svelando gran parte dei misteri che hanno avvolto il manga fino a quel momento. È da lì che inizia una ulteriore trasformazione di The Promised Neverland, ma questa riduzione dei misteri ha delle conseguenze. Se durante il secondo arco narrativo di The Promised Neverland si può ancora godere di una forte componente psicologica mescolata a tanta azione sempre ben strutturata e avvincente, non si può dire lo stesso per le fasi successive. Man mano che il manga prosegue nel racconto, si ha l'impressione che Kaiu Shirai voglia terminare il tutto troppo in fretta, facendo annegare Emma e gli altri comprimari in una palude di eventi davvero rocamboleschi. Questi non permettono al lettore di vivere la storia dal punto di vista di Emma, ma solo di sfogliarla: è emblematico il momento del timeskip che ci fa precipitare in un'ulteriore nuova realtà, scardinando ogni possibilità di evoluzione della protagonista e delle sue spalle, ma anche di permettere a chi segue la serie di conoscere meglio il mondo. Solo l'intervento di un vecchio amico riesce a ridare un po' di verve in una fase critica della storia, ripresentando uno scontro tra due personaggi e due filosofie che fa tornare in movimento i meccanismi narrativi.
Purtroppo la storia e il pathos si perdono completamente negli ultimi 20 capitoli, lasciando allo spettatore dei colpi di scena privi di mordente e delle scelte che vanificano tutta l'importante struttura narrativa imbastita da Shirai fino a quel momento. Di ciò lo sceneggiatore sembra quasi scusarsi, lanciando Emma in alcuni discorsi negli ultimi capitoli che sembrano parlare al lettore e non a se stessa. Va comunque sottolineato che Shirai, nonostante la brutta esecuzione delle vicende finali, è riuscito a collegare tutti gli eventi lasciando la spiegazione di pochi e ininfluenti dettagli secondari all'immaginazione del lettore.
Il parco personaggi di The Promised Neverland è nutrito, con tanti bambini e adulti, sia umani che demoni, presentati in questo mondo. Ma la realtà è che le figure davvero di rilievo sono contate: naturalmente il ruolo di spicco è di Emma, protagonista che muove l'opera col suo idealismo. La giovane ragazzina dai capelli arancioni parte come la protagonista shonen per eccellenza, controbilanciando gli intenti delle due spalle Norman e Ray, in particolare quest'ultimo. Col tempo però Emma diventerà un personaggio molto importante anche da sola, per poi arrivare a conquistare l'opera oscurando tutti gli altri.

Gli altri personaggi di Grace Field sono ben abbozzati per quello che è il loro ruolo di secondo piano, mentre mamma Isabella e sorella Krone riescono a tenere alta l'attenzione con il loro carattere e il loro modo di pensare. Lo stesso fenomeno vale per l'arco di Goldy Pond, dove ci sono due personaggi di spicco e un ulteriore gruppetto di comprimari che riesce a sostenere il proprio ruolo senza troppi problemi. I problemi nella caratterizzazione iniziano dal timeskip, dove si vedono tutti gli equilibri precari nei rapporti tra personaggi.
L'accelerazione di Shirai nella seconda metà del manga non consente più ai personaggi di mostrarsi al lettore: Ray diventa una semplice estensione di Emma; Don, Gilda, Anna e gli altri bambini di Grace Field diventano dei volti e nomi relegati allo sfondo e il cui unico ruolo è quello di dare a Emma persone da salvare. Gli ultimi personaggi che hanno vestito il ruolo di antagonisti purtroppo non si sono dimostrati all'altezza delle attese, contribuendo a far precipitare la qualità nell'ultimo miglio di The Promised Neverland.
Tanti riferimenti, tra le citazioni a Fullmetal Alchemist e al mondo reale
Kaiu Shirai ha inserito in The Promised Neverland, oltre a delle vaghe somiglianze con Death Note per la struttura delle battaglie psicologiche, anche un parallelo con L'Attacco dei Giganti: per tutto il primo arco, infatti, Emma è costretta a vivere in una prigione formata da mura enormi, con un senso di oppressione sempre presente, dato anche dall'affannante costanza di mamma Isabella nel far saltare tutti i loro piani ad ogni occasione. I protagonisti vogliono vivere e per farlo devono evadere dalle mura e conoscere cosa c'è al di fuori, nel mondo esterno, ponendo su condizioni simili la storia di Eren e quella di Emma.

Non mancano però accenni e ispirazioni anche a una popolarissima opera shonen, Fullmetal Alchemist di Hiromu Arakawa, che iniziano a presentarsi nella seconda metà del manga grazie alle scelte grafiche della sensei Demizu Posuka e all'inclusione di argomenti simili sottotraccia da parte di Shirai. Dal Portale della Verità all'essenza di Dio, la Arakawa ha inserito tanti concetti filosofici e uno dei più palesi ripresentatisi anche in The Promised Neverland è indubbiamente la questione dello scambio equivalente che qui viene traslata nel rapporto col misterioso dio demoniaco che dà e prende a seconda della promessa da stipulare.
La critica allo sfruttamento del cibo e a un sistema insostenibile

Sin dalle prime battute di The Promised Neverland, tanti elementi inseriti hanno preso via via sempre più spazio, facendo trapelare la tematica dello sfruttamento del cibo, spesso spinto al limite per pura ingordigia. Le fattorie del manga, come Grace Field e le altre che producono sia merce di qualità che cibo scadente, sono un chiaro riferimento al sistema produttivo adoperato nel mondo reale, dove la massiccia produzione di carne provoca dilemmi etici e ambientali. Nonostante la critica, Shirai non abbraccia però a pieno le idee del vegetarianismo o del veganismo, anzi, dà ad Emma i mezzi per poter procacciarsi il cibo da sola ma con cognizione di causa, senza sprecarlo e da assumere con moderazione.
Questo tema diventa chiaro ancora di più con la comparsa del popolo dei demoni, formato da individui normali come anziani, bambini, adulti che cercano di portare avanti la propria vita tra lavoro e famiglia, e la comparsa soprattutto della classe nobiliare demoniaca, ingorda e posseditrice di un segreto che ha permesso di mantenere le grinfie sulla società. Proprio in questa fase viene mostrata una nuova faccia di questa civiltà, con alcuni che cercano semplicemente di mangiare il minimo indispensabile per sopravvivere e chi invece, spinto dall'egoismo e dalla brama, vuole mettere le mani su carni sempre più pregiate.
E il lato artistico?
Così come il resto del manga, anche Demizu Posuka ha uno stile con luci e ombre. La mangaka è diventata subito famosa grazie alle ottime pagine a colori più vicine a uno stile occidentale che a quello orientale. L'uso dei colori e dei metodi di disegno regala copertine e pagine a colori sempre capaci di catturare l'occhio.

Lo stesso non vale però per le pagine in bianco e nero: se i fondali e le scene stese su tavole doppie riescono a mantenere alta l'attenzione, i personaggi vengono disegnati in molte fasi in modo più approssimativo, tanto da far storcere il naso in alcuni momenti. Un altro pregio è la personalizzazione dei demoni, tra le sagome graficamente più riuscite e che si destreggiano bene in tutte le scene della serie in cui appaiono.