Berserk, la Lore: parole, opere e lezioni di Kentaro Miura

Kentaro Miura con Berserk ci ha insegnato la storia, la mitologia e una vasta serie di citazioni ad altre opere. Ecco i principali collegamenti.

Berserk, la Lore: parole, opere e lezioni di Kentaro Miura
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Il destino dell'opera magna di Kentaro Miura è sempre stato quello di tagliare: spezzare la monotonia, squarciare le nostre vite e, soprattutto, tranciare in due il mondo dei manga. Berserk ha segnato uno stile oltre che un modello, non può passare inosservato, e non perché il suo protagonista ha una spada alta più di due metri. Ciò che più lo contraddistingue, infatti, è di essere ricco di richiami colti e letterati. Nonostante sia un fumetto dalle spiccate note violente, tra le sue pagine è possibile imparare lezioni di storia e persino di ingegneria, oltre a essere in tutto e per tutto un raffinato esempio di arte contemporanea (fino alla fine, come dimostra l'ultimo capitolo di Berserk curato da Miura).

Di manga stilisticamente belli ce ne sono tanti. Di altri che hanno approfondito e curato le fonti culturali a cui si ricollegano, le citazioni ad altre opere o addirittura a elementi storici, ce ne sono lo stesso diversi. Ma quante opere possono vantare, come Berserk, di aver fuso in maniera esemplare entrambe le categorie? Non sono molte. Ecco che vi sveliamo qualche curioso aneddoto che ha ispirato una tra le Lore più avvincenti di tutti i tempi, in attesa di sapere quale sarà il futuro di Berserk.

Gatti selvatici e guerrieri norreni

Partiamo dall'inizio: perché chiamarlo "Berserk"? Il nome ci porta a quella leggendaria stirpe di guerrieri norreni famosi per la loro furia. Si pensa che l'etimologia della parola sia da indirizzare al termine berr (in germanico bär "orso" o baar, "lupo"), in quanto i Berserkr (o Berserker) erano soliti indossare le pelli di questi animali. Sul campo di battaglia, sembravano più simili a bestie fameliche che umani. Probabilmente il loro stato alienato, che li rendeva persino insensibili al dolore, era dovuta a qualche sostanza allucinogena che avevano assunto oppure a qualche particolare tipo di trance. Il nostro Gatsu, invece, sappiamo bene che entrava nella "modalità Berserk" grazie all'armatura che portava ("casualmente" a forma di lupo).

Oltre a questo particolare collegamento alla mitologia germanico-scandinava, anche i nomi dei personaggi hanno un significato preciso: Farnese e Serpico sono nomi di origine italiana, il primo in particolare si ispira a una famiglia nobiliare e il secondo alla parola "serpente". Rickert, invece, rimanda a Riccardo Cuor di Leone, mentre Puck e Caska sembrerebbero entrambi ricollegarsi ad alcune opere di Shakespeare. Sono per lo più supposizioni da parte dei fan, ma per quanto concerne Gatsu e Grifis è stato proprio Miura a confermare perché li ha chiamati così: entrambi sono nomi derivati dalla cultura europea che permane in tutta la storia. Piacevano molto al Maestro, soprattutto per come suonavano. È stato fatto notare al Sensei che l'etimologia di Grifis si poteva ricollegare a una parola gallese che significa "potente lord", oppure al nobile animale leggendario, il Grifone, il che starebbe bene a un personaggio dalla duplice personalità, in bilico tra il divino e il mostruoso. Gatsu, invece, in tedesco poteva significare anche "gatto selvatico", oppure in inglese "Guts" è un termine con cui si identifica generalmente "interiora"/"coraggio". Un po' come noi potremmo dire "ha fegato, il ragazzo". Ma Miura non ha mai confermato queste teorie. Ha soltanto sorriso.

Una storia scritta con un'Ammazzadraghi

Kentaro Miura non lasciava niente al caso. Neppure il caso, il destino e certe volontà divine (o demoniache) sono mai state libere in Berserk di agire in maniera sconsiderata e senza senso. Il Maestro, quando iniziò a mettere mano alla sua opera, decise di marchiare (termine non casuale...) i suoi personaggi e le sue ambientazioni di uno stile preciso: la cultura medievale. Come abbiamo già approfondito sul periodo storico in cui è ambientato Berserk, nella trama e in alcuni disegni del manga è possibile riconoscere facilmente alcuni avvenimenti che si accavallano tra la fine del 1300 e i primi del 1500.

