Voglio mangiare il tuo pancreas: Recensione del film distribuito da Dynit

Arriva anche in Italia il lungometraggio animato tratto dal best seller letterario: una storia agrodolce e tenera sulla vita e sulla morte.

Voglio mangiare il tuo pancreas: Recensione del film distribuito da Dynit
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I fiori di ciliegio sono passeggeri: sbocciano ed appassiscono al cambio di stagione, danzano in aria sulle note del vento, eppure - forse proprio per la loro delicatezza - sono talmente incantevoli che è difficile non ammirarli con serenità e malinconia. In giapponese esiste un termine, hanami, che indica proprio l'atto di osservare estasiati, come in contemplazione, i boccioli di ciliegio e godere della loro bellezza. La protagonista di Voglio mangiare il tuo pancreas si chiama Sakura, che nell'idioma del Sol Levante è proprio il nome con cui vengono identificati i ciliegi: ed esattamente come i fiori, anche lei è destinata a svanire in breve tempo, a causa di una malattia mortale al pancreas che la consumerà in circa un anno, come l'inverno fa con la primavera. Ciononostante, Sakura non smette neppure per un singolo istante di essere meravigliosa, tanto effimera quanto bella e preziosa. Per questo, è impossibile non fermarsi a guardarla, rimanendo completamente ammaliati da quel suo sorriso che ha tutto il sapore della gioventù.

Il lungometraggio d'animazione, diretto dall'esordiente Shinichiro Ushijima e tratto dal romanzo di Yoru Sumino (già trasformato in un manga ed in un live action di grandissimo successo), è insomma una sorta di hanami cinematografico, dinanzi al quale, pur nella sua semplicità artistica e narrativa, risulta alquanto arduo distogliere lo sguardo. Sotto l'egida di Dynit, che lo porta sugli schermi nostrani dal 21 al 23 gennaio, Voglio mangiare il tuo pancreas raggiunge una platea ancora più vasta, nel tentativo, da una parte, di lacerare i cuori degli spettatori, e dall'altra di proporre una storia edificante, sul valore della vita e sul beffardo corso del destino. Una sorte che pare ineluttabile, ma contro cui è imperativo lottare fino in fondo, anche con la consapevolezza della sconfitta.

All'ombra della fanciulla in fiore

Sakura Yamauchi ed il suo solitario compagno di classe si sono incontrati un giorno, forse per caso, in un'astanteria dell'ospedale. Lui, appassionato di libri, sui quali trascorre la maggior parte del tempo, poggia l'occhio su un diario dimenticato per una fortunata sbadataggine.

È il resoconto della convivenza con la malattia di Sakura, che confida tra quelle pagine ciò che non può rivelare a nessun altro al di fuori della sua famiglia: la patologia degenerativa che l'affligge la condurrà inevitabilmente alla morte. La scoperta fortuita porterà i due a conoscersi meglio, a frequentarsi un po' di più, a rivelare personalità nascoste, ad imparare l'uno dall'altra l'importanza del supporto reciproco. Non potrebbero essere più diversi, Sakura ed il suo amico. Due caratteri opposti, per temperamento ed attitudine: mentre lei è vitale, socievole ed amata da tutti, lui tende a chiudersi in sé, ad infischiarsene di chiunque, a vivere nel suo mondo di letteratura e solitudine.

La freddezza, mista a menefreghismo, che mostra dinanzi alla notizia della futura scomparsa di Sakura è ciò che spinge la fanciulla a sceglierlo come partner per il tempo che le resta da vivere: al fianco di uno sconosciuto che non prova nulla nei suoi riguardi, può finalmente essere se stessa, godersi gli ultimi giorni con l'intensa leggerezza della normalità.
Parabola in cui tristezza e dolcezza si muovono in simbiosi, Voglio mangiare il tuo pancreas non si distingue certo per la brillantezza della sceneggiatura, sorreggendosi interamente sulla radicale dicotomia dei personaggi principali, tuttavia fa leva su un sostrato concettuale piuttosto incisivo, e su una commozione che non scade (quasi) mai nel melenso.

