Arrietty: un film tenero e delicato dello Studio Ghibli

Arrietty è uno dei progetti più semplici e delicati dello Studio Ghibli. Andiamo a scoprire la magia di un film speciale.

Arrietty: un film tenero e delicato dello Studio Ghibli
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L'immagine dei film dello Studio Ghibli è sempre stata legata indissolubilmente a quella dei suoi padri fondatori, Hayao Miyazaki e Isao Takahata. I due geniali registi hanno definito il canone delle pellicole dello studio e, grazie ai loro lavori, hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia dell'animazione mondiale. Al tempo stesso, hanno purtroppo messo in ombra la fama degli altri autori che hanno contribuito alla crescita della compagnia. Eppure lo Studio Ghibli è stato una fucina di grandissimi talenti. Pensiamo a Yoshifumi Kondo, il regista de I sospiri del mio cuore (1995), collaboratore storico di Miyazaki e Takahata e da molti ritenuto il loro erede, venuto a mancare improvvisamente nel 1998 a causa di un aneurisma. Un altro esempio è Hiromasa Yonebayashi. In questo articolo parleremo della sua opera di debutto, Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento.

Dopo essersi messo in luce come animatore in La città incantata e Ponyo sulla scogliera, l'allora trentaseienne conosciuto affettuosamente come Maro dai colleghi, vede l'opportunità della vita quando il suo mentore Hayao Miyazaki gli propone, subito dopo l'uscita di Ponyo, la regia di Arrietty. Uscito nel 2010 in Giappone, il film è l'adattamento animato dei racconti fantasy per ragazzi Gli Sgraffignoli (The Borrowers in originale) della scrittrice inglese Mary Norton: un progetto che Miyazaki teneva nel cassetto da quasi quarant'anni, visto che la prima bozza dell'opera risaliva agli anni '70. Giunto in Italia grazie a Lucky Red nell'ottobre del 2011 dopo essere stato presentato in anteprima il 4 novembre del 2010 al Festival del Cinema di Roma, il lungometraggio è uno dei più dolci, teneri e delicati dello studio, e in questo articolo vi spiegheremo perché. Come sempre, vi invitiamo a leggere anche la recensione di Arrietty.

Un'opera pregevole

Il film, scritto da Miyazaki stesso, vede come protagonista la giovane Arrietty, appartenente alla razza dei cosiddetti "prendimprestito" (karigurashi nell'originale giapponese). Si tratta di esseri alti pochi centimetri che vivono negli anfratti fra i muri e sotto i pavimenti, e che sopravvivono prendendo in "prestito" gli oggetti dimenticati o inutilizzati degli umani. La vita della ragazza cambia all'improvviso quando nella casa di campagna dove si trova la loro abitazione giunge Sho, un adolescente venuto a trascorrere in serenità i giorni che lo separano da una delicata operazione al cuore. Le vite dei due personaggi sono destinate a incontrarsi a seguito di un evento fortuito: nonostante la differenza di dimensioni e il divieto dei genitori di Arrietty di farsi vedere dagli esseri umani, i due stringeranno un profondo legame che andrà oltre la semplice amicizia.

I racconti da cui è tratta la pellicola sono ambientati nell'Inghilterra degli anni '50, ma durante la stesura della sceneggiatura Hayao Miyazaki scelse di trasporre gli eventi nella moderna Tokyo. Eppure, nonostante questo cambiamento importante, l'atmosfera del film non ne risente in alcun modo, grazie soprattutto allo splendido comparto visivo.

Da sempre una delle caratteristiche che hanno fatto la fortuna dello Studio Ghibli, definendo un vero e proprio marchio di fabbrica, il livello artistico di Arrietty è un trionfo della "magia del quotidiano". Gli sfondi pieni di dettagli e color pastello, le eccellenti animazioni, l'utilizzo ridotto all'osso delle tecniche digitali rendono la pellicola una delle più ispirate dell'intera filmografia ghibliana, nonostante l'assenza di elementi epici o fantastici (se escludiamo i tratti distintivi della protagonista e dei suoi simili).

È proprio questo il più grande pregio di Arrietty. Quello di restituire allo spettatore lo stesso stupore della giovane prendimprestito nel momento in cui si avventura per la prima volta fuori dai confini di casa, esplorando il mondo circostante e scoprendo, grazie allo sviluppo del suo rapporto con Sho, che non tutti gli esseri umani sono cattivi. E il film lo fa in un modo così delicato, tenero, genuino e capace di toccare il cuore, come testimonia la splendida sequenza finale in cui i due protagonisti si dicono addio, consapevoli di essere maturati e di aver imparato qualcosa dal loro incontro.

