Demon Slayer e quel simbolo scomodo: altri celebri casi di censura

Il caso di censura, relativo agli orecchini di Tanjiro, ha fatto discutere il fandom di Demon Slayer: ripercorriamo altri casi simili.

Demon Slayer e quel simbolo scomodo: altri celebri casi di censura
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La censura: per molti una piaga, per altri un fenomeno giustificato dalla necessità di veicolare tramite l'immagine un messaggio chiaro e limpido, non macchiato da elementi, simboli e segni che possano in qualche modo "sporcare" le tematiche di un determinato progetto. Darvi semplicemente la nostra opinione, commentare superficialmente manifestando l'interesse verso la protezione della cultura, non darebbe giustizia a un argomento così delicato e importante. Per questo motivo, cercheremo di spiegare tramite un'indiretta chiave di lettura il fenomeno, lasciando alle conclusioni un pensiero strettamente soggettivo.

Gli affascinanti orecchini di Tanjiro, se avete avuto modo di ammirare la serie di Demon Slayer, non sono solo un oggetto decorativo, ma anche un tratto distintivo di cui lo stesso Muzan ha paura. Onde evitare di scendere in pericolosi spoiler, vi basta sapere che c'è un motivo per il quale l'immagine scelta è proprio simile alla Bandiera del Sole Nascente, iconografia assimilabile all'Imperialismo giapponese, parentesi storica di un periodo intenso e negativo nei riguardi della Corea del Sud e della Cina. Motivo per cui i due Paesi hanno recepito con perplessità l'immagine nell'anime, accusando con indignazione il simbolo e chiedendo immediatamente a ufotable la modifica. Lo studio, che sicuramente non ha alcuna intenzione di cadere in un problema legale, ha modificato il motivo degli orecchini per la proiezione dei due Paesi in questione, pur sollevando una polverosa polemica. Ma è la prima volta che accade una cosa del genere?

Un problema storico

Sappiamo tutti che questo non è un caso a sé stante, l'Italia quando si parla di censure è in pole-position, e servirebbe un articolo dedicato per elencare le curiose scelte effettuate dai licensor per la distrubuzione. Ma dato che ci stiamo concentrando sui simboli che riguardano un'iconografia, o comunque un intero sistema di messaggi veicolabili tramite le immagini, utilizzeremo solo alcuni dei casi più eclatanti.

Ad esempio, nella terza stagione di Sailor Moon tutti i riferimenti alla sfera religiosa sono stati opportunamente rimossi e modificati, al fine di eliminare possibili rimandi alla tradizione sacra. In molti casi, soprattutto durante l'iniziale approdo dell'animazione nel Bel Paese, i cartoni di provenienza nipponica recepirono una fredda accoglienza, anzi, quasi si scontrarono con la dura reazione della stampa nostrana.

Parliamoci chiaro, una cultura cattolica come la nostra (che per di più definisce le opere di animazione prodotti unicamente infantili) non poteva recepire diversamente titoli improvvisamente più ambiziosi e con tematiche decisamente più profonde. Emblematico fu proprio il caso di Goldrake. I temi fortemente politici, nonostante la bontà del messaggio veicolato, indussero persino i parlamentari dell'allora governo a intervenire sulla crescente popolarità del titolo, tramite la diffusione di false credenze che gli anime non erano realizzati "a mano" ma in computer grafica.

In altri casi, ben più grave è la strumentalizzazione politica effetuata dall'attuale generazione, dove l'immagine di Capitan Harlock, libero eroe contro il tolitarismo, viene visto come una sorta di militante oppositore al governo attuale. Per carità, è un caso parallelamente opposto al titolo dell'articolo ma, a conti fatti, di uguale misura poiché trattato a parti invertite. La censura non è solo un fenomeno che riguarda l'animazione, ma anche la manipolazione di un tema e di un messaggio utilizzato a scopi propagandistici tramite le immagini, come tale era l'intento dei distributori durante il taglio e il rimodulamento di diverse scene.

Storia recente: gli shonen

Ma torniamo a noi, al fenomeno che ha suscitato in Demon Slayer una valanga di polemiche persino da oltreoceano. L'autore di ONE PIECE, Eichiro Oda, è una personalità molto attenta alla simbologia, al significato più recondito dell'iconografia e del messaggio purista che un determinato segno può trasmettere. Eppure, ciò non gli è valso l'astensione dalla critica, soprattutto quando di mezzo c'era un personaggio del calibro di Portoguese D. Ace, ma più nel complesso la ciurma di Barbabianca. Il fratello di Rufy, infatti, inizialmente era previsto con una svastica sulla schiena, poi muatata in una croce a seguito della popolarità riscossa dal franchise che non poteva stare dietro a scusanti di alcun tipo.