Anche i più piccoli dettagli degli abiti indossati dai nobili e delle armature dei soldati, richiamano a indumenti realmente esistiti a quel tempo. Per non parlare delle opere architettoniche, in alcuni casi disegnate così superbamente dal Maestro, che è impossibile non riconoscerle subito, come il Palazzo Vecchio a Firenze, la moschea di Cordoba o la Cattedrale di Reims. Miura ha più volte confermato che si è ispirato a numerose fonti storiche del basso Medioevo per realizzare il suo Berserk. E, nel corso degli anni, molti suoi fan hanno scoperto che Gatsu e Grifis sono "davvero" esistiti: nel 1500 è vissuto un mercenario noto per la sua ferocia, che gli permise di impugnare una zweihander, un grosso spadone a due mani pesante più di 100 kg. Questo temibile guerriero si chiamava Pier Gerlofs Donia e aveva perso la moglie, uccisa dai lanzichenecchi. Aveva trovato il modo di vendicarla, con questa "realistica" Ammazzadraghi.

Sempre all'incirca nello stesso periodo è vissuto Gottfried "Götz" von Berlichingen, un cavaliere tedesco famoso per combattere con una certa protesi di ferro che ha sostituito il suo braccio perduto in battaglia. Così "Götz" riusciva a prendere persino un bicchiere d'acqua o cavalcare contro i nemici.

Anche per il personaggio di Grifis sono state individuate alcune analogie storiche, la più accreditata tra queste è quella del condottiero britannico John Hawkwood, noto in Italia come Giovanni l'Acuto. Indovinate di chi era il comandante? Di una certa Compagnia Bianca del Falco, che ha combattuto nella Guerra dei Cent'anni. Ma nonostante tutte queste impressionanti similitudini, il Maestro ha sostenuto che non erano state queste le sue principali fonti d'ispirazione.

L'incredibile fatalità del caso

Miura si è basato sulla storia e la mitologia occidentale della fine del Medioevo, amalgamando il tutto con un sapiente lavoro di iconografia cristiana/profana: non è un caso che un altro Maestro a cui Miura si è rifatto sia stato Go Nagai. Proprio in Devilman è possibile trovare delle fortissime similitudini con Berserk, a partire dalla somiglianza delle figure tra Akira e Ryo (Amon e Satana) e Gatsu e Grifis, per finire alle citazioni illustrative di Gustave Dorè.

Ma Miura non ha attinto a un Maestro soltanto: come sostenuto da lui stesso, il pilastro narrativo (e non solo) di Berserk si ricollega a una tra le storie più alte del fantasy nipponico, ovvero la saga di Guin, di Kaoru Kurimoto. Grifis e in particolare Phemt, invece, hanno un'ampia struttura di citazioni, dall'Apocalisse di San Giovanni, fino al Millennium Falcon di Guerre Stellari e al ciclo di Hellraiser, celebre per essere un caposaldo dell'horror moderno. Persino il Bejelit, lo strumento con cui Grifis cambia il destino di tutti i personaggi, è un elegante collegamento al cubo di LeMerchant, il rompicapo con cui è possibile evocare i demoni/angeli conosciuti come Cenobiti. In Berserk si muovono un numero indefinito di creature che richiamano ad altrettante infinite citazioni: troll ed elfi incrociano le proprie strade con tigri, Apostoli e mostri degli abissi, mentre nello sfondo passano di fronte agli occhi richiami a opere artistiche, quali Escher e Bosch. Ultima, ma non per importanza, la mano (di Dio, chiederete voi?) che muove i fili di tutta la trama: l'idea del destino. Frutto del libero arbitrio o di una volontà ultraterrena, che non si sa se sia del tutto buona o malvagia? La risposta Miura pare avercela suggerita più volte. E più volte, alla fine, non l'abbiamo ancora trovata.