Galeotta fu la zolletta

Proprio il rapporto fra Arrietty e Sho è uno degli aspetti più riusciti del film. Rappresenta al tempo stesso un racconto di formazione e una storia d'amore impossibile, ma soprattutto lancia un messaggio molto potente: un invito a non avere paura del diverso. In generale l'opera, sotto le spoglie di un prodotto semplice e lineare, nasconde un'elevata profondità e presenta moltissimi temi e caratteristiche ricorrenti dei film dello Studio Ghibli, in particolare quelli di Miyazaki, qui assimilati alla perfezione dal regista Hiromasa Yonebayashi. Come se i racconti originali di Mary Norton fossero stati scritti apposta per essere trasposti in questo modo. Pensiamo al nome stesso dei minuscoli personaggi, prendimprestito, che sottintende una certa critica al consumismo sfrenato dei giorni nostri, in cui l'umanità si riempie di oggetti superflui solo per apparenza o altre frivolezze. Lo stile di vita dei "borrowers", che riciclano e riadattano a un nuovo uso gli oggetti che trovano nelle case degli umani, è un altro esempio dell'ecologismo quasi sempre presente, velato o meno, nelle pellicole dello studio.

Una critica che diventa anche un invito al rispetto della natura, una madre amorevole che fornisce ai suoi figli tutto il necessario per il loro sostentamento, e dei suoi equilibri. Il film è dunque adatto a grandi e piccini, con i primi che non rimarranno delusi dal contenuto semplice solo a un primo sguardo, mentre i secondi troveranno una fiaba avventurosa e coinvolgente.

La stessa Arrietty si inserisce nel filone delle ragazze "dolci ma toste", un ambito in cui i film di Hayao Miyazaki hanno fatto scuola. Nonostante le ridotte dimensioni e l'inevitabile timore, la giovane protagonista ci appare fin da subito come un personaggio determinato e coraggioso: sin da quando mette piede fuori da casa per la sua prima spedizione, passando per i numerosi incontri ravvicinati con Sho, fino ad arrivare alla sequenza in cui trae in salvo la madre catturata dalla governante della villa di campagna in cui vive il ragazzo.

Musica e poesia

Intrinsecamente legata all'apparato visivo, la musica è un ingrediente fondamentale del tocco magico dei film dello Studio Ghibli. Lo è anche in Arrietty, ma con una differenza notevole rispetto al passato. Per la prima volta, i brani della colonna sonora di una pellicola dello studio sono composti da un europeo, per l'esattezza dalla giovane cantante e musicista francese Cécile Corbel. Scritturata per il ruolo dopo aver inviato all'azienda una copia del suo album Songbook vol. 2, gesto di ringraziamento per l'ispirazione che i lavori dello studio le avevano dato, la compositrice si dimostra tranquillamente all'altezza dei suoi predecessori (Joe Hisaishi in particolare) e ci regala una delle colonne sonore più belle in un'opera dello Studio Ghibli.

Caratterizzate da ispirazioni celtiche e bretoni di qualità elevatissima, capace di esaltare ogni singolo momento della pellicola, le musiche di Arrietty contribuiscono all'atmosfera magica del film e danno un tocco squisitamente "occidentale" a un prodotto di pura matrice nipponica. Fra le altre cose, il tema principale Arrietty's Song è stato interpretato dalla stessa Corbel in inglese, francese, giapponese e persino italiano, a testimoniare l'incredibile talento di un'artista in grado di lasciare il segno in un settore estremamente difficile e competitivo.

Arrietty Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento è un’opera semplice, genuina, dolce e delicata, che presenta tutti i tratti tipici dei lavori dello Studio Ghibli, visivamente pregevole e con una colonna sonora magnifica. Un autentico manifesto della magia di uno studio che continua a far sognare milioni di spettatori, e un debutto promosso a pieni voti per Hiromasa Yonebayashi. È davvero un peccato che il regista non sia ancora riuscito a replicare il livello del suo esordio nelle produzioni successive, ma questo non sminuisce assolutamente le qualità di un lungometraggio che si colloca fra i migliori dello studio, forse il più riuscito in assoluto fra quelli non diretti dai padri fondatori Hayao Miyazaki e Isao Takahata.