Il simbolo associato in seguito all'ideologia nazista, in realtà, è un'immagine che comunica centinaia di espressioni diverse, tutte totalmente opposte all'immaginario imperialista a cui il segno viene oggi ricondotto. Il suo utilizzo sin dal Neolitico, infatti, può essere riassunto come un'allegoria ricondubile a un "portafortuna", data anche la sua etimologia. L'ennesima bontà di un simbolo che voleva trasmettere ben altro, in quanto associabile per la stessa traduzione al Sole Nascente giapponese, venne censurato in tutto il mondo.

Curiosamente, lo stesso non avvenne per Yu degli Spettri, gioiellino di genere action frutto della geniale mente di Yoshihiro Togashi. Un personaggio apparso al torneo di Genkai, Hanzo, possiede sulla fronte il famoso simbolo, ma nonostante le polemiche accorse durante la proiezione, non venne mai rimosso né tanto meno censurato, e ancora oggi è lì presente.

Diversamente la situazione riguardò Naruto, dove fu proprio lo Studio Pierrot a censurare in tutto il mondo un simbolo che ricordava la svastica sulla fronte di Neiji (se ricordate, si tratta di un sigillo che aveva l'ingenuo compito di impedire il saccheggio degli occhi del clan Hyuga), a seguito degli avveritmenti mossi dall'allora emittente televisiva. Il segno, dunque, fu mutato nella semplice Croce di Sant'Andrea, alterando il messaggio di "misericordia e amore" inteso nel simbolo originale, di origine buddhista. La svastica rivolta verso sinistra, proprio come nel caso di Neiji appena riportato, è traducibile con "omote manji", e tale era il nome del protagonista del manga intitolato L'immortale, con l'enorme simbolo riportato dietro la schiena.

Verso destra, invece, sempre secondo la tradizione buddhista, la traslitterazione segue la dicitura "urà manji", e sintetizza "la forza e l'intelligenza", tratto che Tite Kubo considera geniale nella sua proposta del bankai di Ichigo durante la serializzazione di Bleach.

L'elsa di Zangetsu, infatti, mostra proprio il segno della svastica, ma ci teniamo a ribadire come non possegga alcun riferimento al mondo nazista e al propagandismo dell'iconografia, riservandosi un tema ben più puro e meno mistificato. Singolare, infine, è anche il caso di Bem il mostro, vecchissima serie del 1968 che ha mantenuto l'originale significato del "manji" anche nell'adattamento italiano, un caso più unico che raro dove l'opera originale non viene manipolata per trovare l'approvazione del pubblico.

Problemi di palinsesto?

Molto spesso, più che il simbolo, ad essere colpita è l'ideologia. Non ha importanza se dipenda da un segno, da un personaggio o da un semplice gesto, se il messaggio rischia di muovere in senso contrario la società, spesso tramite la cosiddetta "influenza minorile", allora va automaticamente rimosso o alterato. L'omosessualità, l'immagine sessualizzata seppur a scopo ironico, per quanto sia discutibile in alcuni casi, o l'eccesiva violenza, sono le principali vittime di questo fenomeno di censura, e per molto tempo ancora ci troveremo di fronte a questo processo.

E no, non vi è alcun modo per evitarlo, poiché per determinate opere, le emittenti scelgono appositamente un orario reperibile per i giovanissimi, target primario dei cartoni nel nostro Paese, come fu per noi con Dragon Ball Z dopo pranzo. Sì, la proposta a tarda serata è sicuramente una scelta più intelligente, quantomeno limitata da un pubblico non per forza troppo giovane, ma ovviamente meno proficua in termini di ascolti e introiti. Parliamo di investimenti, e come tale riguarda l'intero mercato, italiano e nipponico. Diciamocela tutta, l'emittente e l'ora di distribuzione sono una delle parti più importanti del successo di un'opera, almeno prima dell'arrivo dello streaming su internet anche tramite pirateria.

Guarda caso, i costri di proiezione in Giappone sono esorbitanti, se non l'investimento maggiore nella produzione stessa della serie televisiva. Orari più appetibili per un determinato tipo di pubblico e canali più popolari sono tutte sintesi del successo, proprio come è accaduto a Neon Genesis Evangelion in Giappone nel 1995 o Dragon Ball nel nostro Paese. Una questione di logistica, costretta a scendere a compromessi per evitare la polemica di persone suscettibili, a volte ignare dell'originale significato che anche un simbolo può rappresentare.

E dunque che diritto abbiamo noi di biasimare coloro che sono inclini a questo tipo di sensibilità? Nessuno, o quasi. Ma nel momento in cui la censura altera completamente il messaggio che deve essere veicolato, soprattutto quando cambia anche la trama dell'opera, allora nessuno ha il diritto di criticare l'opposizione di chi ama la cultura nipponica e la purezza narrativa e tematica di un prodotto di animazione. Ognuno deve essere consapevole di cosa guarda e decide di guardare, ma soprattutto, specie nei casi dei bambini, devono essere accompagnati e controllati nell'utilizzo della televisione. Ma sappiamo benissimo che è solo facile a dirsi.