Devilman: Crybaby, l'ascesa di un anime atipico e trionfale

Cosa si nasconde dietro al grande successo riscosso da Devilman Crybaby, recentemente premiato come "Anime of the Year" ai Crunchyroll Anime Awards?

Devilman: Crybaby, l'ascesa di un anime atipico e trionfale
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Per ogni appassionato di anime giapponesi che si rispetti, il recente appuntamento con i Crunchyroll Anime Awards è diventato uno degli avvenimenti più attesi di tutta la stagione. Un po' come la notte degli Oscar, la kermesse ha il compito di premiare le migliori serie animate dell'anno appena conclusosi. A trionfare nell'edizione 2019, un po' come l'anno scorso, è stato My Hero Academia, che si è aggiudicato ben cinque dei quindici premi disponibili, mancando, però, all'appuntamento con quello più importante: la palma di "Anime of the Year". L'ambito riconoscimento è invece andato ad una delle opere più controverse della scorsa stagione: Devilman Crybaby.

La nuova serie animata dedicata al manga di culto del maestro Go Nagai, appunto Devilman, narra le vicende del giovane Akira Fudo, protagonista della più classica delle lotte tra il bene e il male raccontata con toni ben diversi da quelli con cui siamo soliti avere a che fare. Per essere precisi, la rivisitazione offerta dalla piattaforma streaming on-demand Netflix, affidata all'estro di Masaaki Yuasa, ha trionfato anche nella categoria "Miglior Regia", affermandosi, così, come una delle principali rivelazioni dell'anno passato. Trattandosi, comunque, della rivisitazione di un'opera appartenente ad un passato remoto, di cui un adattamento anime fu già realizzato a suo tempo, è più che lecito chiedersi cos'è c'è di tanto speciale in Devilman Crybaby da avergli garantito un simile successo.

Celebrare il passato per onorare il futuro

Il primo grande merito di Devilman Crybaby è rappresentato dalla volontà di "omaggiare" il più possibile l'opera originale, senza distanziarsi più di tanto da quello che è stato uno dei manga più importanti e per certi versi rivoluzionari della sua generazione. La prima trasposizione animata, infatti, giunta certamente in un'epoca e in un contesto totalmente differente da quello odierno, aveva preferito distanziarsi dai temi eccessivamente "dark" del manga, in cui la violenza e tutti gli eccessi della natura umana venivano esaltati di continuo.

In Devilman Crybaby questo accade soltanto in parte: pur prendendosi qualche libertà creativa, Yuasa segue l'incedere degli eventi narrati da Go Nagai, non perdendo però mai l'occasione di lasciar trasparire da ogni singola sequenza il suo stile inconfondibile che, in fin dei conti, sembra sposarsi perfettamente con la natura che l'autore originale di Devilman ha deciso di dare alla sua creatura più importante.

Nel replicare le stesse vicende del manga in soli dieci episodi, l'anime finisce col risultare sin troppo veloce e approssimativo nel raccontare la storia della lotta tra la razza umana e quella dei demoni. Le improvvise accelerazioni, necessarie per concludere nel migliore dei modi la storia, finiscono per rendere ardua la comprensione da parte di coloro che si sono avvicinati per la prima volta al brand. Una mancanza relativamente importante, ben mascherata da uno stile quasi sempre sopra le righe e da una dinamicità di fondo impressionante.

Uno stile povero, ma tutto sommato piacevole

La stessa dinamicità ed eccentricità del racconto la si ritrova anche nel comparto tecnico e artistico, per molti croce e delizia della produzione. Il tratto leggero, a tratti quasi abbozzato, che delinea i personaggi si unisce in modo convincente ad un'esplosione cromatica continua e quasi eccessiva, che offre il meglio di sé nella raffigurazione non tanto dei semplici esseri umani, bensì in quella delle numerose creature demoniache ideate da Go Nagai.

Tutto l'anime, infatti, è un continuo susseguirsi di situazioni al limite, portate continuamente all'eccesso, senza alcun freno, in cui ogni singola sequenza sembra voler gridare al mondo intero quanto in realtà sia meschina, depravata e tendente all'odio e al desiderio la natura umana. Sotto questo aspetto, la regia di Yuasa risulta perfettamente in linea col carattere dell'opera, seppur macchiandosi di alcune imprecisioni e di qualche mancanza, sparse però sapientemente all'interno di un prodotto che, in fin dei conti, funziona più che bene.

La fine del mondo è inevitabile

Il vero, grande, merito di Devilman Crybaby, riguardo al comparto narrativo, è quello di aver saputo trasmettere la stessa natura pessimistica e tendente al "negativo" dello stesso Nagai, che trasuda da ogni riga di Devilman e che rappresenta uno dei tratti caratteristici dell'autore. A differenza della prima rivisitazione audiovisiva, flagellata da un forte senso di censura e dal desiderio di rifarsi ad uno stile più ottimistico e adatto a un pubblico tendenzialmente giovane, Devilman Crybaby non fa assolutamente niente per apparire una storia a lieto fine, anzi. Proprio sul finale - decisamente troppo frettoloso - l'opera sfoggia "il meglio di sé", diventando, così come il manga, un vero e proprio inno alla devastazione di cui ognuno di noi avrà sentito parlare almeno una volta nella vita.