Più che una love story, quello del film (così come del romanzo e del manga) è un racconto di formazione emotiva, dove i due protagonisti riescono poco alla volta ad instaurare un rapporto che prescinde dal sentimento amoroso per divenire qualcosa di più puro, che travalica le distanze e la morte. Un legame intessuto con garbo ed eleganza, nel quale anche i momenti di noiosa quotidianità assumono una prospettiva tutta nuova, se osservati dagli occhi di una malata terminale. Per Sakura, il suo nuovo amico è l'ultima ancora di salvezza, non dalla malattia - che affronta con un'energia sorprendente - bensì dalla depressione esistenziale: è per questo che "vuole mangiare il suo pancreas", come sostiene all'inizio del lungometraggio. Stando alle credenze di alcune culture, d'altronde, per curare un malanno ad un organo vitale è sufficiente nutrirsi delle interiora di un altro essere vivente, così da risucchiarne le forze. Divorare reciprocamente i propri pancreas è un modo simbolico che hanno i protagonisti per dichiararsi il loro indissolubile affetto: assorbire la parte migliore dell'altro, così da tenerne viva l'essenza, la memoria, il sorriso.

"Non si vede bene che col cuore..."

Con un incedere flebile, armonico ed anche un po' prevedibile, che solo sul finale conosce un impeto di furente dolore, Voglio mangiare il tuo pancreas palesa fin da subito le sue intenzioni comunicative. Nei primi minuti di visione, d'altro canto, il film ci mette al corrente di quale sarà il destino di Sakura: ciò che conta non è dunque l'approdo, ma il viaggio.

Le inaspettate sorprese di una vita che riesce a coglierci alla sprovvista anche quando tutto sembra già scritto. È su queste basi che si regge l'intelligente colpo di scena dell'opera, che non scombussola totalmente il messaggio alle radici del racconto, ma lo amplifica con una forza tale da renderlo indubbiamente più potente. Sostenuta da un tratto visivo abbastanza elegante - sebbene il character design non spicchi per ispirazione - e da un corredo sonoro che sa come pizzicare le corde dell'emotività, la traduzione animata di Voglio mangiare il tuo pancreas segue - al pari del manga - la lezione del romanzo, senza mostrare una personalità davvero dirompente.

Facendo della rigorosità la sua marca stilistica, Shinichiro Ushijima si focalizza sui dettagli, insiste sulle espressioni, e lascia che a parlare, più che lo sguardo del regista, sia quello dei protagonisti: li accompagna dunque lungo il loro cammino senza far avvertire quasi mai la sua presenza. Un guizzo autoriale si manifesta però nei frangenti conclusivi, con soluzioni scenografiche dall'impatto assai appariscente, le quali - citando Il Piccolo Principe (il libro preferito di Sakura) - cercano di catturare per immagini l'essenziale che è invisibile agli occhi.

Voglio mangiare il tuo pancreas Quando inizieranno a scorrere i titoli di coda, guardateli fino alla fine: vi attenderà una scena aggiuntiva che concluderà la storia di Sakura e del suo caro amico. Una vicenda pregna di significati, espliciti e sottintesi, che hanno tutti una matrice in comune: la voglia di delineare un percorso formativo dai risvolti intimi ed agrodolci, a tratti persino strazianti. Una gamma di sentimenti inscenata con dignità e perizia formale, che lascia trasparire l’anima dei protagonisti da ogni piccola battuta di dialogo. Rifuggendo la stucchevolezza ed il pietismo, ma cavalcando una commozione innegabilmente manieristica, Voglio mangiare il tuo pancreas è il racconto di una vita che si spegne con la fragilità d’un tremante petalo di ciliegio, ed al contempo è la fotografia di un ricordo che sopravvivrà anche dopo la fine della primavera.

7.5