Recensione ZombiePowder

Cosa siamo disposti a fare pur di sconfiggere la morte?

Recensione ZombiePowder
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Dopo una travagliata storia editoriale nel paese del sol levante, arriva finalmente in Italia ZombiePowder, opera prima e tuttora incompiuta di Tite Kubo. Sull'onda del successo di Bleach, Panini ha infatti deciso di proporre ai suoi lettori il manga che segnò l'ascesa di uno dei più popolari autori di Shonen ancora in attività. ZombiePowder fu originariamente serializzato dal celebre settimanale giapponese Shonen Jump, a partire da Aprile 1999. La pubblicazione venne però interrotta a causa di una presunta anaffezione da parte dei fan, testimoniata dall'esiguo numero di lettere all'autore pervenute in redazione. Ai lettori venne comunicato che Kubo era impossibilitato a continuare il suo lavoro per problemi di natura personale e ZombiePowder cadde nel dimenticatoio. Gli incrollabili dogmi dell'editoria manga giapponese, che raramente discernono la validità di un opera dalla sua popolarità, ancora una volta avevano influenzato il corso di una serie sancendone la fine prematura. Tuttavia ZombiePowder non è un manga che rientra nella categoria del "capolavoro incompreso" ma piuttosto lo svezzamento di un artista, la prova generale, prima della sinfonia Bleach.

Polvere alla polvere

In un futuro indefinito, la terra è ridotta in uno stato di semi-anarchia. La legge del più forte regna incontrastata e la ragione si ottiene impugnando la propria sputafuoco. Bande di criminali si combattono in uno scenario dalle forti tinte western. Il motivo dei loro scontr? La ZombiePowder; sostanza capace di resuscitare i morti e dare l'immortalità ai vivi. L'unico modo per ottenere questa polvere è trovare i 12 ring of death, anelli capaci di veicolare l'energia vitale delle cose e di trasformarla nella preziosa sostanza. Sul paradosso del cercare l'immortalità in una terra che appare moribonda e che sembra non offrire molte opportunità (in un certo senso ricorda gli scenari post-apocalittici di Trigun) Kubo costruisce il suo piccolo teatrino. L'attore principale dello spettacolo è Gamma Akutabi, un "Powder Hunter" super ricercato, dotato di eccezionali capacità in combattimento. Akutabi è un personaggio borderline e il suo anticonformismo trapela anche dall'arma che utilizza, una spada "motorizzata" che usa in combinazione con il suo braccio corazzato. Nel corso del suo cammino, Akutabi verrà aiutato da numerosi comprimari come Smith, un pistolero vestito da "impiegato di banca inglese" (secondo le stesse parole di Kubo) che usa la sua ventiquattrore per parare gli attacchi avversari. Prima della prematura interruzione, la trama subirà alcuni risvolti interessanti che tuttavia non vi riveleremo in fase di recensione. Dal punto di vista squisitamente artistico, ZombiePowder è un lavoro dalle grandi qualità. Il tratto di Kubo appare già maestro nel tracciare i volti dei personaggi e le scene di combattimento. Queste ultime, in particolare, sono il valore aggiunto dell'opera: dinamiche, adrenaliniche e al contempo mai caotiche. Viene certamente da pensare che Kubo sia un predestinato, considerando il fatto che disegnò il manga quando ancora frequentava il liceo.
Il comparto artistico purtroppo non è accompagnato da una trama di grande spessore. Qualche buona trovata che non vi riveleremo per evitare spoiler, non basta a risollevare le sorti di una storia che si riduce a un peregrinaggio infinito, inframezzato da combattimenti all'ultimo sangue.
Il lavoro svolto da Panini, in fase di confezionamento, è nella media e il fatto è già un successo, considerati i bassi standard della casa editrice modenese. Dopo il disastro Lost Canvas ci viene proposto un prodotto decoroso, seppur lontano dalle eccellenze editoriali di J-Pop.

ZombiePowder Nel giudicare un'opera come ZombiePowder non si può ignorare il fatto che l'autore fosse ancora molto giovane, al tempo della stesura. Le reticenze editoriali che Tite Kubo ha incontrato, non lo avranno di certo aiutato in questo senso, ma è innegabile che il manga trasudi una certa acerbità. Nonostante una direzione artistica sopra la media, la trama non spicca certo per originalità e l'intreccio è povero, ragion per cui la lettura è elicitata solo ai grandi appassionati di Noriaki-san. Il consiglio per i neofiti è quello di virare , senza timori di sorta su Bleach. Gli irriducibili invece impugnino le loro armi e tengano gli occhi bene aperti. Sulle tracce dei ring of death c'è gente poco raccomandabile!