La razza umana è destinata, stando a ciò che ci viene insegnato, a essere giudicata, prima o poi, da volontà superiori, con l'arduo compito di separare i giusti dai sbagliati. Qui, però, il ruolo dell'esecutore lo ricopre Ryo, che proprio sul finale di serie si scopre essere la reincarnazione di Lucifero, che libera sulla Terra un caos inimmaginabile in cui demoni e umani iniziano un'estenuante conflitto per la sopravvivenza di una delle due razze.

L'epilogo offerto dalla precedente serie animata, in tutta onestà, concludeva la storia con una leggerezza decisamente poco a fuoco rispetto al materiale cartaceo, cosa che, in Crybaby, non accade minimamente. Il finale, che vede tutta la razza umana spazzata via dal conflitto tra Akira/Devilman e Ryo/Lucifero, è esattamente lo stesso, drammatico, nefando e lugubre, al tempo stesso non può che fare la felicità degli appassionati dell'opera originale, probabilmente traditi dalla vecchia trasposizione animata, che aveva nettamente smarrito la via.

Il vero volto dell'animo umano

Devilman Crybaby, così come nel manga originale e forse ancor di più, ha rappresentato un'importante critica alla società contemporanea, in cui elementi come perversione, desiderio e follia rappresentano la normalità. Non è un caso che il nuovo adattamento, vuoi anche per una visione nettamente più evoluta delle cose, riesca a replicare perfettamente questa peculiare caratteristica del lavoro di Go Nagai, e lo si vede chiaramente, dall'inizio alla fine, senza alcuna forma di inibizione.

Tutto ciò è gestito splendidamente anche per quanto riguarda l'opera di "modernizzazione" di fondo, più che convincente, che risulta uno dei punti di forza della serie. Ad esempio, in Crybaby, riveste grandissima importanza il ruolo dei social network, strumento col quale Ryo riesce a diffondere il panico in un lasso di tempo irrisorio.

Allo stesso modo Miki riesce, sul finale della serie, a creare una sorta di fan club inneggiante il buon Devilman, per sostenerlo durante la battaglia contro le creature demoniache che pullulano nelle strade, un po' come l'isteria di massa che facilmente riesce a colpirci, al giorno d'oggi, sugli argomenti più disparati, semplicemente leggendoli sulla rete. Il tutto, chiaramente, è estremizzato all'inverosimile, risultando a tratti eccessivo, ma a conti fatti, si rivela una manovra più che azzeccata.

Bene e male, giusto o sbagliato: un confine sottile e labile

Decisamente positiva è anche l'intelaiatura del cast, ancora una volta a metà tra fedeltà al materiale di partenza e libertà creative dell'eccentrico Yuasa. Se a livello puramente visivo i personaggi si distanziano - in alcuni casi nettamente - dalle loro controparti cartacee, sul piano narrativo e della caratterizzazione risultano quasi sempre simili (con le dovute eccezioni) e, soprattutto, funzionali. Ci viene subito da pensare a Ryo, uno dei personaggi più importanti dell'universo di Devilman, nonché principale antagonista di tutta la saga, che nella prima trasposizione animata (probabilmente per la sua natura di tramite del Demonio) era stato completamente omesso dalla narrazione e che in Crybaby si afferma già delle primissime battute come una figura carismatica, disturbata quanto basta, ma tutto sommato affascinante.

Del resto - così come nel manga - è lo stesso Ryo a dare il là agli eventi della storia, nonché a essere autore della liberazione dei demoni sulla Terra e fautore del particolare incontro tra Akira ed Amon, uno dei più potenti demoni in circolazione, con cui il ragazzo riesce miracolosamente a fondersi senza lasciarsi "cancellare" del tutto, dando così i natali al Devilman. Lo stesso Akira, in Crybaby, risulta decisamente più simile a quello del manga, sia caratterialmente sia esteticamente, a differenza della precedente trasposizione audiovisiva, che si era allontanata anche sotto questo aspetto dal lavoro originale.

Un discorso molto simile e ancor più marcato è stato fatto su Miki, un personaggio descritto da Go Nagai come fondamentale per la psicologia del protagonista, ma che nell'anime del 1982 rivestiva un ruolo quasi marginale, risultando senza peso specifico e dallo scarsissimo impatto sulla storia. Ancora una volta, Devilman Crybaby mette "le cose a posto", offrendoci un'interpretazione della bella Maki ben diversa, in cui la ragazza appare sempre spigliata, forte e dal carattere indomabile.

Un trionfo inaspettato, ma meritato

Devilman Crybaby si mostra proprio così come Yuasa l'ha descritto: imperfetto, certo, ma carismatico in maniera quasi eccessiva. Un'opera che riesce nel delicato compito di offrire a uno dei manga più importanti di sempre una trasposizione animata degna e fedele il più possibile al lavoro di partenza, senza però mai lasciarsi scappare la possibilità di sbandierare il proprio inconfondibile stile ad ogni occasione.

Un adattamento forse fin troppo fugace, i cui i dieci episodi non riescono a illustrare a dovere tutto il complesso e variegato impianto narrativo su cui la storia si basa, ma che, nel complesso, funziona, grazie anche a una dinamicità e una spietata brutalità di fondo apprezzabile e, finalmente, lontana dagli opprimenti dogmi della censura. Peccato per uno stile grafico fin troppo approssimativo - ottimamente mascherato da una serie di scelte cromatiche azzeccate e ben congegnate - che avrebbe potuto donare maggior lustro alla produzione, ma poco importa: nella sua imperfezione, Devilman Crybaby risulta un prodotto tanto carismatico quanto piacevole, che strizza l'occhio alla modernità senza mai dimenticare di non essere più così tanto giovane.